Usa, il primo organo per trapianto trasportato da un drone

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Immagine di archivio (Getty Images)

Il velivolo, dotato di telecamere e sistema di monitoraggio, ha trasportato per cinque chilometri un rene prima del trapianto salvavita a una 44enne che attendeva l’intervento da otto anni 

Un rene utilizzato per un trapianto è stato trasportato da un drone per la prima volta al mondo, percorrendo circa cinque chilometri a bordo del mezzo prima di essere impiantato con successo durante l’intervento eseguito all’ospedale dell’Università del Maryland. L’impresa di far volare un organo a bordo del quadricottero non era mai stata realizzata prima e, una volta che saranno sviluppati molti veicoli di questo tipo, con le giuste misure di sicurezza, consentirà di accorciare i tempi di attesa con notevoli benefici per i pazienti. Si tratta soltanto dell’ennesima applicazione dei droni all’ambito medico, dopo l’utilizzo in altre parti del mondo per il trasporto di farmaci, sangue e vaccini.

Un drone progettato per il trasporto di organi

Il trapianto di rene di una paziente 44enne, atteso da ben otto anni, è stato portato a termine con successo utilizzando un organo trasportato per la prima volta in assoluto da un drone. Il tutto è stato possibile grazie a un velivolo progettato appositamente per questo compito, essendo dotato ad esempio di telecamere, di un sistema per monitorare le condizioni del rene, misurando temperatura, vibrazioni e pressione atmosferica, nonché di un paracadute da attivare in caso di emergenza. Due piloti a terra hanno controllato che il volo dall’ospedale in cui l’organo del donatore è stato espiantato a quello del trapianto andasse a buon fine: in più o meno cinque minuti, il drone ha percorso i circa cinque chilometri che separavano le due strutture sanitarie, raggiungendo il Medical Center dell’Università del Maryland.

Importante ridurre i tempi di consegna degli organi

Come riportato dalla BBC, la paziente che ha ricevuto l’atteso trapianto si è detta entusiasta dell’innovativo metodo, affermando che “anni fa non avremmo neanche potuto immaginarlo”. Joseph Scalea, uno dei due chirurghi che hanno curato l’intervento, ha definito al New York Times il primo volo di un drone con a bordo un organo la prova di “una possibile innovazione di questo sistema”. Sono molti in tutto il mondo, infatti, i casi in cui gli organi espiantati sono arrivati a destinazione in ritardo, creando ovvi e pesanti disagi a chi attende un trapianto. Dopo la rimozione dal donatore, infatti, gli organi cominciano immediatamente il processo di deterioramento, aspetto che rende ancor più preziosa la possibilità di un trasporto più rapido e monitorato in tempo reale, al contrario di quanto accade oggi. La paziente 44enne salvata dall’operazione potrebbe essere secondo Scalea soltanto la prima ad avvalersi di un metodo che il chirurgo definisce “come Uber, ma per gli organi”.

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