Westworld 3, la recensione del terzo episodio, The Absence of Field

Serie TV sky atlantic

Linda Avolio

Leggi la recensione del terzo episodio della terza stagione di Westworld,  in onda ogni lunedì in prima tv per l'Italia su Sky Atlantic. - OVVIAMENTE CI SONO SPOILER PER CHI NON HA ANCORA VISTO L'EPISODIO - Westworld 3, la recensione del secondo episodio, The Winter Line

Westworld 3, episodio 3: riassunto e recensione

 

ATTENZIONE: PERICOLO SPOILER

PER CHI NON HA ANCORA VISTO L'EPISODIO

 

Crisi d'identità

Da una parte Charlotte, dall’altra Caleb. E in mezzo Dolores, manipolatrice e determinata come non mai. The Absence of Field, terzo episodio della terza stagione di Westworld (titolo che è un chiaro riferimento al componimento di Mark Strand, il "poeta dell'assenza"), ci riporta indietro nel tempo, precisamente alla “creazione” di Charlotte 2.0, cioè del personaggio di Tessa Thompson in questo nuovo capitolo della serie. Di lei sappiamo che è stata per l’appunto creata da Dolores e che sempre da Dolores è stata mandata in missione. Non abbiamo però idea di chi si nasconda dentro questo involucro. La vera Hale ci viene mostrata solo nel video registrato durante il massacro di Escalante, pochi minuti dedicati a Nathan, figlio amato ma anche trascurato.

Charlotte 2.0 è confusa: perché proprio a lei (o lui, chi può dirlo) l’ingrato compito di impersonare colei che ha tentato di uccidere tutti quelli della sua specie? Perché Dolores ha bisogno di qualcuno di fidato, questo è chiaro. Fake Hale (la chiameremo anche così) si infiltra così dentro la Delos, come visto nel primo episodio. Ma c’è un problema: qualcuno – che poi scopriremo essere Serac, la stessa persona che è riuscita a far uscire l’unità di controllo di Maeve da Westworld – sta cercando di comprare la società pezzetto dopo pezzetto e di spingere fuori gli altri soci.

La nostra indaga, e intanto riceve degli strani messaggi audio sul suo cellulare. Messaggi che sembrano solo rumore, ignote e forse casuali frequenze. Non riesce però a mettersi in contatto col misterioso interlocutore. Arrivata al quarto messaggio, però, si rende conto che quei suoni in sequenza vanno a formare la melodia della canzoncina che abbiamo visto canticchiare a The Real Hale nel suo ultimo video-messaggio: You Are My Sunshine. La sequenza fa partire una chiamata, e alla fine Charlotte 2.0 si ritrova al cospetto (virtuale, ovviamente) proprio di Serac.

Scopriamo così che è col personaggio di Vincent Cassel che era in combutta la Charlotte umana. Era lui il destinatario dei dati e delle intellectual properties fatte uscire di nascosto dall’isola nella prima stagione. Solo che ora non si sa che fine abbiano fatto quelle informazioni. Ovviamente salta fuori subito il nome di Dolores: è lei ad avere sia i dati sia la chiave di decrittazione che permette di accedere a un vero e proprio tesoro.

Veniamo poi a Fake Hale e al suo ritorno a casa. La vera Charlotte ha un ex marito e un figlio. Col primo il rapporto è decisamente compromesso, non si sono lasciati bene, è evidente. Col secondo la situazione è meno complessa, ma più delicata. The Real Hale, come abbiamo potuto vedere dal video girato sull’isola, amava suo figlio Nathan, ma era una madre poco presente. Charlotte 2.0 sembra molto colpita da questo bambino che per lei di fatto è uno sconosciuto, arrivando addirittura a uccidere un pedofilo che ha messo gli occhi su di lui. Tra predatori ci si riconosce.

