Digital Bros Game Academy, a scuola di videogiochi

Tecnologia

Cristian Paolini

Scuola_Videogiochi

Intervista a Geoffrey Davis direttore di una delle accademie nate per creare professionalità idonee per sviluppare il settore dell’intrattenimento digitale nel nostro Paese

Chi non vorrebbe trasformare la propria passione in un lavoro? La risposta è scontata, forse un po’ meno la strada per arrivarci, magari se l’ambizione è quella di diventare un professionista del settore dei videogiochi. Ma è possibile pensare all’intrattenimento digitale come un’occasione non solo di lavoro, ma persino di carriera? “Sì, prima di tutto per i cambiamenti che si stanno verificando nella nostra società – risponde il direttore della Digital Bros Game Academy, Geoffrey Davis -. Un tempo il lavoro era ‘comandato’, oggi invece ci sono tante opzioni e lo dimostra il fatto che i nostri studenti vanno dai 26 ai 40 anni. Svanita la possibilità di crearsi un percorso lavorativo tradizionale, si è però creata l’opportunità di aprire la mente e innovare, sperimentare, acquisire nuove competenze. E questo vale ancora di più per chi ha sempre sognato di trasformare il gioco in un’occupazione. In questi quattro anni il 76% dei nostri studenti c’è riuscito, anche grazie alle nostre partnership”.

Tra le scuole presenti nel nostro Paese, la Digital Bros Game Academy (che offre corsi di Game Design, Game Programming e Game Art 2D/3D) ha inaugurato il suo quarto anno accademico. Novanta gli studenti iscritti, in aumento rispetto ai 71 dello scorso anno, ma soprattutto triplicati rispetto alla sua fondazione. Più che raddoppiate anche le presenze femminili, con 13 studentesse iscritte.

Una tendenza incoraggiante, anche rispetto alla scelta di restare in Italia della maggior parte degli studenti che escono dall’Accademia, come spiega Davis. “La maggioranza dei nostri studenti – prosegue Davis – preferisce restare in Italia, Chi va all’estero lo fa per acquisire delle competenze e poi tornare nel Paese di origine, metterle a frutto e iniziare, ad esempio, attività imprenditoriali nel settore”. Una scelta non banale, che ha di contro alcune difficoltà strutturali. “Il gap tra l’Italia e i Paesi che fanno dell’intrattenimento digitale un motore della propria economia, come Stati Uniti, Regno Unito, Finlandia o Polonia, non è tanto di natura tecnologica quanto strutturale. Lo sviluppo parte dal capitale umano, una volta acquisiti gli strumenti bisogna saperli utilizzare. Si tratta di una professione seria, implica grandi competenze e capacità di utilizzarle. Si tratta di un mix di scienza, arte e business. Avere a disposizione dei fondi importanti per sviluppare dei progetti come accade per esempio in Gran Bretagna, sarebbe altrettanto importante”.

 

Un mix che richiede sempre più competenze, fondi ma anche l’aumento di figure professionali dal punto di vista creativo-produttivo. “Per migliorare occorre anche aumentare i percorsi formativi, ad esempio allargandole a figure come quella del producer – conclude il direttore della Digital Bros Game Academy -. Noi vogliamo replicare esattamente le dinamiche in uno studio di sviluppo. Per questo lavoriamo con aziende che ci commissionano lavori veri. Anzi, abbiamo un progetto di cui non posso parlare nato da una di queste collaborazioni e che presto vedrà la luce”.

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