Achille Lauro No Face 1, il documentario su Sky Uno: leggi l'intervista esclusiva

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Paolo Nizza

Giovedì 14 alle  00:45, dopo l'Extra Factor, appuntamento da non perdere su Sky Uno con Achille Lauro No Face 1. Il docufilm (diretto dallo stesso Lauro, insieme a Sebastiano Bontempi)  sarà riproposto sabato 16 ore 00:40, sempre su Sky Uno, mentre venerdi 14 andrà in onda alle 23 su Sky Arte.  Dai rapporti con il padre e la madre, alle collaborazioni con Marracash, Cosmo e Clementino, uno straordinario viaggio alla scoperta delle origini e delle radici di un artista unico e geniale

Il ribelle in guanti rosa. Così lo scrittore Giuseppe Montesano intitolò la sua splendida biografia dedicata a Charles Baudelaire. Una definizione che potrebbe, con le dovute differenze, illustrare la poliedrica personalità del talentuoso Achille Lauro.  Cantante, scrittore, popstar, punk rocker e ora regista con il docufilm Achille Lauro No face 1 (in onda in prima tv su Sky Uno).  Incontriamo Lauro nell’elegante loft che ospita la sua rubrica “A.L. confidential”, lo spazio in cui incontra i concorrenti di X Factor 13. Sinuoso, come una statua di velluto, Achille indossa una stilosa camicia bianca dalle fantasie floreali. La sua voce è suadente e ipnotica. Ed è un piacere poter ascoltare questo vero artista raccontare del suo passato difficile ma fruttuoso. 

Attraverso le suggestive immagini del documentario, Lauro ricostruisce i tempi di “Barabba” in cui aveva “le mani nell’impasto dell’impasto”, il periodo dei pranzi e delle cene a base di pasta e cracker.  Riviviamo con Achille, l’esperienza di essere un “Ragazzo madre”, la rabbia e il dolore causati da un padre troppo assente. Ma il film trasmette soprattutto la forza di questo giovane uomo capace di rialzarsi e combattere. Perché solo chi cade può risorgere. Dagli happening creativi modello factory di Andy Warhol al videoclip con Marracash, percepiamo la sua maniacale cura per il dettaglio, l’amore infinito per una mamma straordinaria, il suo senso dell’amicizia, la sua passione per la musica e per tutta l’arte in generale.

In attesa di vedere il secondo capitolo, Achille Lauro No Face 1 è un autoritratto sincero, potente, emozionante quanto un quadro di Van Gogh. Un’opera dedicata a chi non si ferma alle apparenze e non ha pregiudizi. Come scriveva William Blake “La strada dell’eccesso porta al palazzo della saggezza”.

Come mai hai scelto di chiamare il documentario No Face?

Quando ho iniziato a suonare avevo scelto di restare nell’anonimato. Facevo i dischi senza la copertina. Quindi le persone mi chiamavano “no face”, perché non mostravo il mio volto. Successivamente No Face è diventato il primo marchio con cui abbiamo iniziato a produrre la nostra musica. Quindi mi sembrava giusto far capire da dove eravamo partiti.

Il numero “1” alla fine del titolo fa presumere che ci saranno dei sequel

Sì. Il secondo documentario racconterà quello che è accaduto quest’anno: da Rolls Royce in concorso al Festival di Sanremo all’uscita del disco “1969”, sino alla mia partecipazione a X Factor 13. E si concentrerà soprattutto sulla mia evoluzione musicale, sul mio cambio di rotta, sulla mia ricerca della contaminazione dei generi.

“Achille Lauro No Face 1” mi ha ricordato quello che fece Baudelaire con “Il Mio cuore messo a nudo”, ovvero racconti senza nessun filtro te stesso. È stato difficile?

Secondo me tutto quello di cui ti costa fatica o di cui ti vergogni di parlare, è quello che devi tirare fuori, portare alla luce del sole. È questa la chiave del successo. Spesso durante il montaggio ero imbarazzato a inserire certi momenti. È stato complicato parlare del rapporto con mio padre e mia madre e di alcuni momenti oscuri della mia vita.  Però questo mi ha permesso di svelare alcune parti di me che pochi conoscono. In fondo il mio passato è quello che ha contribuito a fare di me ciò che sono oggi.

Ho trovato delle corrispondenze fra il docufilm e il tuo libro “Io Sono Amleto

È vero. Io scrivo moltissimo. Spesso senza rime. Non mi fermo soltanto alla musica. Certo il libro è un racconto a più voci, prettamente autobiografico. Tuttavia le assonanze con il doc esistono.

Tornando al documentario, sei più simile a Federico Fellini che non riguardava mai i suoi film o a Francis Ford Coppola che nel corso del tempo ha realizzato 3 diverse versioni di Apocalypse Now?

Direi che sono più simile a Coppola.  Avrei già in mente versioni alternative di Achille Lauro No Face 1. Anche perché abbiamo a disposizione moltissimo materiale

In una scena del doc, il tuo amico d’infanzia e collaboratore storico Edoardo Manozzi (in arte Boss Doms), dice di essere l’unica persona a poter trattare la tua voce e renderla “lauresca”. Cosa significa?

Che sono uno stronzo stonato (lo dice ridendo N.d.R.).

E’ stato complicato selezionare le canzoni presenti nel film considerato che il documentario  copre un arco temporale che parte da Barabba (2012) e arriva sino a Pour l’Amour (2018)?

Direi di no. Avevo identificato subito i brani giusti da utilizzare È stato molto più difficile scegliere le immagini. A un certo punto della mia vita ho chiesto a un ragazzo di seguirmi durante il mio lavoro e di documentare tutto. Quindi il materiale di repertorio a disposizione era davvero infinito: ore e ore di filmati e di girato.

La citazione dal film L’Odio di Kassovitz, invece, come è nata?

È nata durante la lavorazione del documentario. Come l’utilizzo del bianco e nero in certe sequenze. Invece i monologhi sono tratti da “Io sono Amleto”.

Il documentario finisce con te sulla spiaggia con in sottofondo la tua voce che canta una strofa della canzone di Penelope.

Il mare in tempesta, l’inverno, la spiaggia vuota, l’uomo di fronte a questa immensità; credo che siano immagini che rendano alla perfezione l’intimità di certi miei testi, di certe miei canzoni. Non a caso sono le stesse scene che ho usato per il videoclip di C’est la Vie.

Infine parlando di X Factor, come giudichi la tua esperienza?

Molto positivamente. Oltre a fare musica, io sono anche molto attento al mercato musicale, alle nuove tendenze. Basti pensare all’operazione Thoiry con Quentin40. Mi piace confrontarmi con i ragazzi che sono alla prima esperienza, capire quello che provano, ipotizzare quello che potrebbe essere il loro futuro.

Ma nella prossima edizione ti piacerebbe fare il giudice?

Non mi dispiacerebbe. Mi troverei bene con qualsiasi categoria perché in ognuna c’è qualcosa di stimolante. Detto questo la mia prima passione è la musica e suonare negli stadi.

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