In Evidenza
Altre sezioni
altro

Non solo "bufu": le nuove parole della lingua italiana

Cronaca

Il neologismo diffuso dalla Dark Polo Gang ed entrato nella Treccani è solo l'ultimo caso di nuovi termini, ormai di uso comune, ora contemplati da vocabolari e dizionari. Ecco alcuni esempi recenti

Condividi:

Non solo “bufu”, la parola diffusa dal collettivo di musica trap Dark Polo Gang e appena entrata nella Treccani: negli ultimi anni sono molti i termini nuovi e i neologismi entrati a far parte della nostra lingua e certificati dall’Accademia della Crusca e da dizionari come lo Zingarelli. Da "apericena" a "svapare", ecco alcuni esempi di nuove parole che di recente si sono aggiunte alla lingua italiana.

Apericena

Indica quell’aperitivo particolarmente ricco di assaggi e stuzzichini di cibo, sia salato che dolce, che può sostituire la cena. La parola è formata appunto dall’unione di “aperitivo” e “cena”, e si trova sul dizionario Zingarelli dal 2011 e sulla Treccani dal 2012. Nel 2008 veniva definita una “moda dilagante”, oggi è un’abitudine consolidata, tra giovani e non, in gran parte delle città italiane.

Confettata

Entrata nel dizionario Zingarelli dal 2017, è diventata di uso comune per definire l’allestimento di tavoli con vari tipi di confetti a disposizione degli invitati a un pranzo di nozze, o a un battesimo. La sua origine può essere trovata nel participio passato del verbo confettare, di uso antico, con il significato appunto di mangiare confetti.

Cosplay

Sempre nel 2017 è entrata a far parte definitivamente della lingua italiana la parola “cosplay”, anche se era presente come neologismo nell’enciclopedia Treccani dal 2008. Anche se l’usanza è di origine giapponese, il termine viene dalla crasi delle parole inglesi “costume” e “play” e indica la moda di indossare i costumi di personaggi dei film, dei fumetti e dei cartoni animati preferiti. È una delle attività più comuni nei festival e nelle fiere dedicate all’intrattenimento.

Hashtag

La diffusione dei social negli ultimi anni ha imposto anche l’ingresso di nuove parole inglesi derivanti dal loro utilizzo nella lingua italiana. È il caso di “hashtag”, che sta a indicare, come spiega la Crusca, una parola utilizzata per “categorizzare e rendere ricercabili contenuti correlati”. La parola utilizzata come “etichetta” è preceduta dal simbolo del cancelletto. A introdurla è stata Twitter nel 2009: è una funzione che permette agli utenti di rintracciare commenti relativi a uno stesso argomento. Hashtag è entrato nel dizionario Treccani nel 2012.

Impiattare

Si deve al grande successo dei programmi televisivi di cucina l’ingresso ufficiale nella nostra lingua di “impiattare”, ovvero il disporre con particolare cura e attenzione il cibo in un piatto, con molta attenzione alla presentazione. Anche se la Crusca ne certifica l’utilizzo già dal 1976, è comparso nei dizionari solo in tempi recenti: nello Zingarelli è presente dal 2013, nel Devoto-Oli dal 2014.

Nomofobia

Nuove tecnologie, nuove dipendenze. Come quella per gli smartphone. C’è un termine, adattato dall’inglese, per descriverla: “nomofobia”, composto da nomo, forma accorciata dell’espressione no mo(bile phone), e da fobia, ovvero paura, terrore. La Treccani lo indica tra i neologismi già dal 2008, ma è entrata nel dizionario Zingarelli dal 2015.

Petaloso

È un caso diventato ormai celebre quello di “petaloso”. La parola, inventata da un bambino per indicare un fiore pieno di petali, ha suscitato un dibattito. La maestra del bimbo ha chiesto all’Accademia della Crusca se l'aggettivo ideato dal suo alunno potesse essere considerato valido. "La parola è bella e chiara", era stata la risposta. "Per entrare nel vocabolario però deve essere usata da tanti". Petaloso è stata accettata dalla Treccani, che l’ha inserita nel 2016 tra i neologismi, ma non dallo Zingarelli.

Selfie

Una delle parole più celebri dei nostri tempi: quella che indica una foto scattata a se stessi con lo smartphone o il tablet. È entrata a far parte dello Zingarelli nel 2014. È, come molti altri, un prestito dall’inglese, formato da “self” e il suffisso -ie. Appare nei Paesi anglofoni già dal 2005, quando viene registrata dagli utenti di Urban Dictionary (un famoso dizionario online), poi, negli anni successivi, dilaga in tutto il mondo. In Italia, come ricorda la Crusca, è stata utilizzata a partire dal 2012.

Svapare

La tecnologia avanza e anche nuovi oggetti entrano a far parte del nostro quotidiano, e così anche le parole legati a essi. Con la diffusione delle sigarette elettroniche è diventato di uso comune la parola “svapare” per indicare l’atto di fumare con questi dispositivi. Lo si può trovare sullo Zingarelli dal 2015, anche se era già comparso tra i neologismi della Treccani nel 2013. Come spiega la Treccani, il termine viene dal sostantivo "vapore" con l'aggiunta del prefisso s- e del suffisso -are.