The Affair, il riassunto della terza stagione

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Linda Avolio

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La quarta stagione di The Affair arriverà su Sky Atlantic in prima tv mercoledì 29 agosto alle 21.15. In attesa di tornare dentro le vite di Noah, Helen, Alison e Cole, ecco il riassunto della terza stagione della serie: continua a leggere e scopri di più

The Affair: la stagione 3 in poche righe

La terza stagione di The Affair è una stagione cupa, greve, a suo modo quasi violenta a livello psicologico. Sono passati tre anni dal finale della S02 e dalla confessione di colpevolezza di Noah. Per lui, ovviamente, si sono aperte le porte del carcere. Dopo 36 mesi dietro le sbarre, Solloway è di nuovo un uomo libero, ma il tempo, in questo caso, non ha curato le sue ferite, semmai il contrario.

La prigione, infatti, ha subdolamente fatto riemergere il trauma della morte della madre, che lui stesso aiutò a suicidarsi quando era solo adolescente. La sua psiche non è mai riuscita a elaborare veramente questo lutto e a gestire lo stress causato dagli eventi che hanno portato fino alla morte di Scotty, e ora Noah soffre di PTSD (disturbo post traumatico da stress). Vuole punire sé stesso, e infatti il secondino Gunther e le sue angherie non sono nient’altro che la manifestazione del suo crollo psicotico. Nessuno lo sta perseguitando, nessuno lo vuole morto. Nessuno, a parte sé stesso.

Per tutta la stagione, Noah è faccia a faccia con i propri fantasmi: la madre (che ha visto ammalarsi, peggiorare, e infino morire, peraltro per sua stessa scelta), Alison (che non vuole più avere niente a che fare con lui e che gli chiede il divorzio), Helen (ancora ossessivamente innamorata di lui e convinta di poterlo in qualche modo salvare), il difficile rapporto con suo padre e il suo stesso rapporto con i figli, specialmente con Martin, in cui rivede sé stesso, e Whitney, vittima di uomini tossici, uomini che lo stesso Noah definisce “uomini come me”.

Nel corso degli episodi, Noah si avvicina a Juliette, una collega francese che lavora nella stessa università in cui è finito a insegnare letteratura, anche lei, esattamente come gli altri personaggi, in fuga da qualcosa, nello specifico da un marito che, a causa di una grave malattia, non la riconosce più. Ciò che emerge in questo terzo capitolo di The Affair, è l’estrema solitudine di tutti i personaggi: ognuno è da solo davanti ai propri traumi e ai propri problemi, e quasi mai l’amore può salvare e/o redimere.

Ne sa qualcosa Helen, che non riesce proprio a lasciare andare Noah (o meglio, l’idea che ha di Noah) e ciò che lui rappresenta per lei nonostante faccia ormai coppia fissa da un bel po’ di tempo con Vic; ne sa qualcosa Alison, che, nonostante gli sforzi, non riesce a scrollarsi di dosso il senso di colpa per la morte di Gabriel, e che sa che la sua anima resterà per sempre spezzata; e ne sa ovviamente qualcosa Cole, che fa di tutto per andare avanti e voltare pagina, cosa peraltro impossibile, perché ciò che lo lega a Alison è semplicemente indistruttibile.

Per combattere i propri demoni interiori bisogna nominarli a voce alta, così Helen confessa, prima ai suoi figli e poi a Vic, di essere stata lei a investire Scotty Lockhart; Alison ammette, soprattutto a sé stessa, che la storia con Noah non è stata altro che una reazione al suo dolore; e Cole riconosce di essere ancora innamorato di Alison, ma, allo stesso tempo, vuole dare una chance al suo matrimonio con Luisa.

Dopo aver toccato il fondo, Noah, Alison, Helen e Cole ora non sono necessariamente più forti, ma di sicuro sono più consapevoli dei loro errori e delle loro debolezze. E, forse, sono finalmente pronti a perdonarsi.

