Claudio Baglioni a Stories Live: un racconto tra parole e musica dal vivo

Uno dei più grandi cantautori italiani, tornato con l'album di inediti In questa storia che è la mia, è il protagonista di un nuovo ciclo di interviste: Stories Live. Una puntata, con il vicedirettore Omar Schillaci, in cui si racconta e ripercorre la sua carriera. Con una novità: agli aneddoti e ai ricordi si mescolano le sue canzoni più belle eseguite dal vivo in set acustico in uno studio intimo e caldo. VIDEO

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70 anni, di cui quasi 50 di carriera: di strada ne hai fatta tantissima. Qual è la prima cosa che vedi se ti volti indietro?

Vedo molti me stesso che si sono succeduti nel tempo. Principalmente vedo un ragazzino che non pensava mai nella vita di fare quello che ha fatto, che sta facendo tutt'ora.

Roma, 1996 © Getty

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Se penso a Strada facendo... Mi ha cambiato la vita, un po' come tutte le mie canzoni.

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"Strada facendo mi ha cambiato la vita, un po' come tutte le mie canzoni"

"Mi fa andare avanti la curiosità: c'è sempre qualcosa ancora da fare e imparare"

1981: dove era Claudio Baglioni e cosa stava facendo?

Allo specchio risultavo diverso, avevo i capelli molto più scuri e più lunghi di adesso. Un po' di tempo fa... Questa foto è colpa di David Bailey, fotografo di grandi pop star. Strada facendo venne registrato in Inghilterra come molti altri miei lavori e questa foto viene da una nottata difficile per entrambi: dato che dovevamo entrare in sintonia, la cosa avvenne con una serie di bottiglie di spumante e champagne, così poi eravamo “un po' più tondi” del giorno prima.

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40 anni dopo, con l’ultimo album In questa storia che è la mia, che Claudio Baglioni ritrovi?

A me sembra che tutto questo tempo sia volato via, che sia veramente un soffio. Tutto quello che è successo prima è uno ieri, ma uno ieri molto vicino.

In In questa storia che è la mia, già primo su iTunes, cosa è che ti fa andare avanti e dire che non è finita?

Per prima cosa la curiosità, perché c'è sempre qualcosa ancora da fare e imparare. Poi c’è che a me il successo è capitato quando meno me lo aspettavo e non ci credevo più, e quindi ho vissuto tutta la mia vita professionale - e lo sto facendo ancora oggi - per meritarmi il successo che ho avuto tanto anni fa e che trovo ancora oggi inspiegabile.

Qualche spiegazione c'è...

Finché mi dà la spinta per fare qualcos'altro preferisco che rimanga un arcano, che sia un punto interrogativo.

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Io non sono lì arriva a un po' di anni di distanza da Io sono qui

Sembra un gioco di parole ma in fondo è la stessa cosa. In effetti questo ti può dare conferma di quanto certe cose non cambino mai. C'è forse anche la voglia, che tutti gli artisti di ogni tempo hanno avuto, di non essere classificati, di non essere etichettati.

C'è stato un momento in cui hai fatto fatica a liberarti di un tuo successo o di un'etichetta che ti sei sentito addosso?

Ci sono delle canzoni che diventano capitali, come se non ci fosse altro. Le pietre miliari di alcune carriere, io ne ho avute alcune. Questo piccolo grande amore è una canzone che mi ha contrassegnato e definito per moltissimo tempo. Si tende persino a riprendere quelle canzoni e cambiarle per riappropriarsene. Una volta a Palermo, alla fine di un concerto negli stadi, avevo fatto una versione completamente diversa dall'originale e una fan, dandomi del Lei per creare una distanza, mi disse: "Non si può permettere più di fare questa canzone in quella maniera perché appartiene a una memoria collettiva. Non è più sua, è nostra”. E fu una sentenza. Io allora reagii anche un po' arrogante ma, riflettendoci, aveva assolutamente ragione.

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Il nuovo album è un concept album

E’ un album controtendenza rispetto ai nostri tempi, ci sono 14 titoli e altri sei tra strumentali e intermezzi. E’ una piccola opera, è un concept album, un album storia, d'altronde si chiama In questa storia che è la mia.