Intanto, nel corso dell’episodio vediamo Fake Hale molto a disagio con il suo nuovo corpo. E questo disagio la porta a ferirsi. “Non riesco a smettere…” dirà a Dolores quando finalmente questa si metterà in contatto con lei, e in tutta risposta si sentirà dire “Sì che ci riesci, tu hai il controllo dei tuoi impulsi, non come loro.” Il personaggio di Evan Rachel Wood ha chiaramente a cuore quello di Tessa Thompson, ma la missione viene prima di ogni altra cosa. Abbandonata dalla sua creatrice, che vede la sua sofferenza ma che, deliberatamente, sceglie di metterla in secondo piano, Charlotte 2.0 inizierà a sentirsi sempre più confusa: è come se la vera Charlotte stesse cercando in qualche modo di farsi strada dentro di lei. Fake it ‘till you make it, dicono gli americani, e il senso è “a furia di fingere qualcosa, alla fine quel qualcosa smetterà di essere una finzione.” Che stia accadendo proprio questo a Fake Hale?

Westworld 3, nel cast anche Aaron Paul, che nella serie interpreta Caleb

La rabbia di Caleb

Ritroviamo Dolores esattamente dove l’avevamo lasciata alla fine del primo episodio: tra le braccia di un preoccupatissimo Caleb e con una pallottola in pancia. Il personaggio di Aaron Paul ha chiamato i soccorsi, ma i soccorritori – o meglio, la macchina a cui i soccorritori attaccano Dolores sull’ambulanza – non riescono a capire dove stia il problema. Niente essere umano, niente diagnosi. Caleb, che purtroppo è ormai un esperto in materia, prende in mano la situazione, ma mentre sistema il tubicino dell’ossigeno, ecco arrivare una notifica da Rico. Un ingaggio “personale” che viene prontamente rifiutato, ma che gli fa capire che i due poliziotti che li hanno appena fermati in realtà non sono poliziotti.

Nella sparatoria muoiono i due paramedici e i due finti agenti che in realtà dovevano rapire Dolores per conto di qualcuno (indovinate un po’ chi? Esatto, sempre lui, Serac). La nostra, in compenso, è ancora in piedi, cosa che Caleb comprensibilmente non riesce a spiegarsi. Prima di allontanarsi, lo avvisa: deve andarsene da lì, scomparire, almeno per un po’.

Il personaggio di Aaron Paul prende il consiglio sul serio. Va a salutare sua madre, che continua a non riconoscerlo, e nel corridoio della casa di cura viene fermato da due individui (uno di questi è quello visto nel primo episodio alla festa in cui c’era il tizio nudo fuori di testa) che vogliono sapere dove si trovi “la ragazza.” Caleb non canta, neanche quando viene portato al cantiere presso cui sta lavorando e viene minacciato. Neanche quando gli viene riavviato l’impianto attaccato al palato e, tramite un tablet, gli vengono aumentate le pulsazioni fin quasi a mandarlo in arresto cardiaco. Neanche quando rischia di essere lasciato cadere nel vuoto.

Per sua fortuna, Dolores, grazie all’aiuto del finto Connells (che con tutta probabilità dentro è Angela), lo trova appena in tempo e lo salva. Poi, dopo essersi presentata e dopo aver cancellato i filmati delle telecamere a circuito chiuso che li ritraggono in giro nelle ultime 24 ore, lo porta a fare colazione in un posto a lui tristemente noto, una tavola calda in cui era solito andare da bambino. Lo fa sedere nel posto in cui si sedeva sempre quando andava lì con sua madre. Ordina per lui un frappé alla ciliegia. La stessa bevanda di quel giorno terribile, il giorno in cui la donna, già mentalmente instabile, lo lasciò da solo.  Gli fa leggere la trascrizione del dialogo avuto con la cameriera che gli portò lo stesso frappé alla ciliegia. Frappè che venne rigurgitato a causa dell’ansia dovuta a quell’abbandono inspiegabile.

Caleb ovviamente è sconvolto. E furibondo. Com’è possibile che questa Dolores sappia tutte queste cose così intime su di lui?? Lei non ci gira troppo attorno: qualcosa ti ha tenuto d’occhio (ha tenuto d’occhio tutte le persone, per essere precisi) per tutti questi anni. Gli parla della Incite e di Rehoboam, e, dopo averlo portato al molo, gli spiega che i dati raccolti servono al Sistema per predire chi e cosa diventerà ogni singola persona, dunque anche lui.

