Secondo l'ex premier, se l'Unione Europea non vuole farsi schiacciare dalle altre superpotenze economiche, è necessario un "cambio radicale". Ecco quali sono le priorità per l'ex presidente della Bce, in 8 grafici
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- La competitività dell'Unione Europea e delle sue aziende è a rischio, secondo Mario Draghi. Tra le 18 compagnie che nel 2022 hanno più investito in ricerca e sviluppo compaiono solo due europee, entrambe tedesche ed entrambe del settore automotive: Volkswagen e Mercedes. Le aziende americane primeggiano, soprattutto negli investimenti sullo sviluppo software e nell'intelligenza artificiale.
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- Intelligenza artificiale generativa, appunto: anche su questo fronte le società europee arrancano nella sfida con gli Stati Uniti. Tra le prime venti per finanziamenti ricevuti solo tre - tra cui la francese Mistral AI - risultano europee, e con volumi decisamente inferiori rispetto a quanto incassato dalle startup americane, OpenAI e Anthropic in testa. Nonostante l'Europa goda di numerosi supercomputer - 7 tra i 20 più potenti al mondo - in cui poter allenare i linguaggi di intelligenza artificiale.
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- Anche l'energia sarà al centro del futuro rapporto di Draghi: l'ex presidente della Bce e del Consiglio è preoccupato delle tariffe energetiche europee stabilmente più care di quelle americane. Questo a causa delle forniture di gas più costose e della ancora carente interconnessione tra i sistemi elettrici dei 27 Stati membri. L'effetto è una bolletta più salata per le aziende energivore, che rischiano di essere escluse dal mercato.
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- La transizione energetica richiede filiere produttive e materiali. Su entrambi i fronti l'Unione Europea è in ritardo rispetto alla Cina, che grazie a basso costo del lavoro e sussidi pubblici ha invaso il mercato della sua tecnologia. Come i pannelli solari, che oggi importiamo per il 95 per cento proprio da Pechino.
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- Produrre pannelli solari in Europa infatti è decisamente più costoso di quanto accade in Cina. Ecco perché a Freiberg in Germania sta per chiudere la più grande fabbrica del continente, schiacciata dai prodotti cinesi a basso prezzo.
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- Altro tema toccato da Draghi nel suo discorso è la spesa militare: oggi l'Ue investe più della Russia per i suoi eserciti, che sono però ovviamente nazionali. E dunque frammentati: gli investimenti comuni sono scarsi, e ogni Paese punta su propri armamenti nazionali facendo lievitare costi di sviluppo e di produzione.
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- Peraltro 8 euro su 10 spesi per gli acquisti di armamenti finiscono in paesi extra-Ue: l'obiettivo della Commissione Europea è di far scendere questa percentuale al 40% entro dieci anni, per rafforzare la filiera europea.
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- Per fare tutto questo - aumentare gli investimenti nel digitale, nella transizione energetica e nella difesa - l'Europa ha un estremo bisogno di fondi. I bilanci pubblici non possono contribuire da soli, visti gli elevati livelli di debito. Ecco perché Mario Draghi spinge per il rafforzamento del mercato europeo dei capitali, oggi regolato a livello nazionale senza riuscire a offrire alle aziende europee i finanziamenti necessari per crescere e investire.