Covid Torino, trapianto di fegato da donatore a paziente positivi

Piemonte
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È stato effettuato all’ospedale Molinette dall’equipe del professore Renato Romagnoli, secondo cui si tratta della prima volta al mondo in cui entrambi i degenti erano positivi

Un trapianto di fegato da donatore Covid positivo a ricevente positivo è stato effettuato dall'equipe del professor Renato Romagnoli all'ospedale Molinette di Torino, secondo cui si tratta della prima volta al mondo in cui entrambi i pazienti erano positivi. Nei giorni scorsi, all'Ismett di Palermo, è stato effettuato un trapianto di fegato su una paziente che era già affetta da coronavirus (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI MAPPE E GRAFICI DEI CONTAGI).

L’intervento

Il ricevente dell’organo, un 63enne della Calabria affetto da cirrosi complicata da neoplasia epatica, è risultato avere il virus poche ore prima dell'intervento, durato nove ore per la difficoltà di operare con i dispositivi di protezione. 

Romagnoli: “Un piccolo miracolo”

"Posso dire che il trapianto che abbiamo fatto è il primo al mondo in cui entrambi i pazienti erano positivi al Covid perché l'Italia è l'unico Paese in cui è consentito usare donatori Covid positivi. Questo grazie alla politica illuminata del Centro Nazionale Trapianti, che ha dato il via libera a metà novembre", ha sottolineato il professor Renato Romagnol. "La nostra fortuna - ha detto Romagnoli - è che in Italia abbiamo persone che ci invidiano: in questo caso il professor Paolo Grossi, ordinario di Infettivologia a Varese e infettivologo di riferimento italiano e mondiale per la trapiantologia. Da decenni si occupa di infezioni nei trapianti, e grazie al suo impatto culturale c'è stata questa svolta". "Il piccolo miracolo che abbiamo compiuto - ha rimarcato - è molto utile per far capire alla gente che bisogna vaccinarsi. Grazie all'infezione, che aveva già fatto parte del decorso, il paziente aveva sviluppato gli anticorpi contro il Covid. Sette giorni dopo un trapianto davvero complicato, non ha infezioni respiratorie e si è addirittura negativizzato, tanto che dopo tre tamponi lo abbiamo trasferito in un reparto Covid-free. È davvero di ottimo auspicio per quanto il vaccino potrà fare per liberarci dal virus". "Il paziente - ha spiegato Romagnoli - era in lista per il trapianto dal 15 ottobre e ha presentato la prima sintomatologia da Covid il 9 novembre, con febbre e tosse. È stato tenuto in isolamento domiciliare per 20 giorni e il primo dicembre, quando è stato rivalutato, il tampone era ancora positivo, ma soprattutto il tumore era progredito e quindi o si interveniva subito o in pochi giorni non sarebbe stato più trapiantabile. Abbiamo eseguito il trapianto il 10 dicembre". "A Torino avevamo già alle spalle - ha precisato - quattro trapianti da donatori Covid positivi a riceventi guariti. Il primo è stato il 21 novembre, poco dopo c'è stato il caso all'Ismett di Palermo. Quello di cui parliamo oggi è quindi per noi il quinto intervento - sesto in Italia - che coinvolge pazienti con il Covid. Intervenire è stato un rischio calcolato: gli immunosoppressori che usiamo nel trapianto di fegato agiscono sull'immunità cellulare e non su quella umorale (degli anticorpi, ndr), e il malato era positivo da più di un mese, quindi in via di guarigione. In una fase più iniziale della malattia invece, il rischio sarebbe stato enorme. L'evidenza clinica del decorso post-operatorio ci ha dato ragione". "La difficoltà - ha concluso - è stato operare in queste condizioni: immagini un anestesista che deve intubare e ventilare un paziente positivo al Covid. Ma non facciamo le cose in modo avventuroso, interveniamo ogni volta che il rischio calcolato risulta inferiore al beneficio del trapianto".

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