I ricercatori dell’Università di Trento hanno scelto di ispirarsi allo scudo del coleottero per creare composto super resistente agli urti
Un coleottero nello spazio. Il gruppo di ricercatori dell’università di Trento, coordinato da Nicola Pugno, ha progettato e studiato un materiale innovativo per la protezione dai detriti spaziali dei veicoli in orbita.
Il composto è stato architettato prendendo come riferimento l’elasticità e la resistenza della corazza del cervo volante.
Una corazza più dura dell’acciaio
Tra le molteplici armature resistenti presenti in natura, i ricercatori dell’Università di Trento hanno scelto di ispirarsi proprio a quella del celebre coleottero per le sue particolari asimmetrie. A rivelarlo è il professor Pugno, ordinario di Scienza delle Costruzioni e direttore del Laboratorio di Nanomeccanica bioispirata e del grafene, al Journal of The Royal Society Interface.
L’elitre dell’animale prescelto, sembra essere molto più resistente negli scontri rispetto alle altre armature; questo è probabilmente dovuto alla mancata linearità presente in essa. La sua superficie interna, che ricorda quella del cartone ondulato, è infatti composta da tanti strati collegati tra loro tramite dei distanziatori. Questa sua composizione particolare le permette di avere una maggiore resistenza nelle eventuali sollecitazioni provenienti dall’esterno. I ricercatori dell’università di Trento sembrerebbero aver trovato il materiale perfetto, non solo per la creazione di scudi per la difesa dei veicoli spaziali, ma anche per la realizzazione di carrozzerie per auto a prova d’urto.
“Sono materiali utilizzabili ovunque serva una protezione, dalle auto più resistenti, agli impatti, ai vestiti flessibili e resistenti, ad esempio per le tute dei motociclisti”, spiega Pugno.
La natura come esempio
Non è la prima volta che gli studiosi prendono spunto dalla natura per la realizzazione e il perfezionamento della loro materia di studio. La selezione naturale ha permesso la creazione e la sopravvivenza di determinate specie e particolarità, basandosi su meccanismi ancora di difficile comprensione. Pugno e il suo gruppo di ricerca hanno cercato di carpirne qualche piccola informazione per superare i materiali correnti e puntare a una maggiore sicurezza e resistenza. La corazza del cervo volante si aggiunge, dunque, agli ormai numerosi materiali indicati dalla natura accanto alla seta di ragno, alle zampe di geco e alle foglie di loto.