 

The Affair, stagione 3: il riassunto

Noah

Ritroviamo Noah tre anni dopo la sua confessione, e non lo troviamo propriamente in forma. Da due mesi, dopo essere uscito dal carcere, vive a casa di sua sorella, ma non è più il personaggio che conoscevamo. La prigione l’ha cambiato, e neanche poco. Deve rifarsi una vita, ma non è per niente facile. Alison, infatti, non vuole neanche parlargli al telefono, mentre Helen non sembra intenzionata a lasciarlo in pace: è ossessionata da lui.

La morte del padre segna il punto di rottura anche con Nina: nonostante tutto, l’uomo ha infatti deciso di lasciare la casa proprio a lui, a quel figlio con cui non è mai riuscito a comunicare. Noah, però, non ha il coraggio di tornare a vivere nel posto in cui ha visto sua madre consumarsi a causa della sua malattia e poi morire. Decide di trasferirsi in un appartamento nel campus dell’università in cui insegna letteratura, un posto da incubo. Conosce Juliette, una professoressa francese, e accetta un invito a cena a casa sua: è evidente che tra i due c’è feeling e che prima o poi finiranno insieme.

Noah, però, ha un serio problema: soffre di PTSD, disordine da stress post traumatico. I tre anni passati dietro le sbarre non sono per niente stati una passeggiata, semmai il contrario. La detenzione forzata, infatti, ha fatto riemergere il trauma che ha segnato la sua intera esistenza: la morte di sua madre. O meglio, la decisione della madre, gravemente malata, di ricorrere al suicidio assistito. E la scelta di un giovane Noah di farsi carico di un tale macigno.

Ovunque vada, Noah è ora convinto di vedere un uomo con un cappellino che lo segue. Si tratta di Gunther, una delle guardie carcerarie, peraltro una vecchia conoscenza di Alison e Cole. La situazione degenera quando una sera Solloway torna nel lurido appartamento appena affittato e viene colpito alla gola con un’arma da taglio, in cucina, davanti al lavello. A trovarlo in un lago di sangue e a salvargli la vita è Juliette. Ma chi lo vuole morto? Forse proprio Gunther? E perché? I flashback che ci vengono mostrati non lasciano dubbi: il secondino è un sadico aguzzino, dev’essere per forza lui l’aggressore.

Uscito dall’ospedale, Noah si fa prestare la macchina da Juliette e va a Montauk: ha bisogno di parlare con Alison. Lei, però, non è per niente contenta di vederlo, e in tutta risposta gli piazza sotto il naso i documenti per il divorzio. Da lui vuole solo una firma, niente di più. Noah accetta, ma solo se lei passerà una giornata con lui a Block Island, in onore dei vecchi tempi. Sull’isola, ammette di averla sempre vista come un corpo che sprigionava sesso, ma ora, finalmente, la vede per quello che è veramente. Ora vede e capisce la sua sofferenza. Dopo aver fatto l’amore un’ultima volta con Alison, e dopo aver firmato le carte del divorzio, Noah riparte, ma qualcuno lo segue e lo manda fuori strada: Gunther?? Il crollo psicotico è dietro l’angolo.

Tornato da Juliette, si lascia sedurre da lei, ma quando la donna tenta di replicare una scena di The Descent, Noah, sotto shock, se ne va, e torna alla casa paterna. Lì ripensa alla madre, a quegli anni maledetti. Lo raggiunge Martin, e finalmente, per la prima volta, Noah si apre con lui e gli racconta del suo passato. Si può scappare da tutto, ma non da sé stessi. Rimasto nuovamente solo, Solloway peggiora, e si ritrova a litigare col sé stesso adolescente sulla riva di un lago. A trovarlo in pieno stato allucinatorio è Helen, che lo porta a New York. La situazione però degenera ulteriormente quando Helen tenta di fare sesso con lui, e lui si ritrova a reagire in modo alquanto violento nei suoi confronti.

