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Cold case in Svezia, Salvatore Aldobrandi condannato all'ergastolo

Cronaca
©Getty

L'italiano di 75 anni condannato per l'omicidio della sua ex, svedese di origini irachene, che all'epoca aveva 21 anni. La corte ha accolto le richieste dei pm che avevano chiesto per Aldobrandi l'ergastolo per omicidio volontario. Il caso è rimasto irrisolto per molti anni, poi la svolta e l'arresto dell'uomo nel 2023 

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Dopo quasi 30 anni si conclude il cold case in Svezia con la condanna all'ergastolo del ristoratore Salvatore Aldobrandi, 75 anni, originario di San Sosti (Cosenza), ma da anni residente a Sanremo, accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti per avere ucciso Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita il 13 novembre del 1995 a Linköping, in Svezia. Il dispositivo della sentenza è stato letto nel pomeriggio dopo un weekend di camera di consiglio dal presidente della Corte di Assise di Imperia, Carlo Alberto Indellicati. 

 La condanna

La condanna di Aldobrandi ricalca le richieste dei pubblici ministeri Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi. All'ergastolo, si aggiunge anche una nuova provvisionale di 300mila euro a favore della madre di Sargonia, 100mila euro per il fratello e 14mila euro per le spese legali di parte civile. La difesa di Aldobrandi, sostenuta dall'avvocato Fabrizio Cravero aveva concluso chiedendo l'assunzione "delle prove richieste" ovvero l'audizione di altri testi e l'assoluzione "perché il fatto non sussiste" e in subordine l'"esclusione della recidiva, l'insussistenza dell'aggravante contestata e la concessione delle attenuanti". All'esito della lettura del dispositivo ha annunciato che attenderà di conoscere le motivazioni per poi ricorrere in Appello. 

Pm: soddisfazione per Italia

 "E' stata davvero una grande soddisfazione: per noi, per il nostro ufficio e mi piace dire, forse esagero, per l'Italia che ha saputo dare una risposta di giustizia dopo tanti anni a una famiglia colpita da un fatto gravissimo". Questo il commento a caldo del pm Maria Paola Marrali, all'uscita dell'aula del tribunale di Imperia, dopo la sentenza di condanna all'ergastolo nei confronti di Salvatore Aldobrandi. Nel corso della requisitoria venerdì scorso, Marrali aveva citato un caso analogo a questo, quello di Roberta Ragusa, il cui marito Antonio Logli è stato arrestato e condannato malgrado l'assenza del cadavere. Citando la sentenza della Cassazione aveva detto: "Non è morte accidentale altrimenti avremmo trovato il corpo, e allora è sicuramente una morte omicidiaria". 

Parte civile: c'è la parola fine sulla vicenda

"Siamo veramente molto contenti per noi e per la famiglia, che purtroppo non è riuscita a reggere alle emozioni di venerdì ed è tornata in Svezia. L'abbiamo già contattata e sono felicissimi, perché anche se questo processo non restituirà loro Sargonia, riusciranno però a mettere un punto a questa vicenda durata trent'anni". A parlare è l'avvocato Francesco Rubino, parte civile della famiglia di Sargonia Dankha, che così commenta la condanna in primo grado all'ergastolo nei confronti di Salvatore Aldobrandi, accusato dell'omicidio della ragazza. "Eravamo convinti che la Corte avrebbe creduto alle nostre ricostruzioni - ha aggiunto - che ci fossero prove sufficienti e che il grandissimo lavoro dei poliziotti nel 1995, della procura d'Imperia e poi nostro, per fare aprire questo processo, fosse alla fine riconosciuto". Conclude Rubino: "Ed è stato riconosciuto non solo che Aldobrandi ha commesso un omicidio, ma che l'ha commesso in circostanze particolari, cioè coi motivi abietti: una costante relazione caratterizzata dal possesso e dall'ossessione, quello che ha determinato oggi l'ergastolo".