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Il motore immobile anche di questo album è l'amore

Amore fa rima con pudore. Forse vorremmo essere tutti un pochino superiori al concetto del sentimento, ma una buona canzone d'amore è ancora una volta un miracolo. 

A proposito di canzoni d'amore, ce n'è una che si chiama Signora Lia che è un po' diversa...

E’ un po’ più storta, sì. 

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"Una buona canzone d'amore è ancora una volta un miracolo"

"A volte in questo mestiere si può cadere nel delirio di onnipotenza. A quel punto ci si tira un po’ indietro per capire che ogni volta bisogna ricominciare da capo"

E’ il 1970, siamo nell'Italia post ‘68, quella delle grandi contestazioni sociali

Avevo appena finito le scuole superiori, avevo già da 3 o 4 anni intrapreso la via del possibile mestiere di musicista, compositore, cantante. Il mio primo concorso l'ho fatto a 14 anni, per caso, nel quartiere romano di Centocelle, in periferia. C'era la festa del santo patrono, San Felice da Cantalice, un piccolissimo festival dove avevo portato una cover di un cantante canadese, Paul Anka, e facevo le sue stesse mosse. Poi avevo cominciato studiando il pianoforte, che mio padre comprò firmando diverse cambiali, e la chitarra, fino a quando nel ‘69 ho registrato Signora Lia.

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Andavo a scuola, mi ero iscritto alla facoltà di architettura perché pensavo di essere pronto per cambiare il mondo, però ancora ero nella vaghezza incantata delle canzoni sentimentali. Mi ricordo solo di avere partecipato ad una di quelle assemblee in cui arrivavano gli studenti più grandi, i più rivoluzionari, e per interrompere la lezione misero il professore dietro alla lavagna, noi matricole da una parte e uscimmo. Io presi anche uno schiaffo sulla nuca e dissi: “Se la rivoluzione è questa, anche no”.

Che bambino eri? 

Figlio unico. Sono cresciuto interi pomeriggi da solo e forse questo mi ha dato la possibilità di essere un osservatore della realtà che avevo intorno. Passavo ore e ore in silenzio e l'osservazione e la contemplazione sono state le mie compagne di giochi.

Ne avrai combinata qualcuna… La peggiore?

Per piacere a una ragazzina che non mi guardava per niente pensai di lanciare un sasso in aria, ma ricadendo andò proprio sulla testa della mia conquista, che non conquistai mai. I genitori poi vennero a parlare con i miei con una sorta di soddisfazione.

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Raccontaci la storia di E tu

Questa, come molte altre canzoni che erano nell'album omonimo, sono temi scritti per un musical, avevo già scritto tutti i testi dei protagonisti. Era una sorta di favola ispirata al fumetto Corto Maltese di Hugo Pratt. Io sarei stato un navigatore solitario, una sorta di moderno Ulisse che si fermava su un'isola e trovava lì una certa Rosalia... In quel momento, dopo avere fatto i primi due album, cercavo un grande arrangiatore e si presentò la possibilità di fare un disco con Vangelis Papathanassiou, un grande musicista degli Aphrodite's Child vincitore di diversi premi. Gli manifestai il desiderio di fare un musical ma lui mi disse: “Hai scritto delle canzoni così belle, così ariose, perché costringerle in una storia?”. Alla fine, anziché un musical, è diventato un disco.

C'era anche Merilù...

Oh Merilù è una canzone degli inizi. Avevo il mio complessino, facevamo musica beat, prima che arrivasse il rock e una serie di altri generi. Suonavamo in una cantina e questa Merilù aveva una finestra che si affacciava sul bar dove provavamo. Eravamo tutti innamorati di lei, non corrisposti.

Nel video di Di notte qui vediamo quasi tutto il cinema italiano

E’ una curiosa coincidenza ma in effetti non sono immagini di repertorio. Tutti questi validissimi attori sono degli amici e si sono prestati a partecipare a questo piccolo racconto che restituisce un po' il senso del nostro mestiere.

