L'Atelier: La recensione del film di Laurent Cantet

Recensioni

Paolo Nizza

Il regista francese, Palma d'oro a Cannes per il film La Classe, firma un intenso dramma dai risvolti thriller. Un ritratto originale e lucido della gioventù francese, sospesa fra passato e futuro, razzismo e violenza,   Al cinema da giovedì 7 giugno

"E così all'inizio c'è il nulla. Bisogna buttarsi. Coraggio! Anche se dite una sciocchezza, non ha importanza."

"Beh, potrebbe esserci un omicidio."

"Sì un omicidio per un thriller è un buon inizio.

"Non sempre l'omicidio accade all'inizio del romanzo."

"È vero. Hai ragione"

Dopo aver mostrato le immagini di un videogioco d'azione, comincia con questo dialogo illuminante, L'atelier, il nuovo film di Laurent Cantet, l'acclamato regista di La Classe, capolavoro con cui vinse la Palma d'oro a Cannes nel 2008

Siamo a La Ciotat, comune francese situato nella Francia Meridionale. Oltre al celebre film dei fratelli Lumière L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, la città salì agli onori della cronaca alla fine degli anni ’80, a causa di una grande stagione di lotte operaie dopo la chiusura dei cantieri navali. In questo difficile contesto sociale, caratterizzato da una profonda crisi economica, Olivia Dejazet affermata autrice di gialli deve tenere un laboratorio di scrittura. Tra i suoi giovani allievi spicca Antoine, ragazzo introverso e di talento, spesso in rotta con gli altri sulle questioni politiche per le sue posizioni razziste e aggressive. L’atteggiamento di Antoine si fa sempre più violento con il passare dei giorni e Olivia sembra esserne spaventata e attratta al tempo stesso, finché la situazione sfugge drammaticamente di mano a entrambi… 

Così, sotto il sole di una calda estate transalpina, un workshop letterario si trasfigura nel lucido affresco di una generazione assolutamente avulsa dal passato. Adolescenti condannati a un futuro incerto e prigionieri di un presente che non li percepisce mai, se non come meri consumatori. Ragazze e ragazzi persi in un quotidiano che dopo la tragedia del Bataclan ha assunto connotati violenti e laceranti. La memoria delle passate generazioni si dissolve in un video pubblicato sui social. La trasformazione radicale del mondo in cui viviamo ha reso l'esistenza simile a quella degli eroi di un videogame in terza persona. 

Per raccontare una società in cui crescono in maniera esponenziale la violenza, il razzismo, l'instabilità, Cantet opta per un racconto che si tinge di thriller. Scritto da Robin Campillo (120 battiti al minuto) e recitato da un cast meraviglioso composto in gran parte da giovani esordienti, selezionati nei bar, nelle palestre, nei teatri, nelle scuole, L' Atelier racconta l'oggi senza filtri, senza faziosità, senza cliché, la vita di un giovane confuso e infelice. Un giovane Holden di talento, alieno a sé stesso, stritolato fra desiderio, e paura. Nel raccontare l'attrazione e la repulsione della fascinosa scrittrice di gialli di successo (ma in crisi creativa) per il ribelle che tende a destra, L'Atelier offre allo spettatore un crescendo rossiniano di rarefatta tensione. Grazie alla maestria di Laurent Cantet anche un estivo tuffo dagli scogli può trasformarsi in un momento di suspense. Un po’ come accade in L’Ora del lupo di Ingmar Bergman. Nello sguardo innocente e inquietante dell’incredibile Mathieu Lucci, che interpreta il personaggio di Antoine, alberga tutto il disagio, la rabbia di chi si sente un pupazzo in mano a un ventriloquo. E allora, un gesto folle, paranoico come sparare alla luna diventa pregno di significato e persino salvifico.

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