SandPlay Therapy, giocare con la sabbia può aiutare a curare la mente
Salute e BenessereLa terapia della sabbia, ideata dalla psichiatra svizzera Dora Kalff, facilita l’individuazione delle 'ferite' insite nella mente dei pazienti.
La sabbia e il gioco possono essere di fondamentale aiuto quando ‘mancano’ le parole.
La manipolazione e la creatività sono alla base della SandPlay Therapy, un trattamento innovativo che può coadiuvare la risoluzione di alcuni problemi, quali la bulimia, l’anoressia, gli abusi, ma anche gli stati d’ansia, le dipendenze e la depressione.
SandPlay Therapy individua le ferite che non si raccontano
La terapia della sabbia, ideata dalla psichiatra svizzera Dora Kalff, facilita l’individuazione delle 'ferite' insite nella mente dei pazienti. Grazie all’unione tra la psicanalisi di impostazione Junghiana e la possibilità di giocare con la sabbia, gli individui riescono a esprimere con i gesti quali siano gli elementi che li turbano, per poi parlarne successivamente con gli specialisti. Durante la terapia i partecipanti hanno completa libertà di scelta riguardo gli oggetti da inserire nella rappresentazione artistica che stanno realizzando: dalle case agli alberi, fino a personaggi o mezzi di trasporto.
“Nulla è casuale e tutto ha un significato. In che modo ci si dispone di fronte alla sabbiera, gli oggetti che vengono scelti e dove vengono posizionati, come si manipola la sabbia: ogni gesto ha la sua importanza. Ne nasce un quadro, per ognuno diverso, che il terapeuta osserva e da cui fa partire un dialogo”, spiega la psicoterapeuta Carla di Francesco.
Migliori risultati nei bambini
La SandPlay Therapy è particolarmente utile quando attuata sui bambini. Quest’ultimi, infatti, sono più propensi, rispetto agli adulti, a condividere le proprie difficoltà attraverso l’attività ludica.
In Italia questa pratica viene sperimentata da circa 40 anni in vari ospedali psichiatrici, tra cui l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
“Ci siamo specializzati nel trattamento dell’anoressia e degli abusi durante l’infanzia. Abbiamo visto situazioni in cui un abuso viene rappresentato per la prima volta sulla sabbia perché il bambino non riesce a dirlo”, racconta Daniela Tortolani, psicoterapeuta e dirigente del Servizio di psichiatria e psicoterapia dell’OPBG.