Torino, rapiscono figli perché non credono nello Stato: a giudizio

Piemonte
Foto di archivio

Diciannove testimoni tra insegnanti, educatori, bidelli, agenti di polizia e un neuropsichiatra hanno raccontato al tribunale di Torino le condizioni di vita dei due ragazzini 

Hanno tentato di rapire due dei loro figli da una comunità dei minori. I due genitori devono rispondere di sequestro di persona, tentato sequestro e maltrattamenti. Diciannove testimoni tra insegnanti, educatori, bidelli, agenti di polizia e un neuropsichiatra hanno raccontato al tribunale di Torino le condizioni di vita dei figli di Vito C. ed Elena P., una coppia che professa una sorta di teoria della sovranità individuale e contesta il diritto dello Stato a interferire nelle loro scelte di vita. Non riconoscono lo Stato e per questo rifiutano anche di essere difesi dagli avvocati.

L’episodio dell’8 maggio

L'8 maggio i due sono riusciti a prendere B., di otto anni, prima che entrasse a scuola. Poi hanno cercato di portare via dalla sua classe J., 14 anni. Un’educatrice ha raccontato di aver accompagnato il più piccolo a scuola: “Ho visto B. per mano con una donna. Piangeva e urlava. Lei lo ha preso di peso e lo ha messo in macchina. C'era un signore alla guida. Mi sono avvicinata e l’uomo ha detto che era suo figlio”. La donna ha cercato di fermarli: “Mi sono messa davanti alla macchina e ha inchiodato davanti a me. Mi sono spaventata”. In seguito sono andati nella scuola di J. “Senza chiedere il permesso il padre è entrato - ha riferito l'insegnante presente in aula -, si è diretto verso il bambino e gli ha detto di prendere le cose e andarsene. Il figlio ha seguito quello che penso fosse il padre, che lo teneva per un braccio”. Il docente è riuscito a rallentare la fuga prima dell’arrivo della polizia, mentre il bambino in lacrime abbracciava un’insegnante.

I lividi

Altri professori hanno raccontato il comportamento difficile e aggressivo degli allievi, il loro abbigliamento trascurato, le scarse condizioni igieniche, ma anche i lividi sul corpo: “Diceva che era stata la madre con la “cucchiaia’”, ha detto l'insegnante di sostegno di B. L’accusa è sostenuta dal pm Barbara Badellino.

Rifiutano gli avvocati

Questa mattina, nove novembre, i due genitori sono stati portati dal carcere delle Vallette in tribunale e, dopo aver rifiutato di dare le loro generalità e avere discusso con i giudici, sono stati riaccompagnati in cella. Dal 2016 l'uomo e la donna aderiscono a un movimento che non riconosce lo Stato e le sue leggi. Dal momento del loro arresto, avvenuto lo scorso maggio, hanno cambiato i difensori due volte: ai primi due, nominati d'ufficio, ne è subentrato uno di fiducia che ha dismesso il mandato per la mancanza di collaborazione della coppia.

Chiesta perizia per valutare capacità di intendere e volere

I nuovi avvocati, nominati d'ufficio, sono Bruno Solfietti e Alessio Michele Soldano. Entrambi hanno chiesto alcuni colloqui in carcere con i loro assistiti, ma questi si sono sempre rifiutati di incontrarli. Nonostante la resistenza dei 'clienti' l'impegno dei difensori prosegue. Prima hanno chiesto una perizia per valutare la capacità di intendere e volere al momento dei fatti e nel corso del processo: richiesta bocciata dal gip durante l'incidente probatorio in fase di indagine. Poi hanno sollevato una questione di nullità sul decreto di giudizio immediato. Non avendo mai ottenuto una procura dai loro assistiti, i legali non hanno potuto chiedere riti alternativi.

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