Sicurezza alimentare, la tecnologia Xnext dallo Spazio alla tavola

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Daniele Semeraro

L’azienda milanese grazie all’esperienza dei fondatori nel settore dell’aerospazio utilizza una tecnica innovativa per verificare che sulle nostre tavole arrivino cibi sicuri e non contaminati

Una tecnologia innovativa nata dall’esperienza nel settore Aerospace e dei satelliti per l’astronomia che aiuta, grazie all’utilizzo di raggi X e gamma, a far sì che sulle nostre tavole non arrivino cibi contaminati dalla presenza di corpi estranei. È l’idea di Xnext, azienda tutta italiana che ha trovato il modo di usare sul cibo la stessa tecnologia che viene usata, ad esempio, negli aeroporti per il controllo dei bagagli.

Come funziona

La tecnologia sviluppata dal fondatore Bruno Garavelli - che ci ha accompagnato in un’interessante visita all’interno della sede milanese dell’azienda - e dai suoi colleghi consiste in un sistema che mette insieme fotonica, microelettronica nucleare e intelligenza artificiale. Il macchinario, destinato a un uso industriale, può essere installato in qualsiasi catena di produzione alimentare e funziona esattamente come in aeroporto: i prodotti scorrono su un rullo, passano all’interno di uno scanner, i raggi penetrano la confezione (senza ovviamente alterare il cibo) e sono in grado in tempo reale di effettuare un controllo di qualità su ogni centimetro di prodotto, andando in automatico a identificare sia corpi estranei a bassa ed alta densità sia anche non conformità come volume, forma, dimensioni o mancanza prodotto. Durante la scansione, a cui abbiamo avuto modo di assistere, un grande display mostra all’operatore in tempo reale la percentuale di prodotti non conformi sul totale analizzato. Una volta identificata una criticità o una contaminazione, il singolo articolo scartato grazie a un estrattore viene fatto uscire in automatico dalla catena di produzione per un’ispezione secondaria, anche grazie alle fotografie che il macchinario scatta e che mettono in luce la presenza di un contaminante.

Un macchinario diverso dagli altri

Ma quali sono i corpi estranei, anche molto piccoli, che si trovano nel cibo? “Parliamo di micro-pezzetti di plastica scarto dei cicli di produzione, pezzettini di legno, piccole ossa, insetti e così via”, ci spiega Garavelli. Ogni macchinario è composto da 12mila parti diverse ed è adattabile a qualsiasi tipo di catena alimentare e a qualsiasi velocità di produzione; può, inoltre, elaborare prodotto sfuso o confezionato. Anche il software di intelligenza artificiale può essere istruito e addestrato per lavorare su articoli sempre diversi. Il macchinario Xnext è installato in 16 aziende tra Italia e Francia, tratta gli articoli alimentari più diversi (dall’insalata in busta alla carne processata, dai formaggini ai biscotti, dalle creme spalmabili alle cotolette fino alla pasta ripiena) e, ci spiegano, è innovativo rispetto ai competitor perché grazie alla combinazione di fotonica e micro-elettronica nucleare è in grado di identificare problematiche che le altri non “vedono” e che sfuggono ai macchinari tradizionali. La tecnologia messa in campo da Xnext è particolarmente importante anche per la sostenibilità e la lotta agli sprechi perché il macchinario elimina dalla catena di produzione solamente il prodotto contaminato e non, come accade tradizionalmente quando vengono trovate non conformità sul mercato, l’intero lotto composto spesso da migliaia di articoli.

“Troveremo il pelo nell'uovo”

Siamo partiti, ci spiega ancora Bruno Garavelli, “con un progetto iniziale messo su carta 19 anni fa grazie alle esperienze mie e di un altro socio fondatore, appassionati di aerospazio e di satelliti per l’astronomia. Adesso - continua - abbiamo 45 dipendenti, gran parte ingegneri e fisici, e oltre alla sede in Italia lavoriamo molto anche in Francia e presto sbarcheremo in Nord America”. La tecnologia continua ad evolversi e anche quella di Xnext non è da meno: “Il nostro obiettivo – confessa Garavelli – è quello di andare a lavorare per ridurre sempre più le dimensioni minime dei contaminanti che riusciamo a rilevare, arrivando a identificare addirittura il capello nella crema o nell’uovo”.

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