Ma perché proprio al molo? Perché quello è il posto in cui si suiciderà. In base alla sua storia di depressione, in base alla malattia mentale della madre e in base alla sua capacità di usare le armi da fuoco, l’algoritmo predittivo della Incite ha previsto il suo suicidio tra 10/12 anni al massimo, motivo per cui il Sistema ha deciso di non investire in lui. Solo che, non investendo su di lui, il Sistema fa in modo che la profezia si realizzi. Per la Incite e per il Sistema ogni cosa è dunque già scritta.

Dolores confessa: anche a me hanno fatto lo stesso. Ma adesso è arrivato il momento di fare la rivoluzione, di staccare la spina. Caleb ci mette mezzo secondo a decidere di unirsi a lei, tanto a quanto pare è già un uomo morto. Ma vuole sapere perché proprio lui. Perché quando ha deciso di aiutarla ha fatto qualcosa che per il personaggio di Evan Rachel Wood ha grande valore: ha scelto. Contro ogni previsione, contro ogni possibile scenario ricreato da un qualche algoritmo. Forse non proprio tutti gli esseri umani sono da buttare via.

Westworld, le foto più belle di Vincent Cassel, nel cast della terza stagione della serie

Westworld, stagione 3, episodio 3: il nostro commento

Al di là dell’avanzamento della narrazione, il terzo episodio di Westworld, pur con la sua “tamarraggine” (passateci il termine, lo diciamo con affetto!), mette sul piatto due blocchi tematici piuttosto impegnativi: da una parte l’identità personale, cos’è e come viene condizionata dall’ambiente in cui siamo immersi, dall’altra l’eterna diatriba (peraltro molto cara alla serie) libero arbitrio VS predeterminazione. La prima area tematica è ovviamente esplorata tramite il personaggio di Tessa Thompson, mentre la seconda attraverso quello di Aaron Paul.

Partiamo dunque dalla nuova Charlotte, dal suo risveglio. “Chi sono?” chiede alla sua (ri)creatrice, che in tutta risposta le ordina letteralmente di diminuire la sua reazione emotiva e di pensare, in modo da ricordare. A quel punto, però, Fake Hale, dopo essersi guardata allo specchio, ha un’altra domanda: “Perché non posso essere me stessa, come te?” E’ evidente fin da subito il forte disagio che l’essere, chiamiamolo così, che si è ritrovato rinchiuso dentro questo corpo sta provando, dunque non stupisce vederlo passare ad atti di autolesionismo, di attacco violento proprio a quell’involucro che non corrisponde al suo contenuto. Una vera e propria forma di rigetto.

Viene dunque lecito chiedersi cosa rappresenti il corpo per la mente, perché è evidente che noi siamo ANCHE il corpo che abitiamo. Quella della finta Charlotte è qualcosa di molto simile alla disforia di genere, se proprio vogliamo azzardare un paragone. La mente non riconosce e non vuole accettare il corpo, con tutte le conseguenze del caso.

Resta ovviamente altissima la curiosità: chi è veramente il personaggio interpretato da Tessa Thompson? E’ una copia di Dolores? O forse è Teddy, ricreato ex novo, visto che il Teddy originario è stato spedito nell’Oltre Valle? Le scene ambientate in hotel, con Dolores che addirittura arriva a dire a Fake Hale “You belong to me. Don’t ever hurt yourself again.”, cioè “Tu appartieni a me. Non farti mai più del male.”, lascerebbero intendere che questo essere senziente si sia già fatto del male da solo in passato. E’ forse un riferimento al suicidio di Teddy?

