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Mike Bongiorno, a Milano una grande mostra nei 100 anni dalla nascita

Lifestyle

Sabrina Rappoli

Un uomo di televisione, maestro di tanti conduttori che sono arrivati dopo di lui. Mike Bongiorno e la sua storia, sono in mostra al Palazzo Reale di Milano, città dove visse a lungo, sebbene fosse nato a New York, nel 1924. Il racconto per la nuova puntata della rubrica FLASH

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Un signore della tv, pubblica e commerciale, Mike, all’anagrafe Michael Nicholas Salvatore Bongiorno, capace di entrare nelle case degli italiani e di restarci, ospite desiderato, grazie al garbo con il quale presenta sempre i suoi programmi. Alla mano e professionale al tempo stesso, mette a proprio agio i concorrenti dei suoi quiz, li accoglie e porge loro le domande con grande mestiere. In qualche occasione – a favore di telecamera – si mostra burbero con le sue vallette, del quale spesso è mentore, che grazie a lui varcano la soglia del mondo dello Spettacolo. A cominciare dagli anni ’50, quando porta a “Lascia o raddoppia” – storico gioco a premi della Rai - Edy Campagnoli, soprannominata “la valletta muta”, poiché mai parlava, limitandosi a fare gestuali onori di casa ai concorrenti. Più tardi c’è Sabina Ciuffini, pescata alla facoltà di Lettere e Filosofia: sono gli anni del Rischiatutto, gli anni ’70. La sua carriera e la sua popolarità crescono, si evolvono, di pari passo con l’Italia.  Nasce la tv commerciale e Silvio Berlusconi lo chiama nella sua scuderia. Arrivano altre giovani ad affiancarlo in video: Antonella Elia, Paola Barale, Miriana Trevisan - insieme con altre promesse della televisione - nel quiz più longevo del piccolo schermo “La ruota della fortuna”. Il format, lungo 3.125 puntate, va in onda sulle reti Fininvest dal 1996 al 2003.

Sperimenta nuovi modi di fare pubblicità, inventa, crea modelli inediti di intrattenimento e si fa conoscere e amare anche per le sue gaffe. Le sue divertenti battute, le sue mitiche frasi, diventano proverbiali. “Rischio! Lascia o raddoppia? Vuole la uno, la due o la tre? Fiato alle trombe”, Turchetti!”; nel 1963 conia quello che potremmo definire il suo marchio di fabbrica, l’esclamazione che più di ogni altra ci rimanda a Mike e cioè “Allegria!”.

A Palazzo Reale ci sono filmati, fotografie, riviste, giochi da tavolo, gadget, la ricostruzione del suo ambiente di lavoro, con la scrivania, la macchina da scrivere, un antico microfono. Ci sono le pubblicità, da quella di una famosa grappa a quella di un gestore telefonico; tutto a testimonianza del suo grande successo, sottolineato dall’affetto della gente. 

“Papà è stata una figura che è riuscita a entrare nelle case degli italiani, attraverso la televisione e la radio, quindi, è diventato quasi come una persona di famiglia, sin dagli anni '50 in poi”, sottolinea Nicolò Bongiorno, figlio del conduttore e Presidente della Fondazione Mike Bongiorno. “Tutte le generazioni di italiani lo ricordano, come una figura presente in casa, perché è stato nelle tappe fondamentali della vita degli italiani. La sua umanità, il modo in cui si relazionava con le persone, con la gente, lo faceva sentire uno di loro, uno di famiglia”.

Anche Alessandro Nicosia, che dell’esposizione è organizzatore e curatore, sottolinea il rapporto affettuoso che Mike aveva con il pubblico. “Mike è sempre stato trasparente, non è mai stato sopra le righe e questo viene attestato dall'amore che ancora oggi, a quindici anni dalla morte, la gente ha nei suoi confronti Abbiamo trovato un interesse che, devo dire, neanche io mi aspettavo”.

"E' una mostra anche interattiva", spiega Nicosia, poiché oggi le mostre di soli documenti o foto o video, non hanno più senso: la gente vuole interagire. Abbiamo anche la riproduzione di un bar dell'epoca, degli anni '50, anni durante i quali la tv non era ancora così diffusa nelle case, ma molti locali pubblici ne possedevano una e così le persone si radunavano in quei posti per guardarla tutti insieme e soprattutto i programmi di Mike".

La mostra indaga prima l’uomo e poi l’uomo di spettacolo. Racconta il suo arrivo a Torino, mamma torinese, padre italo – americano, quando nel 1929, a seguito del crollo della Borsa di New York, la sua famiglia rientra in Italia. Documenti descrivono il suo impegno da partigiano, nella Seconda Guerra Mondiale, la cattura da parte della Gestapo e l’arresto, con i nazisti che lo chiudono per diversi mesi a San Vittore. Fortunatamente, non rischia la morte, perché è in possesso di un passaporto statunitense, ma sono giorni amari e difficili, quelli che lo vedono rinchiuso in carcere.

Mike Bongiorno è in Rai sin dagli inizi, chiamato da Vittorio Veltroni, primo direttore del Tg dell’allora primo canale. Veltroni lo intercetta negli Stati Uniti, dove era tornato dopo la Guerra e dove era diventato una delle voci più amate della radio americana. Veltroni lo consiglia di accorciare il suo nome in Mike, gli affida un programma che si intitola “Arrivi e partenze” e lo invita a mettersi alla prova nei quiz.

In carriera, Mike Bongiorno ha anche condotto - come amava ripetere - 11 edizioni del Festival di Sanremo, due in meno di Pippo Baudo, ma 5 di fila. A proposito di Baudo, presente nel Duomo di Milano come altri colleghi conduttori, al funerale di Mike Bongiorno, pronunciò la frase divenuta celebre: Caro Mike, noi siamo i coristi, tu sei stato il solista.