4 Ristoranti sbarca a Barcellona per l'ultima puntata a suon di tapas

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Per l'ottava e l'ultima puntata di 4 Ristoranti - Estate, Alessandro Borghese è volato fino in Spagna in cerca del miglior adattamento nostrano alla tradizione iberica. L'appuntamento è giovedì alle 21.15 su Sky Uno

Per l'ultima puntata della serie estiva di 4 Ristoranti, Alessandro Borghese ha deciso di valicare i confini nazionali ed è volato a Barcellona: tema dell'ottavo episodio, in onda giovedì 20 luglio alle 21.15 su Sky Uno, è “i ristoranti di tapas all'italiana”: in gara quattro connazionali che hanno offerto la loro personale interpretazione di una tradizione propria della cucina spagnola.


La cultura tutta spagnola delle tapas

In Navarra le chiamano alifaras, nei Paesi Baschi pinchos, in tutto il resto del Paese semplicemente tapas. Al centro della nuova puntata di 4 Ristoranti ci sono, dunque, le piccole razioni di qualunque cibo che in Spagna spesso sostituiscono la cena o il pranzo e la cui origine è avvolta dalla leggenda: si narra infatti che all'inizio del Novecento il re Alfonso XIII durante una visita a Cadice si fermò per riposare e gustare un bicchiere del pregiato vino locale. Per proteggere la bevanda dalla sabbia portata dal vento dell'Atlantico, all'oste venne in mente di “tappare” il bicchiere con una fetta di prosciutto crudo: un'idea geniale, che piacque al sovrano e a tutti i suoi sudditi. Ma c'è chi assicura che gli antenati delle tapas risalgano addirittura al Medioevo: il re Alfonso X, detto “il saggio”, impose (saggiamente) già nel XIII secolo che alla sua corte non fosse servito vino senza l'accompagnamento di qualcosa da mangiare; mentre di stuzzichini chiamati “avisillos” parlano anche Don Chisciotte e Sancho Panza nella celebre opera di Cervantes.


Le tapas, una tradizione radicata

Qualunque sia la loro reale origine, le tapas si sono con il passare del tempo radicate profondamente sia nella tradizione gastronomica nazionale che nelle abitudini delle persone. Tanto che in spagnolo esiste un verbo apposito, “tapear”, che indica proprio lo spilluzzicare di bar in bar, possibilmente in piedi e con un immancabile contributo di bevande alcoliche: birra o sangría (vino aromatizzato alla frutta) da Madrid in su, soprattutto tinto de verano (un mix rinfrescante di rosso e limonata) in Andalusia. E visto che, tecnicamente, si può ottenere una tapa da qualunque piatto, gli spagnoli hanno ridotto a mini-porzioni le loro ricette preferite, dalla tortilla (frittata di patate o cipolle) all'empanadilla (un gustoso panzerotto di carne). Una lista di tapas “caseras”, ossia caserecce, è di solito un compendio degli ingredienti della cucina mediterranea, tra uova, gamberi, calamari, melanzane e pomodori. La scelta è potenzialmente infinita, ma non si può lasciare Barcellona senza aver provato una tapa di jamón serrano, prosciutto crudo molto stagionato e una di papas al alioli, patate al forno condite con una particolare maionese di aglio e olio.


Le tapas all'italiana

Gli italiani, però, in cucina non temono rivali e possono dire la loro anche nel variegato universo dei ristoranti di tapas. Che poi sono la variante spagnola dei “cicchetti” veneziani secondo Maurizio De Vei, titolare del ristorante “Bacaro”, a due passi dalla Rambla. Da lui, lagunare doc, si mangia soprattutto pesce fresco, dall'impepata di cozze al polipo scottato. Nicoletta Acerbi, del ristorante “Due Spaghi”, prova a fondere la cucina emiliana e quella di Barcellona: culatello e calçot (la cipolla locale) stanno bene nello stesso piatto, così come la polenta taragna e il formaggio catalano. Diego Martone, nel suo “Blau” propone invece tapas di parmigiana di melanzane e spaghetti al nero di seppia, senza dimenticare la burrata con i pomodori, omaggio alla sua Campania. Location curata e piatti raffinati caratterizzano il ristorante “Laz Laz” di Giorgio Tuccelli, dalle cui finestre si ammirano le guglie della Sagrada Familia di Gaudí. Involtino di melanzane e gambero rosso e insalata di mare sono i cavalli di battaglia del ristoratore di Terracina convinto di poter “educare” gastronomicamente i catalani. “Una pancia piena rende lode a Dio”, dicono in Spagna: dopo un tour così anche Alessandro Borghese non può che essere d'accordo.

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