Ho visto Maradona. E mi ha cambiato la vita

Sport

di Vittorio Eboli

Il racconto di chi ha fatto della sua passione un lavoro grazie alle prodezze di un campione così vicino e così lontano allo stesso tempo

Avrebbe potuto morire prima dei 40, come i rivoluzionari e le rockstar, quali era; o dopo gli 80, come tante persone comuni, quali ugualmente era. Se n’è andato a 60 anni, esattamente a metà: perché questo è, è stato, metà divino, metà umano. Molto divino e troppo umano. Raramente in unico mito hanno convissuto così etereo e terreno. Con lui finisce il ‘900, vent’anni dopo le torri gemelle: con lui svanisce l’infanzia per chi oggi ha 40 anni. L’adolescenza di chi ne ha qualcuno in più. I 40 anni per chi è più in là e non credeva di vedere mai questo giorno. (ADDIO A MARADONA, TUTTE LE NOTIZIE - LE SUE 5 PARTITE PIU' IMPORTANTI - GLI AMORI - IL CORDOGLIO DEI SOCIAL - LA SUA STORIA CON IL NAPOLI)

Dal Mondo alla provincia. Uno degli uomini più famosi del globo ha reso noti a livello planetario due sobborghi misconosciuti come Lanus, a Buenos Aires, dove nacque, e Soccavo, a Napoli, sede all’epoca della sua squadra. Sono cresciuto lì, bambino degli anni ’80, a pochi metri dal Dio umano. Il nonno e gli zii la domenica a pranzo. Portavano le pastarelle e la radio, quella brutta, quadrata, col manico in plastica e l’antenna che si sfila. Papà non mi portava mai a vederlo. Troppo piccolo, troppa folla. Allora il lunedì leggevo il Mattino a casa di nonno dopo la scuola. E pensavo “Il giornalista lo vede, e lo pagano pure”. E non ho mai più voluto fare altro. Diego, hai ispirato milioni di giovani calciatori. Hai commosso centinaia di milioni di fans. Hai urtato i nervi a quasi altrettanti, forse. A me, semplicemente, hai cambiato la vita. Con te, oggi, se ne va quel bambino.

Questo è un mio piccolo racconto di te, scritto qualche giorno fa, per il tuo ultimo compleanno: se ti va, leggilo qui.

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