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L’arte in questo tempo complesso si è fermata, anche se non a livello creativo

E’ una delle attività che è stata davvero colpita al cuore. Molti di noi hanno visto finire del tutto l’attività dal vivo. Certe occasioni possono essere colte per avere delle nuove idee, nuove possibilità… Bisogna avere fantasia, non bisogna usare sempre le stesse formule. Non a caso io ho già dei progetti, anche uno molto importante, che può  fare a meno del pubblico presente. Farò prossimamente uno spettacolo, una rappresentazione straordinaria di In questa storia che è la mia con l'orchestra, il coro e il balletto del Teatro dell'Opera di Roma usando tutto lo spazio del teatro e tutte le sue prossimità. Questo è un progetto che non sarebbe nato in un altro momento, ma essendoci una condizione di chiusura ecco la voglia ma anche la possibilità di trovare un altro modo di rivolgersi al pubblico.

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Sui live hai costruito una grande parte della tua carriera: c'è una cosa che ti porti dentro?

Il ricordo che ho stampato nella mente è quando sono entrato nel 1998 allo Stadio Olimpico di Roma. Era la prima volta che lo stadio veniva concesso per intero e tutta la scena era al centro, con quasi 90 mila persone: entrammo io e i musicisti a bordo di un tir giallo, suonando Strada facendo. E’ un’immagine che non dimenticherò mai e fa parte di quel tipo di esaltazione che ripaga qualsiasi altro momento meno felice e meno positivo. Quello è il senso più alto di questo mestiere. Mi sono sentito come uno che aveva segnato cento gol con un calcio solo.

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"Certe occasioni possono essere colte per avere delle nuove idee. Bisogna avere fantasia"

"E' finita un'epoca ma non è finita la musica"

Suonavo anche io il pianoforte e per un saggio, il maestro mi disse: "Ti va di fare La vita è adesso?"

È tuttora il disco più venduto in Italia, un record: 4 milioni di copie

A pensarci ora è un numero che fa tremare i polsi. La vita è adesso ha un primato incredibile, oggi sarebbe impensabile. Allora erano quattro dischi di platino, oggi quattro dischi di platino corrispondono a 200mila copie, fa pensare a come sia cambiato il rapporto... E' finita un'epoca ma non è finita la musica.

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Nel 2004 ti sei laureato in architettura

Mi sono laureato da studente lavoratore (ride, ndr). Un giorno ero vicino alla mia facoltà di architettura e si presenta l’allora preside e mi invita a tenere una lezione ai suoi studenti: quella cosa è stata galeotta. Ho iniziato a frequentare, ho fatto gli esami e mi sono laureato. Ho frequentato qualche volta nascosto dietro agli occhiali da sole, mi sentivo un po’ come un ripetente. Poi ho fatto anche l’esame di stato, non sono solo dottore in architettura ma sono anche architetto. 

Tra i tuoi tanti successi veniamo ad un album che è Oltre dentro cui c’è Mille giorni di te e di me

Ne hai fatta piangere di gente con questa canzone...

Molti hanno scritto che gli artisti sono delle brutte creature, perché in fondo a loro c’è un aguzzino, qualcuno che cerca di pestare sul cuore. Era di nuovo una canzone d’amore dopo diversi anni che non ne scrivevo, scrivevo di altri argomenti. Ma quando esce qualcosa di questo tipo il primo ad esserne contento è proprio l’autore.

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Questo album è stato un po’ un’evoluzione sia dal punto di vista della ricerca musicale che di quella editoriale

In effetti ha disorientato molto il pubblico, anche il pubblico più vicino. Non è stata la prima volta, è successo in diverse occasioni. Secondo me è un pregio, bisogna essere sempre un po’ sorprendenti. Quando è arrivato Oltre dentro c'erano tanti contrasti, ad esempio insieme a Mille giorni di te e di me c’era la canzone Noi no, che è diventata un inno di rifiuto all’indomani dei fatti durissimi delle stragi palermitane che videro vittime i giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte. C’era un’aria di stordimento, avvilimento, silenzio. Questo dire “noi no” diventò una specie di canto naturale, tanto che a un certo punto - anche se non facevo la canzone - i ragazzi di allora cominciavano a cantarla, come se nascesse in ognuno la volontà di rifiutare in questo caso la mafia, ma in genere la prepotenza, la tracotanza, la voglia di sopraffazione di alcuni nei confronti di tutti gli altri.

Una canzone che è diventata un po’ un inno civile, di impegno

Certe volte le canzoni nascono senza un destino e lo trovano poi durante il percorso, lo trovano naturalmente.

