Milano parla piano ma Wrongonyou canta forte (e in italiano)

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wrongonyou

Con Milano Parla Piano Wrongonyou lascia l'inglese e si affida all'italiano. Un disco che sembra un libro, immagini nitide, uso attendo delle parole: un disco maturo. L'INTERVISTA

(@BassoFabrizio)

L'inglese come biglietto da visita ma poi il colloquio si fa in italiano. Wrongonyou, all'anagrafe Marco Zitelli, dopo Rebirth torna con un nuovo disco e questa volta sceglie la sua lingua madre. Perché è più facile raccontarsi anche se la scrittura resa più ostica dalla metrica. Ma in questo viaggio, oltre alla sua squadra di Carosello, ha voluto al fianco autori e produttori speciali, e cito per tutti Zibba, DardustAntonio Filippelli. Il disco si intitola Milano parla Piano e la cover sembra uscita da un testo di ideogrammi tanto è pregna di simboli. 

Marco partiamo dalla cover?
Racconta, per immagini, il mio ultimo anno di vita, anche nelle descrizioni. Sono tutte cose successe realmente. Da quando scrivo in italiano vivo a Milano.
C'è anche una gomma per cancellare.
Certo, cancellare è il preludio riscrivere. Ho cancellato il disco in inglese.
Ti sei tolto la corazza?
L'inglese mi proteggeva dall’ascolto diretto di una persona.
Con la metrica?
Guarda sono riuscito a traslare in italiano una canzone in inglese. Certo non è semplice la gestione della voce sulle tronche.
A proposito di tronche, hai messo tra i simboli Torre Velasca che sembra un po' tronca.
La ho inserita perché portavo tutti i demo da Curci. Mi dava un gusto di decadenza. Poi è brutta. Un capolavoro architettonico che a gusto mio non piace. Tutti costretti all’ombra sotto la torre. Sembra abbandonata ma è in uso.
Che ti ha dato Milano?
Ispirazione e metodologia lavorativa. E’ frenetica e dunque mi ha costretto a essere meno pigro. Ho mediato e ora non sono isterico. Mi piace la città e la vivo soprattutto di giorno.
Hai un tuo stile, nei sei consapevole?
Inizio a essere riconoscibile. Il mio inglese era l’unico in Italia. Non potevo parlare di cose troppo quotidiane.
Ora lo fai, però.
Ho mangiato il primo arancio a 24 anni e a quel punto con molta lentezza ho ascoltato Battisti, De Gregori e Dalla e ho preso coscienza che parlavano di quotidianità. Correvo dietro a immagini e ora so che se le seguo, scegliendo un tema riesco a raccontare storie
Pensi al tour?
Questo disco lo sento molto simile al mio passato. A livello strumentale non vedo grandi differenze. Nasco come chitarrista. Adoro la chitarra da Jack Frusciante, è una visione dello strumento diverso. Il mio ordine di importanza è voce, chitarra e il resto.
Quindi?
Vedrai dal vivo. Ti anticipo solo che l'anno scorso ero estremamente rock ora sono più soft.
Se dovessi tu raccontare Milano parla Piano?
Non riesco a fare cose per forza: se mi ascolti senza pregiudizi trovi che realtà e originalità non sono cambiate rispetto al passato. Il difficile è stato riportare le mie vocalità in italiano.  Mi ha fatto piacere metterci tanta chitarra.
Perché chiedi a Milano di parlare piano?
Almeno per una notte. Milano è una città attiva. Quando vado a Roma ho il paso lesto e distacco i miei amici, credono che io corra.
Giudizio finale?
Del disco sono tanto soddisfatto.

 

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