Dopo essere stato picchiato da Furkat e dopo aver sentito le parole di disprezzo di sua figlia Whitney nei suoi confronti, Noah non può fare altro che andarsene anche da lì. Decide di affrontare i suoi demoni, e va alla ricerca di Gunther, arrivando fino a casa sua. Il confronto con la guardia carceraria è illuminante, soprattutto per gli spettatori: l’uomo non è per niente la persona che ci è stata mostrata nei flashback ambientati in carcere. Gunther, che ha un figlio disabile e che potrebbe tranquillamente concorrere come padre dell’anno, è pacato, gentile e comprensivo nei confronti di Noah anche mentre questi gli punta addosso un coltello. E’ evidente che Noah sta male, e che ha fatto tutto da solo. Corroso dal senso di colpa (per la morte della madre, ma anche per quanto successo dopo aver tradito Helen con Alison, fino ovviamente alla morte di Scotty), la mente di Noah ha ceduto, dapprima andando a creare un nemico immaginario, e poi arrivando a fargli commettere atti di autolesionismo sempre più gravi, tra cui la famigerata coltellata alla gola.

Da qui riparte Noah, e quando lo ritroviamo a Parigi dopo alcuni mesi capiamo che ha fatto tutti i passi necessari per tornare a stare bene. Solloway si trova nella capitale francese per passare il Natale insieme a Juliette, ma la donna si trova ad affrontare l’improvviso lutto del marito. Il caso, però, non fa mai le cose a metà, e in quella città così lontana Noah incontra Whitney, che si trova lì per fare da assistente a Furkat, che nel frattempo l’ha scaricata e sta con un’altra. La sera dell’inaugurazione della mostra fotografica, Whitney litiga pesantemente col suo ex, che la tratta come una pezza da piedi. Noah, che si trova lì, ovviamente interviene. Ciò che segue è un’onesta chiacchierata, la prima in anni e anni, con la figlia, vittima di uomini tossici, uomini che lui stesso definisce “uomini come me”.

Dopo essersi scusato con Juliette, una scena che è chiaramente un addio, Noah riaccompagna a casa Whitney. Dalla finestra vediamo Helen, Vic e i ragazzi intenti a preparare la casa per la Vigilia. Mentre la “figliola prodiga” entra, Noah resta fuori. Helen lo vede dalla finestra, gli fa un cenno di saluto e abbozza un sorriso. Lui ricambia, ma capisce che ormai quella non è più casa sua, così, senza amarezza, sale sul taxi. L’autista gli chiede “Dove andiamo?”, ma la storia si interrompe, non a caso, prima che Noah possa dargli una risposta.

 

Helen

Quando rivediamo Helen, scopriamo che la sua storia con Vic è andata avanti, ma anche che lei sta ancora vivendo con un piede nel passato. La decisione di Noah di addossarsi la colpa della morte di Scotty pesa su Helen come un macigno. Anche perché, non dimentichiamolo, lei non sa che quella notte anche Alison ha fatto la sua parte, e che dunque Noah non si è sacrificato solo per lei, ma anche (soprattutto?) per la sua musa. Ad ogni modo, in questi anni Helen ha cercato di restare vicina al suo ex marito nonostante lui le abbia ripetutamente detto non volerla incontrare.

Helen, dicevamo, sta ancora con Vic, un uomo che non ha praticamente niente in comune con Noah, cosa che lo fa subito brillare agli occhi dei suoi genitori, ancora insieme nonostante il tradimento di Bruce. Nel corso degli episodi della terza stagione vediamo una Helen costretta a rielaborare la sua relazione con Noah, dal momento in cui si sono conosciuti e innamorati al momento in cui tutto è crollato. Confrontandosi con Nina, la sorella di Noah, il personaggio di Maura Tierney si rende conto di non aver mai capito niente del suo ex marito, delle sue motivazioni e dei suoi desideri. Helen è ancora innamorata di lui, ma il problema è che quell’uomo non è mai esistito, se non nella sua testa.

Nina glielo dice chiaramente: Noah l’ha usata per scappare dallo squallore della sua vita, esattamente come lei ha usato lui per ribellarsi ai suoi genitori e alle regole del suo status sociale. Lui non si è mai fidato di lei fino in fondo, peggio, non l’ha mai considerata completamente degna della sua fiducia, infatti non le ha mai detto la verità sulla fine della madre.

