L'Immortale, ecco la recensione del film con Ciro Di Marzio

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Paolo Nizza

L’epopea di Ciro di Gomorra arriva in prima tv su Sky Cinema Uno lunedì 13  aprile alle 21:15. In attesa dei nuovi episodi della serie tv, Marco D'Amore interpreta e dirige L'immortale, un’opera originale, splendidamente fotografata. Un progetto crossmediale e innovativo attraverso il quale, per la prima volta in assoluto nella storia della serialità, un film a sé stante diventa anche un segmento del racconto a cavallo tra le due stagioni di una serie televisiva.

Marco D'Amore è L'Immortale

“La Paura è la via per il lato oscuro”, dice Yoda nella saga di Star Wars. Tuttavia, anche non avere nessun timore risulta essere un percorso assai periglioso. Lo sa bene Ciro Di Marzio, noto ai più come L’immortale, protagonista dell’omonimo film, in onda su Sky Cinema Uno lunedì 13 aprile alle 21:15. Perché solo chi non ha niente da perdere, non teme niente. Ma non ha nemmeno nulla o nessuno per cui valga la pena vivere. Insomma, “Immortale, con il terrore di esserlo”, avrebbe chiosato il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges.

Il film diretto e interpretato da Marco e D’Amore (che ha ottenuto una candidatura come miglior regista esordiente ai David di Donatello) è una sorta di ponte tra il passato e il presente di un personaggio trasfiguratosi in icona. Episodio, dopo episodio, stagione dopo stagione, il Ciro Di Marzio di Gomorra è assurto a una dimensione quasi metafisica. L’immortale con i suoi silenzi, la sua disperazione, la sua crudeltà è entrato nell’Empireo dei grandi cattivi della letteratura del cinema. Infido come Iago, spietato come Macbeth, Ciro ha ucciso il sonno perché sempre per citare Shakespeare, “passato è il tempo in cui quando il cervello schizzava fuori, un uomo moriva.”

Così non stupisce che dalle acque livide del Golfo di Napoli, Ciro riemerga parimenti a uno spettro. Si sa: il male non muore mai. Benché colpito al petto da Salvatore Esposito, il suo unico amico, l’immortale Ciro risuscita. E ancora una volta sembra la tragedia di Macbeth, ovvero “ferita era la benda non il braccio”.

Ciro di Marzio: da Gomorra al film L'Immortale

Come un’anima divisa in due il film di Marco D’Amore tra la Napoli degli anni ’80 post-terremoto e la Riga odierna la storia è un continuo dialogo tra il presente di Ciro, esiliato sul Baltico a migliaia di chilometri da casa e dagli ultimi affetti rimasti, e il suo passato da orfano. Dall’infanzia per strada alle fredde estati del nord Europa, dai primi furti all'ultima guerra tra fazioni in lotta: tutto per sopravvivere a un mondo dove l’immortalità in fondo è solo una condanna. Gli scugnizzi, il contrabbando delle sigarette si alternano ai mafiosi russi, ai malavitosi lituani dai corpi tatuati. Al solito è il traffico della cocaina al centro della lotta di potere. Ma dal pane alle panette, L’immortale senza indugiare in folklorismi d’accatto o in panegirici del gangsterismo ci parla anche di tenerezza, di sogni infranti all'alba mentre una giovane neomelodica di nome Stella intona il proprio canto d’amore.

Tra doppi, tripli giochi, magliari contemporanei e fughe in motoscafo, Ciro affronta il proprio destino e ricorda il proprio passato con la consapevolezza che “nella vita c’è sempre una scelta”. Anche per chi, sin da bambino ha perso tutto. Così pur immerso nelle atmosfere e nelle musiche di Gomorra (per l’occasione riorchestrare dai Mokaledic) L’immortale vive di vita propria.  Grazie anche alla presenza di grandi attori come Nello Mascia che anche in un piccolo ruolo riesce a lasciare il segno e di autentiche rivelazioni come Giuseppe Aiello che interpreta Ciro da piccolo e che sembra uscito da un film di Vittorio De Sica. Insomma in attesa della nuova stagione, la pellicola accontenterà tutti gli appassionati della serie, ma ha tutte le carte in regola per piacere anche a chi cerca qualcosa di diverso dalle solite opere solitamente proposte dal cinema italiano.

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