Sekiro: shadows die twice, la nostra recensione

Tecnologia

Cristian Paolini

Sekiro2

Abbiamo provato per voi il nuovo titolo di FromSoftware ambientato nel nel Giappone del XVI secolo

L’attesa è finita è uno dei giochi più reclamizzati della stagione è finito sotto le nostre mani. Stiamo parlando di  Sekiro: shadows die twice. Un’avventura di cappa e spada, o meglio di Chambara poiché è ambientata nel Giappone del XVI secolo, quello dei Samurai per intenderci. Ed è proprio uno shinobi, un temibilissimo Ninja, il protagonista del gioco (pubblicato da Activision e disponibile su PlayStation®4, Xbox One e PC tramite Steam): Sekiro “il lupo con un braccio solo". Uno solo perché l’altro è una protesi che gli è stata impiantata per recuperare il suo onore, salvare il suo maestro e soprattutto ottenere vendetta. Ma veniamo a quello che abbiamo provato. Già dall’introduzione si capisce che la storia è curata nei minimi dettagli e che la parte autoriale è uno dei punti di forza del titolo. L’impressione è confermata prima ancora che dal gameplay, affatto banale, dalla traduzione in lingua italiana e dai sottotitoli e dal resto dell’apparato grafico assolutamente funzionale. Il giocatore è guidato all’interno dell’avventura già dai primi tip e ci mette poco a prendere confidenza con i comandi che richiedono però una buona dimestichezza con il joypad. Ma attenzione, se commetterete passi falsi o non seguirete alla lettera i consigli andrete incontro a morte certa, sancita da un’eloquente schermata vergata in giapponese. Un tocco dark, ma se volete potete eliminare il sangue degli scontri e delle frequenti “vostre” morti. Per evitarle dovrete presto imparare a muovervi, prima di tutto. In combattimento, ma anche in fase stealth.

Anche perché all’inizio del vostro viaggio alla ricerca del riscatto non avrete armi e potrete contare solo sulle vostre abilità di essere rapidi e silenziosi. Non dovrà passare molto però prima che possiate brandire la vostra katana e iniziare a mietere vittime come e più che la Sposa in Kill Bill.  La grafica di questo lavoro diretto Hidetaka Miyazaki di FromSoftware (Dark Souls e Bloodborne) è straordinaria e gli interludi sembrano tratti da un film di Kurosawa. Il tutto contribuisce a infondere al giocatore oltre il piacere della visione, la curiosità di esplorare un mondo remoto e pieno di fascino.  Si potranno così raccogliere e utilizzare la solita serie di oggetti, dalle armi alle pergamene, confrontarsi con stupefacenti personaggi e affrontare sfide sempre nuove come sottolinea Miyazaki: "Sekiro: Shadows Die Twice è un gioco ambientato nell'era giapponese del Sengoku e ritrae la grande battaglia affrontata da uno shinobi solitario con un braccio solo. Paesaggi in rovina e una vivace tavolozza di colori creano un mondo fedele allo stile FromSoftware, in cui il giocatore è sempre ad un passo dalla morte. Speriamo che i nuovi e vecchi fan si godranno il viaggio del nostro shinobi; ricco di combattimenti intensi e dinamici". Ma c’è di più: come avrete forse intuito, Sekiro è un gioco difficile. Si muore spesso, e questo lo rende un gioco “antico” e magnetico. Perché proprio come accadeva nei videogame che ci hanno stregati da bambini, se fallisci sei finito e non puoi fare altro che ricominciare da capo. Possibilmente migliorandoti. E’ da questo presupposto filosofico che chi decide di affrontare questa avventura deve partire. E vi assicuriamo che basterà davvero poco per prenderne consapevolezza. Assicuriamo anche però che è garantita la soddisfazione di superare i vari passaggi del gioco e i propri limiti. Se Sekiro ha un braccio solo (ma con l'altro superaccessoriato), voi non potete pensare che potrete giocare il titolo nello stesso modo. E nemmeno bendati, malgrado gli sviluppatissimi sensi del protagonista. Il lupo è lui, voi siete gli allievi. Fallibilissimi.     

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