Eppure Helen continua a essere letteralmente ossessionata da Noah: farlo uscire dalla sua vita significa dire addio per sempre a tutto ciò che è noto per tuffarsi nell’ignoto. Quando trova il suo ex marito in piena crisi psicotica sulla riva di un lago, Helen non ci pensa due volte e lo porta a casa: lei può curarlo, lei può farlo guarire, insieme possono ricominciare. Helen è ferocemente attaccata al passato, al punto da arrivare a scegliere Noah quando Vic la mette di fronte a un aut-aut. Litiga furiosamente con la figlia, una che, in quanto a uomini, non può certamente dire di aver fatto le scelte migliori, e quando Whitney, furiosa per la presenza di quel padre che l’ha delusa come mai nessun altro al mondo, le ringhia addosso “Why do you hate yourself so much?! (“Perché ti odi così tanto?!”, domanda che potrebbe benissimo essere rivolta a sé stessa), qualcosa in Helen si rompe.

Whitney decide di seguire Furkat, Vic se n'è andato, e alla fine anche Noah l'abbandona: rimasta sola, Helen prende i due figli più piccoli e va a Montauk, dai suoi genitori. Di nuovo cerca un appoggio, un rifugio, nel passato. Né Bruce e Margaret né Trevor e Stacey hanno però intenzione di darle tregua, e continuano a dare la colpa di tutto a Noah. Alla fine, stremata, Helen esplode: non c’era lui al volante della macchina che ha investito Scotty. C’era lei. E’ stata lei. E’ colpa sua.

Decide di dire la verità a Cherry, ma poi, all’ultimo, cambia idea. Incontra per caso Alison in un bar, e scopre finalmente che quella maledetta notte era presente anche lei sul luogo del delitto. E’ dunque per Alison che Noah si è immolato? A Helen non resta che una cosa da fare: parlare con Vic. Lo aspetta fuori dall’ospedale dove lui lavora, e glielo dice senza mezzi termini: è stata lei a uccidere Scotty Lockhart. Ecco perché non è mai riuscita ad allontanarsi completamente da Noah: non per amore, ma per senso di colpa. Sarà veramente così?

 

Alison

Dopo l'incarcerazione di Noah, Alison è tornata a Montauk. Scopriamo presto che ha detto a Cole la verità sulla paternità di Joanie, e se per un certo periodo i due hanno trovato una sorta di equilibrio, all'inizio della terza stagione capiamo che è successo qualcosa di grave. Con l'avvicinarsi del quarto compleanno della figlia, infatti, Alison ha avuto un crollo nervoso, e, a distanza di alcuni mesi, un giorno in fretta e furia ha lasciato Joanie da Cole e Luisa per andare a rinchiudersi in una clinica. La morte di Gabriel, avvenuta proprio quando il bambino aveva quattro anni, è un nervo ancora scoperto per lei.

Quando Alison esce dall'istituto, ovviamente si mette in contatto con Cole, ma i rapporti con lui inizialmente sono freddi. Forse influenzato da Luisa, che non la vede di buon occhio, Cole la tiene “a distanza”, ma la sua facciata da duro crolla in pochissimo tempo, e alla fine arriva a permetterle di vedere la bambina anche senza la presenza dell'assistente sociale che sta seguendo il loro caso. Alison ce la mette tutta per provare di essere una persona “stabile”, qualunque cosa significhi, ma non è facile vivere costantemente sotto osservazione. L'unica che la ama incondizionatamente è Joanie.

Durante questo periodo “di prova”, viene interrogata da due detective che stanno indagando sull'aggressione a Noah. Lei, però, di Noah non vuole proprio più saperne. Una sera passa da lei Cole, e la discussione degenera, nel senso che alla fine finiscono a letto insieme. Nonostante tutto, il loro legame è ancora fortissimo.

