Il giovane aveva sofferto di anoressia la prima volta a 14 anni ed era guarito dopo un periodo di cura in una clinica specializzata in Valle d'Aosta. A 18 anni aveva avuto una ricaduta
"Non ci sono in Italia strutture pubbliche adeguate per la cura dell'anoressia". È quanto denunciano i genitori di un ragazzo di vent'anni torinese, Lorenzo Seminatore, morto il 3 febbraio scorso. Il caso era stato riferito dall'edizione torinese de La Stampa ed è stato ripreso oggi dal Corriere Torino e da la Repubblica. "Le istituzioni - ha detto il padre del ragazzo - devono muoversi: prima con la prevenzione nelle scuole e poi investendo nella sanità. Mancano anche i percorsi di sostegno alle famiglie".
La malattia
Il giovane, che non mangiava più, è spirato nel sonno: è stato trovato nel letto di casa da un fratello. Aveva cominciato a soffrire della malattia a 14 anni. "Dopo un periodo in un centro della Val D'Aosta, sembrava rinato - raccontano i genitori -. Eppure, dopo poche settimane, è ricaduto nel baratro. Una storia che si è ripetuta diverse volte", fino alla ricaduta che ha portato al decesso.
I genitori: "Vogliamo scuotere la coscienza delle istituzioni"
"Abbiamo fatto di tutto per aiutarlo, ma non è stato abbastanza", hanno spiegato i genitori del giovane, che hanno scelto di raccontare la loro storia perchè "ci sono altre famiglie che stanno vivendo il nostro calvario. E sappiamo quanto ci si senta soli". Poi hanno aggiunto: "Vogliamo scuotere la coscienza delle istituzioni perché è inaccettabile che in un Paese come l'Italia non ci siano strutture pubbliche in grado di accogliere e curare ragazzi come nostro figlio. Negli ospedali si limitano a parcheggiarti in un reparto e a somministrare flebo per integrare il potassio. Poi ti rimandano a casa, fino al prossimo ricovero", hanno concluso.
L'appello dei familiari
Un mese fa, su un foglio bianco, ha elencato i suoi desideri. "Essere più fiero di me stesso", "Viaggiare", alcuni dei punti. "Avevamo interpretato quel gesto come un segno di speranza - raccontano i genitori -. Pensavamo che dimostrasse la sua voglia di lottare ancora". Un mese dopo è morto. "La tragedia di nostro figlio dimostra che di anoressia si può morire - dicono i genitori -. Le madri e i padri che stanno passando il nostro calvario lo devono sapere. Bisogna affrontare il fenomeno, a iniziare dal punto di vista legislativo. Le strutture pubbliche non sono abbastanza e non c'è un sistema che sappia dirti a chi rivolgerti. È necessario mettere mano alla normativa, perché c'è un vuoto". Quando Lorenzo ha compiuto 18 anni, "è diventato libero di decidere. Quando veniva ricoverato, firmava per essere dimesso. E così via", spiegano i genitori. "Le istituzioni devono fare qualcosa. Pensare a progetti di prevenzione nelle scuole, percorsi di sostegno alle famiglie e investimenti. Non tutti possono permettersi centri privati. Nessuno, in queste situazioni, dev'essere lasciato solo".