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Per quale destino era nata Io sono qui?

Ero rimasto assente quasi cinque anni in un periodo in cui si era meno assenti di oggi. 30 anni fa cinque anni erano una pausa molto lunga…

Dove eri finito?

Ero finito in quei periodi di letargo che mi sono capitati spesso. In genere mi rifugiavo in qualche casa vicino al mare, ci passavo interi periodi, specialmente in inverno perché era il momento in cui mi sentivo più vicino alle cose delle natura. A volte quando fai questo mestiere puoi entrare in uno stadio su un tir, cantare con centomila persone che gridano il tuo nome, che applaudono, che saltano sulle tue canzoni e si può cadere nel delirio di onnipotenza. A quel punto uno si tira un po’ indietro per capire che ogni volta bisogna ricominciare da capo. Come diceva il grande Eduardo, “gli esami non finiscono mai”.

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Dopo arriva la tv con la trasmissione “Anima mia”

Nacque da una conoscenza ai tempi di "Quelli che il calcio" condotto da Fabio Fazio che aveva in animo di fare per la prima volta nella sua carriera televisiva una trasmissione in prima serata. Ci incontrammo e nacque una bella amicizia, una sintonia interessante. Io, che da ragazzetto avevo il soprannome Agonia, ho dovuto fare una bella trasformazione per diventare "Anima mia", cercando di diventare brillante, di non essere il cantautore triste, un po’ rannicchiato sulle canzoni di sentimento, ma cercando di arrivare a sbeffeggiare da solo il proprio manifesto. Fu una sorta di miracolo, partì senza alcuna ambizione e invece è stata una trasmissione che allora ebbe un clamoroso successo e che ha creato un format per altre trasmissioni venute dopo. Per il resto la televisione l’ho fatta sempre come ospite, andando a fare il mio mestiere. 

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Tranne per Sanremo. Mi hanno chiesto di fare la direzione artistica, che significa molto di più di quello che si vede nei giorni di trasmissione. Mi è sembrato strano arrivare a Sanremo e farlo dall'altra parte, essere l’organizzazione, “il dittatore artistico”, come dissi allora.

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"Bisogna essere sempre un po’ sorprendenti"

"Certe volte le canzoni nascono senza un destino e lo trovano poi durante il percorso, naturalmente"

So che ogni anno i tuoi fan per il tuo compleanno organizzano qualcosa. E adesso che si avvicinano i 70 anni?

Non so cosa possa succedere. Mi auguro non ci sia la processione con me come Santo, ancora vivente. Le statue, quando te le fanno, vuol dire che c’è qualcosa che non c’è più. Per la statua c’è ancora tempo. 

Tutto quello che ci siamo raccontati è racchiuso in Un uomo di varietà

È una canzone simbolo, racchiude un po’ la mia storia , quella che un po’ abbiamo raccontato qui.

Protagoniste di Stories Live anche le produzioni audiovisive di Giuseppe Guariniello (LEGGI L'INTERVISTA) , che fanno da sfondo ai più celebri successi di Claudio Baglioni

Digital artist, experience designer e insegnante, unendo suoni e immagini in tempo reale, Guariniello dà vita ad esperienze digitali emozionali uniche e inedite, grazie all'uso della tecnologia. Questa volta ha messo la sua arte al servizio delle canzoni senza tempo di Baglioni.

© Donatella Liguori

© Donatella Liguori

Foto sfondo: © Giuseppe Guariniello - Mutech

© Giuseppe Guariniello - Mutech

Suoni e immagini lavorano in sinergia. Il punto di partenza è unico: la narrazione. Questo tipo di arte interviene in un ambiente fisico cercando di massimizzare l’effetto della narrazione, al fine di emozionare l’utente.

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"Partendo dai brani di Claudio Baglioni - spiega Guariniello - ho fatto una ricerca di footage, che vengono prima ottimizzati per l’utilizzo durante il live e poi mixati su più livelli; in ultimo, ma non per importanza, c’è l’effetto audio. Nasce così un mix di varie immagini in contemporanea su cui il suono interviene in tempo reale, trasformandole ulteriormente. Quello che si ottiene è unico: realizzato in un momento preciso sulla base di un concetto e dell’esperienza che si va a generare".

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© Giuseppe Guariniello - Mutech
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