Non sono stato io, un romanzo sulle tracce di Diabolik
LifestyleGianni Bono e Raffaele Mangano raccontano la lunga caccia ad Angelo Zarcone, l'uomo che disegnò la versione originale e ormai rarissima del numero 1 di quello che sarebbe diventato uno dei fumetti italiani più noti e celebrati. Una ricerca a tinte noir che è anche uno spaccato su un pezzo di storia italiana
Diabolik è oggi uno dei personaggi più noti e celebrati nella storia del fumetto italiano, la sua serializzazione prosegue da oltre 60 anni, un periodo nel quale ha venduto oltre 150 milioni di copie. Ma le sue origini sono state piuttosto travagliate, con un primo numero che floppò e un successo ritardato tanto quanto inarrestabile, ma soprattutto un grande grosso mistero relativo al suo primo disegnatore.
Sulle tracce di Angelo Zarcone
L’uomo che ha dato il suo contributo a creare Diabolik è stato a lungo avvolto nell’ombra: un soprannome, un nome, un paio di identikit disegnati da un collega disegnatore e poco altro. Da qui Raffaele Mangano e Gianni Bono sono partiti per ricostruire la sua storia, arrivando a rintracciarlo 60 anni dopo la sua ultima apparizione nella sede della casa editrice Astoria, dove si recò trafelato e in ritardo per consegnare le tavole del numero 1, in alcuni tratti ancora abbozzate e apparentemente incomplete, prima di far perdere le sue tracce.
Da storia vera a romanzo
Oggi questa incredibile storia vera è un romanzo, Non sono stato io, scritto a quattro mani da Mangano e Bono, pubblicato da Giunti (192 pagine, 18 euro), che racconta le lunghissime e sostanzialmente inutili ricerche condotte dall’editrice Angela Giussani per rintracciare quell’autore riluttante, la Primula Rossa del fumetto italiano. Una creatura ibrida, un saggio che si fa romanzo, un noir pieno di aneddoti su una interessantissima pagina di storia dell’editoria italiana, quella tracciata da Gino Sansoni e sua moglie Angela Giussani, quella delle riviste scabrose dell’Astoria e dei fumetti dell’Astorina.
Il disegnatore ritrovato
Di Non sono stato io si amano i dettagli, le digressioni quanto la trama principale, il ritmo che accelera e rallenta, la caratterizzazione dei personaggi principali e secondari, la passione e l’amore che per oltre mezzo secolo hanno portato chi si era messo in testa la folle missione di scoprire chi fosse “il Tedesco” a non mollare nonostante le numerose delusioni, i tanti buchi nell’acqua, i soldi spesi inutilmente. Fino al finale rivelatorio, che conferma l’esistenza di Angelo Zarcone, illustratore e pittore dal talento peculiare e unico, gli rende merito definitivamente e forse svela anche perché, dopo quel numero 1 diventato un cimelio da collezione di altissimo valore, abbia deciso di lasciarsi per sempre alle spalle Diabolik, il fumetto e l’Astoria.