In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Gli hikikomori, i giovani che vivono chiusi in una stanza

Cronaca

Emanuela Ambrosino

©Getty

Secondo stime non ufficiali, in Italia, circa 100mila ragazzi trascorrono le giornate isolati nelle loro stanze, senza contatti col mondo esterno. Il ritiro avviene per cause diverse ed è graduale, ma l'associazione Hikikomori Italia invita a non aspettare: più tempo si trascorre in questo stato, più è difficile tornare indietro

Il tuo browser non supporta HTML5

Condividi:

Gli hikikomori italiani, secondo stime non ufficiali, sono circa 100mila. In Giappone, dove il fenomeno è nato, sono oltre un milione. Si tratta soprattutto di giovani maschi con un’età media di 15 anni che decidono volontariamente di isolarsi per lunghi periodi, da sei mesi fino ad alcuni anni. Questi ragazzi vivono chiusi nella loro camera da letto, spesso senza avere alcun contatto diretto con il mondo esterno. Sono diverse le ragioni che causano l’isolamento, ma ci sono alcuni comuni denominatori. Noi abbiamo rintracciato l’associazione Hikikomori Italia, nata nel 2017 come estensione del gruppo Facebook dove si confrontano i genitori. Uno spazio di aiuto per chi si trova di fronte ad un fenomeno relativamente nuovo, esasperato dalla pandemia. 

 

Chi sono gli hikikomori

Il termine giapponese significa letteralmente “stare in disparte”. Tra il 70% e il 90% dei casi si tratta di maschi tra i 14 e i 30 anni. Ci sono alcune caratteristiche che accomunano i ragazzi che decidono di ritirarsi. Spesso si tratta di figli primogeniti, ragazzi introversi e sensibili, molto intelligenti e bravi a scuola. Quasi tutti sono estremamente critici con la società e hanno difficoltà a instaurare rapporti soddisfacenti e duraturi. Sono giovani che non reggono le pressioni sociali, dalle quali cercano di fuggire. Hanno un’ansia del giudizio che può essere quello scolastico, lavorativo o emotivo. Alcune volte dietro una storia di ritiro si nasconde un episodio di bullismo, un padre assente o una madre attaccata in modo eccessivo.

approfondimento

La mia vita in una stanza, il documentario sugli hikikomori

Le cause del ritiro

Non esiste una sola causa, e la dipendenza da internet è una conseguenza. È l’unico modo, ci spiegano dall’associazione Hikikomori Italia, per mantenere un legame con il mondo esterno. Per questa ragione, non va sottratto e certamente non è il modo per risolvere il problema. A causare il progressivo isolamento ci possono essere cause scolastiche ed è proprio il rifiuto della scuola il primo campanello di allarme. È un ambiente che viene vissuto in modo negativo per la pressione del giudizio e la difficoltà a relazionarsi con i compagni. Ci sono cause sociali in senso più stretto che arrivano da visioni pessimistiche di quello che viene offerto. E poi c’è la famiglia. A volte i ragazzi che si ritirano hanno padri assenti, separazioni recenti o non metabolizzate, un attaccamento eccessivo con la madre.

approfondimento

Hikikomori, storie di giovani che si auto-recludono

I tre stadi degli hikikomori, dai campanelli d'allarme all'isolamento

Il processo che porta all’isolamento totale è graduale. E le fasi descritte, precisano dall’associazione Hikomori Italia, possono essere non così rigide. Di massima gli stadi sono tre. Il primo campanello di allarme è il rifiuto saltuario di andare a scuola e di frequentare eventi di vita sociale (feste, sport, pranzi). In un primo periodo il ragazzo tende a isolarsi, a rifiutare la scuola, lo sport. Inizia a scambiare il giorno con la notte. Trascorre sempre più ore al buio abusando delle nuove tecnologie. In un secondo momento, il rifiuto della scuola è totale ma vengono mantenuti i rapporti con la famiglia. L’abuso delle nuove tecnologie peggiora così come l’umore. Con l’isolamento totale il ragazzo si allontana anche dai genitori. Ed è estremamente difficile riportarlo alla vita sociale attiva. Per questa ragione, sottolineano dall’associazione, è fondamentale intervenire al primo stadio. Più a lungo il ragazzo resta isolato, più è difficile tornare indietro.