Quando Noah la raggiunge non è per niente contenta di vederlo: la sua stessa presenza, in quanto ex carcerato e in quanto persona con precedenti penali gravi, potrebbe mettere a rischio la sua posizione per la richiesta di custodia congiunta di Joanie. Si trova praticamente costretta ad andare con lui a Block Island (solo così Noah firmerà le carte del divorzio), ma alla fine la gita le fa bene: per la prima volta lei e Noah si confrontano serenamente, senza maschere.

Il giorno dell'udienza, Alison è, giustamente, nervosa. Ecco però accadere qualcosa di veramente inaspettato: Luisa, la stessa Luisa che durante la festa del quinto compleanno di Joanie ha avuto per lei solo parole velenose, depone a suo favore. Joanie potrà tornare a stare anche con lei. Nonostante ciò, Alison si rende conto che, proprio come le ha detto Noah a Block Island, Cole la vedrà sempre irrimediabilmente come un oggetto danneggiato. Dopo l'udienza incontra Helen per caso in un bar, e le lascia chiaramente intendere che quella maledetta notte anche lei ha fatto la sua parte spingendo Scotty.

Tornata all'Istituto Woodlawn per parlare con la terapeuta che l'ha seguita durante il suo recente crollo, Alison si ritrova a parlare con una ragazza che ha appena perso la figlioletta e che ha tentato di suicidarsi. Alison le dice che la capisce perfettamente: anche lei ha contemplato il suicidio, ma quella non è una soluzione. Quando la ragazza le chiede “E allora cos'hai fatto?”, la sua risposta è illuminante, specialmente per sé stessa: “Ho avuto una relazione extraconiugale.” La relazione con Noah non è stata nient'altro che questo, una reazione sconsiderata a un dolore sconsiderato.

E' evidente che in quest'ultimo anno Alison ha lavorato molto su sé stessa, motivo per cui la sua ex terapeuta le chiede se è interessata a lavorare lì a Woodlawn come consulente per l'elaborazione lutto. Alison accetta con entusiasmo. Cole, però, non la prende molto bene, e non solo per il fatto che questo nuovo lavoro andrà a influire sui “turni” relativi alla custodia di Joanie (Woodlawn si trova nel New Jersey, dunque non proprio dietro l’angolo). Cole, infatti, ha paura che Alison possa avere una ricaduta. Alison, però, è convinta della sua scelta: finalmente ha trovato la sua strada. Per quanto dolorosa, la tragedia della morte di Gabriel servirà ad aiutare altre persone. Persone come lei.

 

Cole

Nella terza stagione troviamo un Cole quasi rinato, un Cole 2.0. Con un lavoro stabile e piuttosto remunerativo, con una moglie che lo ama e che lo sostiene, e con una figlia che è la luce della sua vita. Sembra che, dopo il processo, Cole sia veramente riuscito a ricominciare e a lasciarsi il passato alle spalle, ma ovviamente non è così. Certe cicatrici possono attenuarsi, ma non scompaiono mai del tutto.

Durante il periodo in cui Alison si è fatta rinchiudere per curarsi come si deve, per essere una madre migliore, è stato Cole a prendersi cura di Joanie, ovviamente insieme a Luisa. Ed è Cole a portare Joanie a vedere la madre quando questa torna a Montauk. Le visite avvengono sotto la supervisione di un'assistente sociale, ma solo all'inizio: nonostante la rabbia per la decisione improvvisa di Alison di mollare tutto e di sparire per mesi dalla vita della bambina, Cole non può non comprenderla. E non può non perdonarla. E' lui a invitarla alla festa di compleanno di Joanie, ed è sempre lui a permetterle di prenderla un braccio quando cade dal pony. O almeno, questo è ciò che vediamo dalla sua prospettiva.

Sempre durante la festa di compleanno, Oscar, che a sua volta ha finalmente messo la testa a posto, gli dice di non ricordare di averlo mai visto così felice. Ma noi spettatori sappiamo benissimo che il matrimonio con Luisa non è esente da problemi e discussioni, specialmente perché lei si sente sempre in secondo piano rispetto a Alison. E Cole, dentro di sé, sa benissimo che Luisa non è per niente in torto.

