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Shabel va incontro al futuro con On My Way: l'intervista

Musica

Fabrizio Basso

Il singolo d’esordio della giovane cantautrice milanese è accompagnato da un video, girato da Federico Gariboldi e Stefano Poletti, che racconta per immagini la trasformazione di una ragazza in una donna libera di diventare se stessa, lasciandosi alle spalle il passato e mettendosi in viaggio sulla sua strada

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Le idee chiare della generezione dei ventenni. Chiaraginevra Gariboldi, in arte Shabel, è una cantautrice milanese classe 2000. Ha iniziato la sua carriera artistica da giovanissima e ha sempre mantenuto la rotta seguendo la stella popolare dei suoi desideri. Questo suo singolo di esordio, On my way, è come un romanzo di formazione che segna il passaggio dall'era ludica a quella dove l'arte diventa una missione. D'altra parte con Antonello Venditti e Lucio Battisti come fari impossibile che dalla penna di Shabel escano frivolezze. E' testimone matura dei suoi tempi, vive la contemporaneità con gioia e consapevolezza, è una ventenne che sa quel che vuole. Ci siamo conosciuti su Zoom.

Partiamo dalla storia del singolo: perché hai scelto On my Way?

Ho parecchi pezzi, considera che ho iniziato a 14 anni a scrivere dunque altri ne arriveranno nel tempo. Questa è la canzone che fa partire il progetto e segna assolutamente il passaggio tra la ragazza e l’artista.
I ballerini nel videohanno il volto bianco: ha un significato?
Volevo dare una atmosfera tribale come il sound, una sorta di antitesi con un posto chiuso, un luogo sicuro. I ballerini sono parte della metamorfosi.
Le immagini della metropoli che invadono lo schermo da che città arrivano?
Il significato è un viaggio interiore dove io racconto un qualcosa che io provo, è un evadere dalla stanza chiusa e viaggiare con la mente in qualunque posto. Dunque possono rappresentare qualunque città nel mondo.
Verso la fine del video ti colori e diventi quasi una figura extraterrestre: sei in fuga da qualcosa o qualcuno?
Sono io stessa portata all’estremo, esce il mio lato più folle. E’ il luogo dove io voglio arrivare senza maschere e libera di esprimermi per quello che sono.
Vesti solo il nero ma con due look differenti, uno punkeggiante e uno molto femminile: raccontano due delle tue anime?
Il nero è un colore neutro ed elegante. L’idea è dipingere la canzone attraverso quello che io sono, i vestiti non sono importanti.
Shabel la tigre in lingua Shahili: che valore ha?
E’ legato alla mia Africa. Ho scoperto questo nome che ero molto piccola in una spiaggia africana coinvolta in una azione di volontariato con i miei genitori. Uno sciamano mi chiamo a sé chiamandomi con questo nome. Ero affascinata ascoltai il suo racconto, disse che la tigre che era lo spirito guida, la mia anima gemella. Lo scrissi su un quaderno: a 13, 14 anni in cerca di ricordi d’Africa trovai il quaderno con quel nome e mi venne una illuminazione. Capisco ora che ho vent’anni il valore di quello che mi disse.
Quale è il confine tra Chiaraginevra e Shabel?
In parte convivono e in parte sono lontane. Nella quotidianità sono artista per come mi rapporto con le persone. Quando sono sul palco o faccio musica Chiaraginevra non esiste.
Ti liberi dal passato e vai per la tua strada: da cosa fuggi? Dove vai?
Non voglio mostrare una fuga ma soprattutto una evasione, non temo il mio passato. Ora sono una donna forte e me lo lascio alle spalle quello che ho trattenuto. Ho iniziato da bambina facendo la ballerina e la mia famiglia mi ha sempre assecondata. A 18 anni ho scelto questa vita: sono determinata e oggettiva, non avessi le possibilità di fare un percorso importante non lo avrei fatto.
Come va al Conservatorio?
Bene! Sono al secondo anno e sono sotto esame. Si respira un bel clima con persone empatiche.
Hai degli artisti che per te sono dei punti di riferimento?
Antonello Venditti e Lucio Battisti li ascolto ogni giorno, nel mio cellulare non esiste playlist dove loro non compaiano. Mi piace Madame ma in generale ascolto molto.
C’è un momento in cui hai capito che una passione poteva diventare un lavoro?
Entrando in questo mondo da piccola lo ho vissuto come un gioco, da piccola ballerina mi immaginavo showgirl ma non è mai stato un vero obiettivo. La partecipazione a Sanremo Junior a 15 anni è stato particolarissimo e determinante: era il mio primo concorso e avevo basse aspettative. Vinsi e subito mi dissi che mi sottovalutavo. Il palco è casa mia, quando sono lì la mente va in un’altra dimensione.
Come stai vivendo questo periodo?
Durante la quarantena mi sono fatta uno studio casalingo e ci ho trascorso tantissime ore, ho scritto più pezzi in quarantena che negli anni scorsi; sono una persona che vaga molto con la testa e ciò aiuta. Basta una parola in un libro o la frase di un film e io viaggio.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Purtroppo ho tolto un po’ di iniziative per via della situazione generale. L’obiettivo è fare uscire altri 3 o 4 singoli e quindi valutare la possibilità di realizzare un album. Sui social ci vado per parlare con chi mi segue e fare la mia musica. Ho piano editoriale però capita il momento in cui suono quello che voglio. Ma mai Venditti o Battisti: i mostri sacri li eseguo solo in casa, quando nessun mi ascolta.