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Influencer, Agcom e associazioni lavorano al codice di condotta

Cronaca
©IPA/Fotogramma

L'idea di assimilare il lavoro del content creator a quello di un editore. Per Aicdc non funziona perché "non si conosce l'algoritmo della piattaforma e quindi non c'è controllo sul pubblico". Assoinfluencer propone di eliminare la soglia di applicazione della regolamentazione

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È al lavoro il tavolo tecnico di confronto tra Agcom e associazioni di settore riguardo alle linee guida di trasparenza e correttezza commerciale dedicate agli influencer. A gennaio 2024, reduce dal “Pandoro-gate”, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha introdotto le nuove indicazioni definendo meglio l’ambito operativo dei content creator, le violazioni e le eventuali sanzioni in cui si può incorrere. Il prossimo step, in direzione del quale sta lavorando il tavolo tecnico, è quello di stilare un vero e proprio codice di condotta.

I criteri delle linee guida

 

In sintesi, l’Agcom sta lavorando per parificare la figura dell’influencer a quella dei fornitori di servizi di media audiovisivi, in modo da far ricadere su di loro la responsabilità editoriale dei contenuti condivisi sulle piattaforme e assoggettarli al Testo unico di settore – solo nel caso di attività professionale, non amatoriale, differenza esplicitata già nelle linee guida. Tra gli elementi che configurano i content creator soggetti a questa disposizione Agcom troviamo:

  • numero di follower pari o superiore al milione, risultante dalla somma di tutte le piattaforme in cui si opera;
  • avere nello storico delle pubblicazioni dell’anno precedente alla rilevazione un minimo di 24 contenuti;
  • aver superato almeno su una piattaforma o social media un valore di engagement rate medio negli ultimi 6 mesi pari o superiore al 2%.

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Il punto di vista delle associazioni

 

Un primo appunto arriva da parte di Aicdc (Associazione Italiana Content Digital Creators), uno degli enti di settore che partecipa al tavolo tecnico: non è possibile considerare i content creator come “editori” perché i primi, di fatto, non controllano le piattaforme in cui operano e di conseguenza il loro pubblico. Secondo Mauri Valente di Aicdc, la direzione intrapresa da Agcom è giusta, ma servono alcune precisazioni anche per quanto riguarda la definizione di “influencer” e “content creator” dal momento che “esistono profili che hanno meno di un milione di follower, ma fanno molto più del 2% in termini di engagement rate”. Assoinfluencer invece propone di ridimensionare, se non direttamente eliminare, la soglia di applicazione della regolamentazione. Sarebbe il modo migliore per “garantire una certezza del diritto rispetto a fattori tipici dei social media, che sono caratterizzati da una alta volatilità. Preferiremmo – anche se può sembrare contrario agli interessi della nostra stessa associazione – un sistema diffuso che dia maggiore stabilità e certezza a quello che è l’intervento dell’Autorità nei confronti dell’utente finale”, ha dichiarato Jacopo Jerussi al Sole 24Ore.