Cole a un certo punto si ritrova coinvolto nelle indagini riguardanti l'aggressione a Noah. I due detective che sono andati a parlare con Alison, infatti, sono andati anche a parlare anche con lui, e nonostante la testimonianza di Luisa, che tenta di proteggerlo mentendo e dandogli un alibi, Cole viene portato in commissariato. Solo verso la fine della stagione, solo dopo che Cole sarà finito nuovamente a letto con Alison, scopriremo dov'era veramente la sera dell'aggressione: era dalla dottoressa Parry, la psicoterapeuta di Alison a Woodlawn. Era lì per sapere se la sua ex moglie finalmente era riuscita a trovare un equilibrio. E forse anche un po' di pace. Era lì perché era preoccupato per lei e perché voleva sapere se poteva veramente fidarsi di lei e tornare ad avere la custodia congiunta di Joanie.

Della confessione di Cole, però, Luisa non saprà mai nulla: certe parole sono solo per le orecchie di Alison. Mentre è ancora dietro le sbarre, Cole le dichiara il suo amore imperituro, un amore che va al di là di ogni cosa e sorpattutto al di là della ragione più basilare, ma lei gli dice chiaramente che se lui farà a Luisa ciò che lei ha fatto a lui, alla fine lui non sarà nient'altro che “uno stronzo. Come me.”

Alla fine, Cole sceglie di restare con Luisa, di darle, e di dare al loro matrimonio, una seconda possibilità. Quanto a Joanie, si torna all'affidamento congiunto. Ma per quanto tempo ancora Cole potrà vivere in questo limbo?

 

Luisa e Juliette

Altre due figure a cui viene riservato spazio nella terza stagione sono quelle di Luisa e di Juliette. La prima, che ormai è sposata con Cole da più di tre anni, è stata investita insieme al marito dal processo per la morte di Scotty. Luisa è sempre stata accanto a Cole, anche quando questi scopre che Joanie in realtà è sua figlia, e anzi, è sinceramente legata alla bambina. Dentro di lei, però, c’è sempre il terrore che, prima o poi, Cole l’abbandonerà per tornare da Alison. D’altronde, Alison gli ha dato un figlio, cosa che lei non potrà mai fare. Dal punto di vista di Cole, Luisa ci viene presentata come una compagna amorevole e affidabile, anche se profondamente insicura e totalmente vittima delle proprie emozioni. Dal punto di vista di Alison, invece, sembra una vera e propria iena: gelosa, in competizione su ogni cosa, intenzionata a screditarla a ogni occasione. In realtà, alla fine, sarà proprio Luisa a testimoniare in suo favore durante l’udienza per la custodia congiunta. L’altruismo, però, non c’entra: a Luisa interessa chiudere questa parentesi e tornare a concentrarsi sul suo matrimonio, per esempio cominciando a pensare a un’adozione o a una gravidanza surrogata. D’altronde Cole ha deciso di restare con lei, no?

Per quanto riguarda Juliette, comprendiamo perfettamente la scelta degli autori di inserire un nuovo love interest per Noah, ma, se dobbiamo proprio essere sinceri, quello di Irene Jacob è un personaggio con cui è piuttosto difficile empatizzare. Juliette è un po’ il classico stereotipo della donna francese colta ed emancipata, soprattutto sessualmente. Anche lei, come Noah e come gli altri personaggi, è in fuga dalla solitudine e dalla sofferenza. Anche lei è in fuga dal passato, un passato rappresentato da un marito più vecchio di lei di quasi una ventina d’anni e ora gravemente ammalato, al punto da non essere più autosufficiente e da non riconoscere più le persone che ha accanto. Fin dal suo ingresso in scena, capiamo che prima o poi finirà a letto con Noah, e infatti è esattamente ciò che accade. La sua presenza è (fortunatamente) limitata alla terza stagione.