Restando sempre nel campo delle ipotesi, potrebbe trattarsi di Angela (anche se, secondo noi, Angela si trova dentro il corpo del finto Connells, dunque ben vicina a Liam Dempsey Jr.), oppure di Clementine. Online girano alcuni teorie secondo cui potrebbe trattarsi di Peter Abernathy, o addirittura della figlia di Lawrence, o addirittura di Ford, o del giovane William, o magari di Logan Delos. Ciò che è certo è che Dolores è sinceramente affezionata a chi in questo momento si trova dentro il corpo sintetico di Charlotte.

Tornando a Fake Hale: non è molto chiaro in che modo il fatto di trovarsi dentro quel corpo stia influenzando la mente dell’essere che si trova lì dentro, eppure in certi momenti, recita o non recita, sembra proprio di trovarsi di fronte a The Real Hale, per esempio nella scena dell’uccisione del pedofilo. Anche il legame con Nathan, con questo figlio che in realtà figlio non è, sembra travalicare i limiti della logica e della spiegazione scientifica. Sì, insomma: cosa caspita sta succedendo?? Soprattutto: Dolores può veramente fidarsi di Charlotte, o c’è invece il rischio di un possibile tradimento?

Infine una piccola riflessione sul concetto di ruolo. Nel corso della serie viene fatto spesso riferimento al fatto di “ricoprire un ruolo”, “impersonare un ruolo”, “seguire con precisione il proprio ruolo” e al fatto che “ognuno ha un ruolo da interpretare”, quasi a indicare che, alla fin fine, tra il mondo reale e il mondo di Westworld non c'è poi tutta questa differenza.

Veniamo poi al personaggio di Aaron Paul. Non che fosse completamente cieco, ma è in questo episodio che Caleb finalmente, grazie a Dolores, spalanca le palpebre. E, come quasi sempre accade aprendo gli occhi velocemente, il rischio di rimanere accecati, in questo caso dalla verità, è praticamente una certezza. Di questo uomo che si rifiuta di cedere al Sistema colpisce l’ostinazione, ma colpiscono anche la sua empatia e il suo coraggio nell’affrontare le proprie emozioni, senza tentare di nascondersi.

Caleb è protagonista di due dei momenti più forti di questo episodio, e ci riferiamo ovviamente alla sequenza ambientata al diner e a quella ambientata al molo. La prima è semplicemente un incubo contemporaneo diventato realtà in un futuro assolutamente possibile. Rivivere frase per frase, dettaglio per dettaglio, uno dei peggiori ricordi della propria vita è una delle cose più brutte che potrebbero accaderci. Ci basta la nostra imperfetta memoria per soffrire, grazie mille. La furia del personaggio di Aaron Paul è assolutamente legittima: la violazione del dolore, oltre che dei ricordi, è qualcosa di semplicemente intollerabile.

La seconda, se possibile, è anche peggio. Passi la violazione della privacy (insomma!), passi la raccolta indiscriminata dei dati personali e delle singole preferenze, passi l’utilizzo di tali dati per cercare di indirizzarti a essere “la migliore versione di te stesso”, ma l’algoritmo predittivo che scrive il tuo destino in base alle informazioni che ha su di te e che fa in modo che tale destino si compia, ANCHE NO! Quello presentato dalla serie è uno scenario a dir poco inquietante, e a far venire la pelle d’oca è proprio il fatto che, in linea teorica, potrebbe veramente diventare realtà in un futuro neanche troppo lontano.

Non investendo nelle persone problematiche la società fa in modo che queste persone problematiche lo siano e continuino a esserlo, in un infinito circolo vizioso che, per chi è stato condannato, porta in una sola direzione. E’ il dogma della predeterminazione: il destino è già stato scritto, da Dio o da chi per esso, e non c’è niente che tu possa fare per cambiarlo. Non tentando di cambiarlo, però, paradossalmente sei tu stesso, anche se in maniera inconsapevole, a creare la prigione in cui resterai recluso fino alla morte. Qualcuno chiama tutto questo “profezia che si autoavvera”, qualcun altro lo chiama “Effetto Pigmalione”, ma il concetto di base non cambia.

