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Comuni sciolti per mafia: chi decide il commissariamento

Politica

Francesco Sicilia

Taurianova, in provincia di Reggio Calabria, nel 1991 è stato il primo Comune sciolto per mafia (Foto archivio Ansa)

La normativa è disciplinata dagli articoli 143-146 del Testo unico degli enti locali. L’iter, avviato dal prefetto, si conclude con un decreto del presidente della Repubblica, dopo la proposta del ministro dell’Interno e la delibera del Cdm

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I primi furono Taurianova (Reggio Calabria) e Casandrino (Napoli) nel 1991. Gli ultimi casi sono quelli di Vittoria (Ragusa), Crucoli e Casabona (entrambi in provincia di Crotone). Da quando nell’ordinamento italiano è stato introdotto lo scioglimento delle amministrazioni locali per infiltrazioni mafiose sono più di 300 i consigli comunali colpiti da questo provvedimento. La normativa è stata oggetto di numerose modifiche col passare del tempo. Oggi il riferimento normativo principale è il decreto legislativo 267/2000 detto anche Tuel (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), negli articoli compresi tra il 143 e il 146. Il 143, a sua volta, è stato “ritoccato” dal pacchetto sicurezza del 2009 del governo Berlusconi. Lo scioglimento di un Comune per mafia è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell'Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Ma ad avviare l’iter è il prefetto del territorio di riferimento. Ecco cosa prevede nel dettaglio la legge.

L’articolo 143 del Tuel

Lo scioglimento di un consiglio comunale è disciplinato dall’articolo 143 del Tuel, modificato dal pacchetto sicurezza del 2009, ed è previsto quando “emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori”. Un Comune si può sciogliere per infiltrazioni mafiose quando sussistono in capo agli amministratori “forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati”.

La commissione d’indagine

Anche se l’ultimo atto per far decadere un Comune per mafia è il decreto del capo dello Stato, il procedimento parte dalla prefettura competente per territorio. Tocca al prefetto infatti nominare una commissione d’indagine, composta da tre funzionari dell’amministrazione pubblica, che ha il compito di accedere agli atti del Comune per accertare se ci siano gli estremi per la richiesta di scioglimento dell’amministrazione. Al termine delle verifiche, la commissione fornisce le proprie conclusioni. La commissione svolge la propria attività per tre mesi prorogabili per altri tre.

La relazione del prefetto

Entro 45 giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d'indagine, il prefetto, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al ministro dell'Interno una relazione nella quale si dà conto dell'eventuale sussistenza degli elementi che possano portare allo scioglimento del Comune per mafia. Nella relazione, il prefetto potrà allegare gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica.

Lo scioglimento disposto dal presidente della Repubblica

Tocca al presidente della Repubblica disporre l’atto finale. Entro tre mesi dalla trasmissione della relazione al ministro dell’Interno, il capo dello Stato può decretare lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Prima però è necessaria la delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno (La delibera del Cdm sullo scioglimento del consiglio comunale di Vittoria avvenuto nel 2018). Il decreto presidenziale viene immediatamente trasmesso alle Camere e, con allegata la relazione del ministro e del prefetto, viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. (Il decreto di scioglimento del Comune di Vittoria).

Effetti e durata dello scioglimento

Con lo scioglimento del consiglio comunale decadono, oltre ai consiglieri, anche il sindaco e gli assessori. Si concludono pure gli incarichi di revisore dei conti e i rapporti di consulenza che non siano rinnovati dalla commissione straordinaria nominata per la gestione del comune. Lo scioglimento dura da dodici a diciotto mesi, con la possibilità di proroga fino a ventiquattro.

La commissione straordinaria

Nel decreto presidenziale di scioglimento, viene anche nominata la commissione straordinaria per la gestione provvisoria del Comune sciolto. La commissione è composta da tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile. Al ministero dell’Interno viene istituito un comitato di sostegno e di monitoraggio dell'azione delle commissioni straordinarie.

Comuni sciolti per mafia: i numeri

Dall’agosto 1991 al 25 ottobre 2018, sono stati 318 i decreti di scioglimento di Comuni per infiltrazioni mafiose. Di questi, 24 sono stati annullati dai giudici amministrativi. Nel 2017 sono stati 21, e nei primi 10 mesi del 2018 si contano 22 amministrazioni locali commissariate per ingerenze della criminalità organizzata. Con oltre un centinaio di casi ciascuno, Calabria e Campania sono le regioni dove più volte sono decaduti i consigli comunali. Segue la Sicilia con oltre 70. Alcuni provvedimenti di scioglimento dei Comuni per mafia hanno toccato anche regioni del Nord, come il Piemonte, la Liguria, la Lombardia e l’Emilia Romagna.