Lord of the Bikes: la parola a Gianfranco Guareschi

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Quest'anno la seconda stagione di Lord of the Bikes, vede protagonista Gianfranco Guareschi, per tutti il Guaro. Il grande pilota motociclistico italiano è colui che valuta le moto dei team in gara. In attesa del prossimo appuntamento con Lord of the Bikes, in onda su Sky Uno domenica alle 22.50, leggi l'intervista 

 

 

 

di Barbara Ferrara

 

In attesa del quarto appuntamento con Lord of the Bikes, in onda su Sky Uno domenica 19 marzo alle 22.50, abbiamo intervistato Gianfranco Guareschi, per tutti il Guaro, “un’abbreviazione del cognome, a scuola mi chiamavano così”. Il pilota motociclista che ha riportato la Guzzi sotto le luci della ribalta dei tempi d’oro, quest’anno è nel cast di Lord of the Bikes accanto a Filippo Barbacane, Paolo Sormani, Aryk e all’amico Ringo. “Mi sono divertito in ogni singolo momento, non mi è pesato niente, è stato tutto molto bello, ovviamente mi sono divertito più provando le moto”.

 

Cosa l’ha convinto a partecipare a Lord of the Bikes?
Innanzitutto mi ha fatto molto piacere essere chiamato, sono stato contento per essere stato coinvolto in questa avventura, la prova moto di solito si fa fare a un pilota e qualcuno si è ricordato che sono stato l’ultimo che ha vinto qualcosa con la moto Guzzi.
Lei è considerato colui che ha riportato la Moto Guzzi a rivivere i fasti dei tempi d’oro, che effetto fa?
La verità è che è stato un po’ tutto una favola, noi siamo concessionari Moto Guzzi a Parma, e tutto è nato con l’attività di mio padre, che ora purtroppo non c’è più. Per me e mio fratello, la Moto Guzzi è la nostra marca di famiglia.
Che valori vi ha trasmesso vostro padre?
Ci ha insegnato che nella vita, quello che viene, nessuno te lo regala. Te lo devi guadagnare. Lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Devi essere una persona seria: quello che dici, lo devi fare. E poi impegnarsi, perché quando ci si impegna, qualcosa arriva.
Suo padre passava il tempo a lavorare in officina, ma quando poteva, montava sul suo sidecar e portava la famiglia in giro per il mondo: che ricordi ha di quelle avventure on the road?
Io e mio fratello abbiamo fatto più di 1500 chilometri in sidecar, ricordo che litigavamo e chi le prendeva ero sempre io perché ero il più piccolo. Durante queste litigate volano caschi, partivano cose dal carrozzino. Siamo stati abituati a vivere tutti insieme in famiglia, alla fine l’officina, anche quando facevamo le corse, era casa nostra. L’officina è sempre stata il cuore della nostra famiglia. Se si voleva stare con mio papà, bisognava andare là. La mamma è sempre stata la santa della situazione.
E’ superfluo chiederle come nasce la sua passione per la moto?
Diciamo che se volevamo vedere mio papà, dovevamo andare in officina. In casa abbiamo respirato più benzina che aria.
Il suo pilota di riferimento?
Valentino Rossi, siamo amici, abbiamo cominciato tutt’e due da piccolini. Io poi sono diventato vecchio, ho fatto famiglia, e ci vediamo poco rispetto a prima. Ho cambiato stile di vita, ma abbiamo passato tantissimi anni insieme, d’estate e d’inverno.
I vostri argomenti di conversazione, moto, moto, moto?
Non posso dire quali erano, sarei scurrile (scherza, n.d.r.) però diciamo che nei nostri discorsi parlavamo anche di moto. Valentino è una persona molto intelligente, è uno che ne parla, con molta umiltà ti chiede dei consigli, dei pareri.
La qualità che apprezza di più in lui?
La determinazione e l’intelligenza.
Ricorda l’emozione provata durante la sua prima corsa in moto?
Io ho cominciato ad andare in pista 14 anni, ho rotto le scatole perché mio fratello già correva e mio papà ha dovuto darmi il permesso. La mia prima volta in moto sono andato a quattro anni, e per lo stesso motivo: vedevo mio fratello e chiedevo a mio padre la moto. Un giorno mi disse:” Gianfranco ma che moto vuoi se non sai neanche andare con la bicicletta senza le rotelle?” E io: “Guarda che io stasera vado senza le rotelline”. Così è stato e così ho avuto la moto.
Se i suoi figli seguissero le sue orme?
Sono dell’idea che ognuno deve fare quello che si sente. Ciascuno deve fare la propria strada, però, senza voler essere fanatico, se mio figlio deciderà, io farò tutto quello che potrò fare per dare il mio supporto.
Ringo lo conosce?
Certo, quando ero giovane, abbiamo fatto qualche gara insieme, è una persona estrosa, ma estremamente seria. Se hai bisogno c’è sempre, se ti può aiutare ti aiuta. Ringaccio è la vitalità in persona, è sempre attivo, ha sempre voglia di fare.

 

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