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Migranti, oltre 150mila sbarchi in Italia nel 2023: i numeri dell’emergenza

Cronaca

Raffaella Daino

La maggior parte degli approdi autonomi si sono registrati a Lampedusa dove sono sbarcate 112mila persone, quasi tre volte in più rispetto alle 40 mila dello scorso anno. Oltre 2200 sono annegate nel Mediterraneo centrale. L’agenzia delle Nazioni Unite per le migrazioni, Oim, chiede agli Stati dell’Ue di rafforzare la cooperazione nelle operazioni coordinate di ricerca e soccorso e di non criminalizzare le organizzazioni che salvano vite  

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Nel 2023 secondo i dati del Viminale sono arrivati in Italia 153 mila profughi e migranti, metà in autonomia, il resto soccorsi dalle motovedette italiane, meno di 6mila dalle navi umanitarie. La maggior parte degli approdi autonomi, detti anche “sbarchi fantasma”, si sono registrati a Lampedusa. Quasi duemila barche hanno attraversato il Mediterraneo centrale puntando sulla frontiera più a sud d’Europa, l’isola più vicina all’Africa che all’Italia. Quelle più piccole, la maggior parte, salpate dalle coste della Tunisia, di gran lunga meno numerosi i grossi e fatiscenti pescherecci partiti dalla Libia. 112mila arrivi  sull'isola da inizio 2023, erano stati 40mila nel 2023.  

"Un enorme impegno per le forze dell’ordine" dice tracciando un bilancio di fine anno il questore di Agrigento Tommaso Palumbo ."L'enorme afflusso di migranti è stato oggetto di massima attenzione da parte dell'ufficio investigativo. La Squadra Mobile, fra Lampedusa ed Agrigento, ha effettuato 7 decreti di fermo di indiziato di delitto per nigeriani, gambiani, sudanesi e bengalesi responsabili di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, associazione per delinquere finalizzata alla tortura, sequestro di persona a scopo di estorsione e 9 fermi a carico di altrettanti migranti per pirateria marittima. Innumerevoli poi gli arresti in flagranza di reato di quanti sono tornati sul territorio nazionale in violazione agli ordini di espulsione e respingimento".  

La Croce Rossa: restituire dignità e umanità

Dal mese di giugno 2023 la gestione dell’hotspot del Viminale a Lampedusa è affidata alla Croce rossa. " Sono stati mesi molto duri" dice il presidente della Croce rossa Italiana Rosario Valastro. "Abbiamo assistito 78.000 donne, uomini, bambini, le nostre volontarie e volontari, i nostri operatori hanno incrociato le loro vite cercando di restituire loro dignità, che poi era l'obiettivo che ci eravamo dati quando abbiamo accettato di gestire l'hotspot a Lampedusa: farlo diventare il baluardo dell'umanità.

Un numero record di vittime e dispersi 

Se 78mila persone sono riuscite ad arrivare in autonomia, o dopo esser state soccorse dalle motovedette, a Lampedusa, 2.571  secondo i dati dell’Oim, Organizzazione internazionale per le Migrazioni delle Nazioni Unite, sono morte durante la traversata del Mediterraneo centrale, considerata la più pericolosa delle rotte migratorie, e le stime sono approssimative perché molti naufragi avvengono senza che se ne abbia notizia e i dispersi mai recuperati sono un numero difficile da calcolare. 

 

Si calcola che siano oltre 28 mila le vittime in 10 anni da quando dopo il naufragio del 3 0ttobre 2013 davanti a Lampedusa, sull’onda emotiva della più grave  tragedia avvenuta vicino alle coste italiane, si disse "mai più morti in mare" e si organizzarono missioni europee di ricerca e soccorso poi però interrotte. 

L'attività di soccorso limitate dal decreto Piantedosi

Nel canale di Sicilia tra Africa ed Europa sono rimaste solo le navi umanitarie la cui attività è fortemente limitata dal governo italiano. Secondo quanto previsto dal decreto Piantedosi alle navi ong è permesso effettuare un solo soccorso alla volta, con l’obbligo di fare subito rotta verso il porto assegnato, che secondo il diritto internazionale dovrebbe essere il più vicino al punto del soccorso ma viene solitamente scelto nel centro e nord Italia, a diversi giorni di navigazione, e quasi mai in Sicilia o Calabria. 