 

The Affair, stagione 3: alcune riflessioni

Il terzo capitolo di The Affair segna un netto stacco rispetto ai precedenti, anche a causa del salto temporale di tre anni. D’altronde non poteva essere altrimenti. Dopo quanto successo, dopo l’ennesima discesa negli abissi del carcere (per Noah), del senso di colpa (per Helen), del dolore per il figlio morto (per Alison), e del costante dubbio su quello che sarebbe potuto essere (Cole), gli episodi si sono fatti più scuri, più pesanti, cosa che ha fatto storcere il naso a qualche spettatore. Ma i cambiamenti a cui i protagonisti sono andati incontro sono assolutamente in linea con quanto hanno vissuto, con le cose che sono piovute loro addosso, dunque si tratta di un’evoluzione naturale. The Affair è rinato dalle proprie ceneri diventando nuovamente un’altra cosa, uno “psychological drama”.

E’ rimasta la sottotrama thriller, che però è stata gestita in modo decisamente interessante: nel nono episodio si scopre infatti che è stato lo stesso Noah ad accoltellarsi. E si scopre anche che il Gunther visto nei flashback non è il “vero” Gunther, ma è il frutto del crollo psicotico del personaggio di Dominic West. Questa terza stagione, di fatto, è stata assolutamente Noah-centrica. Certo, anche Helen, Alison e Cole hanno avuto il loro spazio, ma a ben guardare questo è stato decisamente inferiore. Il finale segna l’ormai completa “riabilitazione” del personaggio di Noah. Personaggio che, diciamola tutta, nella seconda stagione ha mostrato i lati peggiori di sé.

 

The Affair, stagione 3: i momenti top

La terza stagione si concentra principalmente su Noah e sui suoi traumi, ma non mancano alcuni momenti degni di nota con protagonisti altri personaggi. Prendiamo per esempio il quarto episodio, precisamente la festa di compleanno di Joanie, che ci viene mostrata sia dal punto di vista di Cole, sia da quello di Alison. In particolare, a catturare l’attenzione è la scena dell’incidente: le differenze dicono tantissimo sui rapporti tra i due ex coniugi Lockhart.

Un altro episodio molto interessante è il quinto, quello in cui Noah e Alison tornano insieme a Block Island, una vera e propria parentesi nostalgica all’interno della stagione. Come ben ricorderanno i fan, infatti, Noah e Alison vanno a Block Island nel quarto episodio della stagione 1, e lì non solo danno sfogo a tutta la loro passione, ma, per la prima volta, si aprono l’uno con l’altra, cosa che, inevitabilmente, li avvicina. Le circostanze sono decisamente diverse, ma il ritorno sull’isola ricalca idealmente quel primo viaggio. Noah e Alison parlano onestamente, si confidano, e, alla fine, fanno l’amore per l’ultima volta. Tornati a Montauk, Noah firma le carte per il divorzio, e poi parte. I due non si rivedranno più (fino alla quarta stagione). Un bell’episodio di commiato.

Molto bella infine la scena in cui Noah, in preda alla paranoia, va a casa di Gunther, e noi spettatori scopriamo che in realtà il personaggio interpretato da Brendan Fraser (che quest’anno abbiamo avuto il piacere di vedere anche in Trust – Il rapimento Getty) non è assolutamente l’aguzzino sadico che ci è stato mostrato nei ricordi di Solloway.

 

The Affair, stagione 3: il cast

Dominic West - Noah Solloway
Ruth Wilson - Alison Bailey
Maura Tierney - Helen Butler
Joshua Jackson - Cole Lockhart
Julia Goldani Telles - Whitney Solloway
Jake Siciliano - Martin Solloway
Jadon Sand - Trevor Solloway
Abigail Dylan Harrison - Stacey Solloway
Josh Stamberg - Max Cadman
Catalina Sandino Moreno - Luisa León
Omar Metwally - Dr. Vikram "Vik" Ullah
Irène Jacob - Juliette Le Gall
John Doman - Bruce Butler
Kathleen Chalfant - Margaret Butler
Mare Winningham - Cherry Lockhart
Deirdre O'Connell - Athena Bailey
Darren Goldstein - Oscar Hodges
Jennifer Esposito - Nina Solloway
Brendan Fraser - John Gunther
Reagan e Savannah Grella - Joanie

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