Io c'è su Sky Cinema Uno

Recensioni

M.Beatrice Moia

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A pochi mesi dall’uscita nelle sale cinematografiche, Sky Cinema presenta Io c'è, il film diretto da Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo, Margherita Buy e Giuseppe Battiston distribuito nei cinema da Vision Distribution. Appuntamento in prima tv lunedì 16 luglio alle 21.15 su Sky Cinema Uno HD e disponibile anche su Sky On Demand

Un tempo il popolo credeva e gli atei erano intellettuali, adesso il popolo sembra essere ateo e gli intellettuali sembrano credere. Ma a che cosa? E in chi? Forse soprattutto a se stessi e alle loro teorie non di rado del tutto avulse dalla realtà. Non è il caso di scomodare uno dei più profetici filosofi del secondo Novecento italiano, Augusto Del Noce, a cui si deve appunto la teoria dell’alternanza popolo-intellettuali dal punto di vista dello sguardo sulla fede, per interrogarci su un film come “Io c’è”. Eppure, introducendo in modo scherzoso ma non troppo, il tema della fiducia spropositata nell’autodeterminazione che sconfina nel più paradossale compiacimento narcisistico, il lavoro del regista Alessandro Aronadio ci offre uno spaccato interessante di sociologia della religione. E lo fa con il passo spumeggiante della commedia dove si sorride di vizi collettivi ma non si può fare a meno di pensare. In una società come la nostra in cui il benessere, ormai “quasi” alla portata di tutti, sembra aver determinato la cancellazione del bisogno di domande che riguardano il senso più profondo della vita, ecco che un surrogato di religione ricompare per realizzare, almeno inizialmente, un bisogno economico. 

Le letture del film “Io c’è” possono essere diverse e su più livelli. Ma è difficile non cogliere anche la volontà di sottolineare come, in una modernità fluida e schizofrenica per la quantità soverchiante di impulsi diversi, resta immutato nel cuore dell’uomo il bisogno di credere. Un bisogno che mette talvolta da parte i fondamenti della fede per privilegiare l’irrazionalità. Ma a questo punto il rischio è grande perché, come diceva Chesterton – l’ha ricordato anche Gianni Canova nell’ultima puntata del “Cinemaniaco incontra Margherita Buy ed Alessandro Leo” su Sky Cinema Uno – “quando non si crede più in Dio, si crede a qualsiasi cosa”. Tra l’ironia, spesso amara, che si traduce in critica alla costante tendenza di estromettere Dio dal centro dell’universo per sostituirlo con le più stravaganti sembianti, il film si inventa il più illusorio dei totem, lo specchio. Idolo autoreferenziale di un uomo che non vorrebbe credere ad altro che a se stesso. E poiché l’uomo prima o poi si accorge di non bastare a se stesso, ecco che qualsiasi ipotesi di aldilà viene archiviata per concludere, come fa il film con una battuta: “Godiamoci il viaggio”. Quello che c’è dopo, se c’è, non ci deve preoccupare. Se tutto è permesso e tutto va accolto, il “sé” diventa unica misura e guida. Affidabile almeno finché dura l’illusione di poter fondare una speranza in un’invenzione strampalata che però raccoglie proseliti.

Lo Ionismo, la religione inventata da Massimo Alberti (Edoardo Leo) per trasformare il suo bed and breakfast in luogo di culto ed evitare così di pagare le tasse, predica proprio una scherzosa credenza a cui qualcuno finisce per credere davvero. In questa impresa ai limiti dell’assurdo è coadiuvato dalla sorella commercialista, Adriana (Margherita Buy) e dall’amico scrittore fallito Marco (Giuseppe Battiston). La nuova fede, però, per essere accettata legalmente, deve essere anche ragionevole. Ma si tratta di una ragione che deve accordarsi solo alle leggi degli uomini, non a quella di Dio. E così, dopo che Marco compie uno studio approfondito, o supposto tale, ecco spuntare una sorta di best of di tutte le religioni. Riscontrati legami e ricorrenze tra i vari credo, ma anche tradizioni completamente diverse, assurde o strampalate che siano, Marco arriva alla conclusione: “Tutto è valido”. E quindi inventiamo un’altra religione che abbia il meglio di tutte, tanto l’esigenza dell’uomo – si ripete spesso - è quella di avere qualcosa a cui credere, a cui appigliarsi per andare a letto tranquilli, come “una favola della buonanotte”. E in una religione dove tutto è valido e che quindi non propone proprio nulla né di saggio né di credibile, tutto è concentrato sull’unica cosa tangibile che resta e a cui non si può fare a meno di credere: se stessi. Peccato che la religione, una volta evocata anche se in modo strumentale o con obiettivi satirici, non smetta di suscitare interrogativi. Proprio quelli che continuano ad aleggiare, tra confusione e non sense, mentre sfumano i titoli di coda. Si sorride e si pensa. Non male, come risultato. 

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