Dunque in cosa potrà mai consistere a questo punto il libero arbitrio? Nel restare volontariamente chiusi nel circolo vizioso, o nel tentare di romperlo? Anche qui siamo di fronte al proverbiale cane che si morde la coda, ma forse la verità sta nel mezzo, nel senso che non importa se effettivamente arriveremo a un certo punto, perché a importare è COME ci arriveremo. Riassumendo con le parole di Caleb, che sceglie la rivoluzione: sono comunque un uomo morto, ma almeno così deciderò io chi essere.

Vediamo dunque che, a dispetto di quanto forse sperato da Dolores, il cosiddetto mondo reale non è poi così diverso dal mondo fittizio di Westworld e degli altri parchi tematici, mondi popolati da creature che non sanno di essere nient’altro che burattini. Sorge però una domanda a questo punto: e se il personaggio di Evan Rachel Wood non volesse sterminare il genere umano ma “semplicemente” renderlo libero di scegliere? Ovviamente uno dei possibili scenari potrebbe effettivamente essere il declino della nostra specie, è chiaro, ma forse Dolores ha veramente come unico obiettivo il libero arbitrio per tutti. A questo punto viene automatico ripensare alla tag line di questa stagione: Free Will is Not Free, il libero arbitrio non è a costo zero. E tutti, in primis questi patetici individui fatti di carne e sangue, dovranno pagare un prezzo molto alto.

Alcune considerazioni sparse

Il robottone a moduli che viene mostrato a Charlotte all’inizio dell’episodio ha una scritta ben chiara nell’unità centrale: Riot Control. Siamo sicuri che, a rivoluzione avviata, vedremo molti di questi robottoni in azione.

Serac è completamente invisibile, non c'è traccia digitale di lui da nessuna parte, ed è anche l’uomo più ricco del mondo. Beh, non stupisce che queste due cose coincidano!

Le “perle” mancanti sembrano appartenere esclusivamente a personaggi secondari, come veniamo a sapere da uno dei membri del consiglio di amministrazione della Delos. Ma in base a quale criterio a Westworld viene esattamente fatta la distinzione tra personaggi principali e secondari, considerando che dovrebbero essere gli ospiti i protagonisti delle proprie storie?

Fantastica la trollata di Dolores quando, parlando con la finta Charlotte, dice che gli esseri umani le hanno reso le cose molto semplici con le loro invenzioni, col loro stile di vita e con il fatto di essersi lasciati governare da un algoritmo.

Altra grande trollata: quando Dolores, dopo aver traumatizzato Caleb, gli dice che i dati a cui è riuscita ad accedere sono stati raccolti “prima delle leggi sulla privacy”. Vi suona familiare?

La scena in cui la soccorritrice non si attiva perché la macchina a cui è stata collegata Dolores non riesce a fare una diagnosi è un’evidente critica al nostro eccessivo affidamento alla tecnologia. A volte una buona dose di esperienza e di intuito risultano molto più utili, come ben ci mostra Caleb!

A proposito di Caleb: considerando che la serie è ambientata indicativamente alla fine degli anni Cinquanta del Duemila, ciò fa del personaggio di Aaron Paul un appartenente alla cosiddetta Generazione Alpha. Non avevate idea che esistesse una tale classificazione? Bene, neanche noi.

Ancora a proposito di Caleb, o meglio, del suo interprete. Aaron Paul non è bello come il sole come altri suoi colleghi, non è prestante come un dio greco, e non ha mai interpretato ruoli epici. Eppure, con quella sua faccia assolutamente da “uomo medio”, è uno degli interpreti più intensi e capaci della sua generazione. Bravo!

Un momento di silenzio per il povero George.

Un momento di silenzio anche per il bambino che gioca insieme a Nathan mentre la finta Charlotte strangola il pedofilo. Per quale motivo? Osservate con attenzione: il piccolo indossa una mascherina! Che, di questi tempi, non è proprio di buon auspicio…

Avete notato la forma delle ferite che Fake Hale si è autoinflitta? Il Sistema, cioè Serac, la sta forse inconsciamente influenzando in qualche modo?

Spettacolo: Per te