 

La Geo Barents è stata  inviata a Genova dove ha sbarcato 36 persone il 16 dicembre, a 1245 km dal punto di soccorso.  "In questo anno abbiamo impiegato 90 giorni solo per i trasferimenti verso porti, sempre più lontani, indicati dalle autorita' italiane: sono tre mesi sottratti alla possibilita' salvare vite umane" fa sapere l'equipaggio della  nave di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere che nel 1997 è stata insignita del Nobel per la Pace.

 

Alla Ocean viking con 26 migranti salvati il 13 dicembre è stato assegnato invece il porto di Livorno dove è arrivata il 19 dopo aver percorso 1000 km  in sei giorni di navigazione, uno dei quali con il mare in tempesta. "I naufraghi sono molto provati per il viaggio" puntualizza l'equipaggio dell'organizzazione umanitaria Sos Mediterranèe. "L'assegnazione di porti lontani è una politica pericolosa che aggiunge sofferenza a queste persone. Mentre noi affrontavamo questo lungo viaggio verso nord, 61 persone hanno perso la vita al largo delle coste libiche, senza che nelle vicinanza ci fosse alcuna nave di ricerca e soccorso  che avrebbe potuto salvarle.  Quelle persone, tra cui donne e bambini morti il 14 dicembre, forse sarebbero vive se la Ocean Viking non fosse stata allontanata dalla rotta marittima più mortale del mondo".

L’Oim: tornare a salvare vite e non criminalizzare le organizzazioni

“L’ennesimo naufragio ricorda come sia necessario che gli Stati affrontino con urgenza il dramma del crescente numero di vittime di quella che è la traversata più pericolosa del mondo” dice la Direttrice Generale dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), Amy Pope.

 

"Questa tragedia, avvenuta appena due giorni prima che delle celebrazioni della Giornata internazionale del Migrante, è un'ulteriore prova dei rischi che le persone sono disposte a correre nel tentativo di migliorare le loro vite e dimostra al contempo come sia un nostro obbligo comune quello di trovare percorsi migliori e più sicuri per le persone in movimento".

 

Secondo il Progetto Missing Migrants Scomparsi (MMP) dell'OIM 28.320 uomini, donne e bambini sono morti o scomparsi nel Mar Mediterraneo dal 2014. Quasi il 90% (2.271) delle persone morte o scomparse nel 2023 - il numero più alto registrato dal 2017 - stava attraversando la rotta del Mediterraneo centrale. “I ritardi nei soccorsi operati dagli Stati e il calo delle operazioni delle ONG lungo la rotta del Mediterraneo centrale sono stati fattori importanti che hanno causato un numero più alto di vittime” fa notare  l'OIM  che ribadisce il proprio appello agli Stati a ridefinire le priorità e a rafforzare la cooperazione nelle operazioni coordinate di ricerca e soccorso (SAR) e chiede di astenersi dal criminalizzare, ostacolare o scoraggiare gli sforzi di coloro che forniscono assistenza salva vita, comprese le ONG impegnate in operazioni SAR.

 

L’OIM ricorda inoltre che tutte le imbarcazioni, comprese le navi commerciali, hanno l'obbligo legale di prestare soccorso alle imbarcazioni in difficoltà e sostiene la necessità di un'azione comune per smantellare le reti criminali dei trafficanti e perseguire i responsabili dell’organizzazione di queste traversate letali e chiede di agire per sfruttare il potenziale che la migrazione e i migranti possono fornire per contribuire a risolvere i problemi globali che il mondo si trova ad affrontare oggi, tra cui sviluppo economico e cambiamento climatico. "Per fare questo" -sottolinea l'agenzia delle Nazioni Unite - "è innanzitutto necessario salvare le vite umane e promuovere rotte migratorie regolari.

Il Mediterraneo, cimitero dei senza nome

Nonostante gli sforzi, le motovedette che partono da Lampedusa non sempre riescono ad arrivare in tempo. Il mare è diventato un immenso cimitero di senza nome. Tareke Brhane, presidente del comitato 3 ottobre, nato all’indomani della strage di Lampedusa di cui quest’anno si è celebrato il decimo anniversario, torna a ribadire la richiesta di una banca dati europea del dna e di un progetto che permetta il conteggio e l’identificazione delle vittime.  

 

"Molti di coloro che hanno perso la vita in mare non verranno mai portati a riva o se ci arriveranno probabilmente saranno depositati senza nome e senza funerale in un cimitero in Italia meridionale o in Grecia" - aggiungono dal comitato 3 ottobre.

"L'Italia ha un modello che può essere esteso a tutti i 27 Stati membri. La nostra battaglia è per dare un nome e una degna sepoltura alle vittime per questo abbiamo lanciato una petizione sul nostro sito".