Letto N. 6, l'horror di Milena Cocozza, tra fantasmi e maternità

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Paolo Nizza

Disponibile su Sky Primafila sino al 9 settembre e prodotto dai Manetti Bros e Carlo Macchitella, l'esordio alla regia di Milena Cocozza è una ghost story  che mescola gli stilemi della ghost story con tematiche sociali più cha mai attuali

Spiritosa, autoironica, spontanea, capisci subito che Milena Cocozza ha vissuto a pane e set visto che possiede un esperienza venticinquennale come aiuto regista di Stefano Sollima, Roan Johnson, Claudio Cupellini, Eros Puglielli, Ivano de Matteo, Ivan Cotroneo, Davide Marengo, e, soprattutto, dei Manetti Bros.
Non a  caso, attualmente sta lavorando con la coppia di fratelli, ai nuovi episodi della serie dell’Ispettore Coliandro.

Per la sua opera prima ha scelto un approccio alla Mario Bava, uno che per sua stessa ammissione faceva il cinema come si fanno le seggiole. Con coraggio e competenza, si è cimentata nella costruzione di Letto N .6, una storia di fantasmi e misteri ambientata in una Roma perversa. Il tutto però impreziosito da un’autentica sensibilità femminile in cui tra spettri e segreti si palesano tematiche sociali come la difficolta di conciliare la maternità con il lavoro. Interpretato da Carolina Crescentini, un film che affronta senza paura l’orrore dei manicomi infantili. Disponibile su Sky Primafila fino al 9 settembre e prossimamente in onda su Sky Cinema

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approfondimento

Letto n. 6, fantasmi e segreti nell'horror con Carolina Crescentini

Intervista a Milena Cocozza, regista di Letto N.6

 

Come è nato il film?
Lavoro da 25 anni come aiuto regista e da 15 collaboro con i Manetti Bros., e sono loro gli autori del soggetto Letto N.6 avrebbero dovuto realizzarlo prima di Song E Napule. Tre anni fa, mi hanno chiesto di occuparmene. Anche se molto lusingata, all’inizio ero un po’ spaventata, perché si trattava di un film di genere abbastanza tradizionale. Ho cercato di dargli una mia impronta personale. E ho trovato la mia cifra stilistica nel personaggio di Bianca, la protagonista che si trova a doversi districare tra maternità e carriera, un dilemma comune a tutte le donne che lavorano. E poi mi interessava il discorso sui manicomi infantili. Così abbiamo iniziato in processo di riscrittura del film.

La location è uno dei punti di forza della pellicola.

Conoscevo già l’Ospedale Feltrinelli, in disuso da 10 anni più o meno. È un posto spaventoso spettrale. Quindi abbiamo allestito un’ala dell’edificio con la scenografia.

Avevi già in mente Carolina Crescentini come protagonista di Letto N.6?

Sì, Conosco Carolina, da molti anni, avevamo già lavorato insieme in passato. Era l’attrice giusta per il film. Quindi ho scritto la sceneggiatura pensando a lei. È un’attrice generosa e molto professionale, è meraviglioso lavorarci insieme.

Hai usato un acting coach per aiutare i bambini a recitare?

No, eravamo una piccola troupe. Abbiamo usato la componente ludica, in fondo recitare può essere un gioco. Il piccolo protagonista Riccardo Bortoluzzi, poi era molto bravo e attento. Credo che per loro affrontare la paura sia stato divertente.

Ho trovato molto originale all’interno di un horror il personaggio interpretato da Andrea Lattanzi, che con le sue battute e la sua saggezza attenua a volte la tensione della protagonista.

Sono contenta perché questa è proprio una mia creazione. Mi sono ispirata al mio istruttore di pugilato. Di solito nei film dell’orrore questo ruolo viene ricoperto da un anziano, da una suora non vedente, io invece volevo che la verità venisse espressa da una figura popolare e simpatica. Quindi per Lattanzi ho avuto un vero colpo di fulmine. Dopo il suo provino non ho voluto incontrare nessun’altro. Ha questa capacità di essere profondamente romano, ma mai pesante o greve. È fresco, divertente e possiede una genuina ingenuità di fondo che adoro.

Le musiche, molto efficaci, sono di Motta, marito della Crescentini.

Ovviamente Carolina ha fatto da tramite. Francesco è un grande musicista è abbiamo lavorato molto bene insieme. È stato molto disponibile e mi ha insegnato molto. Siamo partita dalla Ninna Nanna e dovendo usarla in maniere diegetica è stata composta prima degli altri brani della colonna sonora.

Non ci sono moltissime registe di film horror, ma esiste secondo uno specifico sguardo femminile rispetto a questo tipo di cinema.

Se ci pensi, solitamente le donne sono spesso le protagoniste di questi film sovente come vittime, come incarnazioni della fragilità. Quindi sono stata stimolata a raccontare questa vicenda dall’interno. Ed è per questo che ho voluto inserire il tema della gravidanza. Certo il parto è la cosa più naturale del mondo, ma ha degli aspetti che possono spaventare.

Ho trovato alcune suggestioni argentiane in Letto N.6.

Sì, mi sono rivista molti film anche di Argento. Peraltro, con Dario ho condiviso la collaborazione con Sergio Stivaletti che ha realizzato la testa che cade all’inizio del film. Peraltro la testa è la mia: è stata una sorta di dichiarazione programmatica. Ho messo in scena il mio suicidio, quando giri un film ti sottoponi al giudizio di tutti. Scherzi a parte, quello che mi piace di Argento e anche dei Manetti è l’artigianalità. Abbiamo ridotto al mimino il computer graphic.

Il camei di Peppe Servillo e di G-Max come sono nati?

Peppe Servillo è un attore che gravita nel giro dei Manetti Brothers e si è prestato a questa partecipazione. Mi interessava rappresentare la vecchia nobiltà romana decadente e l’aspetto curiale con ironia e senza pregiudizi.

Lo stesso è successo per la breve apparizione di G-Max. In questo caso era un omaggio al mondo dei Manetti. Senza di loro non avrei mai esordito come regista. In questo ambiente se non sei parente di qualcuno o se non sei un autore, è complesso poter dirigere un film.

Infine, idee sul tuo prossimo film?

Sto scrivendo insieme ai Manetti (questa volta il soggetto è mio) un film sui serial killer. E’un tema che mi affascina. Vorrei capire che cosa scatta nella testa di un assassino seriale e perché. Nello specifico si tratterà di un serial killer ante-litteram che vive nel vecchio West.

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