Bruciò azienda di famiglia nel Torinese: l'arrestato resta in carcere

Piemonte
Immagine di archivio (ANSA)

Il 39enne diede fuoco al capanno della ditta nella notte tra sabato 9 e domenica 10 novembre. L’avvocato difensore: "Ho richiesto una misura alternativa, sono preoccupato per la salute del mio assistito"

Resta in carcere Alessandro Vittone, il 39enne arrestato dai carabinieri con l'accusa di aver bruciato il capanno della ditta di famiglia "Vittone srl" (azienda di riparazione di macchine agricole) a Riva presso Chieri, nel Torinese, nella notte tra sabato 9 e domenica 10 novembre. Il giudice ha convalidato l'arresto e ha stabilito che l’uomo rimarrà in carcere in attesa di accertamenti sulle sue condizioni psico-fisiche. L’avvocato difensore di Vittone, Fabrizio Gambino, ha dichiarato: "Farò ricorso al Tribunale della Libertà. Ho richiesto una misura alternativa al carcere perché sono preoccupato per la salute del mio assistito".

All'origine del fatto dissidi di natura patrimoniale

L’uomo, secondo i carabinieri, avrebbe dato fuoco alla struttura a causa di contese di natura patrimoniale e per vendicarsi della matrigna e del fratellastro che, a suo dire, dopo la morte del padre, l'avevano estromesso dall'attività di famiglia. È questa l'ipotesi fatta dagli investigatori per il gesto del 39enne.

La versione dell'arrestato e la dinamica degli eventi

Alessandro Vittone, già noto alle forze dell'ordine per maltrattamenti e sottoposto in passato a due Tso, ha negato ogni accusa. Al giudice ha spiegato di aver visto il fuoco, di essere uscito di casa e di aver chiamato i soccorsi. Una versione che non convince gli inquirenti. Nei filmati delle telecamere di videosorveglianza dell'azienda, acquisiti e analizzati dai carabinieri, si vede Vittone entrare ed uscire dal capannone dove, poco dopo, sono divampate le fiamme.  

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