Uno dei rari e meritevoli eredi della scuola genovese ci accompagna nel mondo delle ossessioni con immagini spesso in contrasto tra loro. Il video è introdotto da un testo esclusivo dell'artista ligure
L’ossessione è la principale protagonista di Moby Dick, più del capodoglio stesso, più del capitano Achab. E l’ossessione di Achab per il gigante bianco diventa l'archetipo di tutte le ossessioni dell'essere umano, talmente intensa e incontrollata da condurre all’inevitabile catastrofe, al naufragio. Non è un destino ineluttabile, tutt’altro, è una fine che si poteva evitare, ma l’ossessione acceca, non consente il giusto distacco, non lascia spazio a un pensiero altro che non sia legato a quel fine ultimo. Così è nata la "La ballata dell’acqua”, che si basa sull’idea stessa dell’ossessione.
Cosa c’entra Hermann Melville con Alvaro Mutis? Da una parte il capitano Achab è accecato appunto dall’ossessione e dalla sete di vendetta che diventa ragione di vita, dall’altra il gabbiere Maqroll conduce la sua esistenza di viaggi, avventure e naufragi dell’anima con il sentimento della “disperanza”, quella condizione di chi non è disperato, ma ha fatto modernamente e dolorosamente i conti con le umane illusioni. Due figure distanti che condividono una profonda solitudine, la prima all’eterna ricerca della propria ossessione, la seconda che ha imparato a escludere dal suo sguardo qualunque speranza al di fuori dei propri sensi. Mi piaceva l’idea di fare incontrare in questo viaggio musicale Maqroll e Achab. Mi piaceva pensare che il tramp steamer di Maqroll e il Pequod di Achab si incrociassero in questa rotta.
Per realizzare il video desideravo qualcosa che trasportasse tutto questo al mio mondo, ai miei luoghi di riferimento. Sono cresciuto in un luogo in cui il mare è parte fondamentale del paesaggio e dell’uomo e a quel mare volevo rendere omaggio: perciò mi sono recato alla Cineteca dell'Archivio Storico della Fondazione Ansaldo di Genova e ho chiesto loro di aiutarmi.
Ho passato una giornata intera a scoprire racconti del mare che non potevo immaginare, documenti e diari di bordo di straordinaria bellezza, immagini inedite nella ricchissima cineteca e così abbiamo scelto di accompagnare la canzone con la cronaca di una vacanza sul Piroscafo Roma datata ai primi anni Trenta del Novecento. Nelle immagini in bianco e nero montate da Andrea T, mi intrigava la possibilità di creare un netto contrasto fra l’allegria e la spensieratezza degli ospiti che si godono la crociera e il racconto del brano, decisamente più teso e sospeso. Proprio questo, credo, dà la misura di quanto pesano le ossessioni. Quando ne sei vittima ogni momento non è più libero di essere vissuto, ma costretto al ruolo di un’attesa. Qualcosa di terribile sta per accadere, ma se accadrà o meno non è dato saperlo.