Il Cinemaniaco Gianni Canova incontra Antonio Albanese

Cinema

Massimo Vallorani

In occasione dell’uscita al cinema del film Cetto c’è, senzadubbiamente, prodotto da Wildside e Fandango e distribuito da Vision Distribution a partire dal 21 novembre, Antonio Albanese è stato protagonista davanti alla platea dell’Università IULM di Milano, de "Il cinemaniaco incontra Antonio Albanese. GUARDA IL VIDEO INTEGRALE

C’è una strana malinconia negli occhi di Antonio Albanese. Guardandolo, osservandolo, appare un uomo calmo, posato che riflette sempre prima di parlare. Poi, basta metterlo davanti ad un pubblico ed ecco che si accende, come alimentato da una strana energia misteriosa. È la forza di un attore unico, capace, come e meglio di altri, di annusare l’aria di questa nostra Italia confusa e sperduta e poi magari costruirci sopra un film divertente e pieno di strabordante comicità. Siamo sicuri che così sarà anche con il suo nuovo film Cetto c’è, senzadubbiamente, terza disavventura – questa volta ambientata all'estero – del perverso imprenditore di Marina di Sopra. Prodotto da Wildside e Fandango, il film è scritto dallo stesso Albanese con Piero Guerrera e diretto da Giulio Manfredonia (nel cinema dal 21 novembre distribuito da Vision).

Ma chi è davvero Cetto, ovvero il politico più corrotto e scorretto del cinema italiano e perché aveva senso riportarlo per la terza volta sullo schermo? Albanese lo ha spiegato molto diffusamente al pubblico che affollava l’auditorium dello Iulm di Milano, ospite di Gianni Canova nella sua consueta rubrica Il Cinemaniaco incontra… “Non siamo solo autori – ha detto Albanese - siamo anche spettatori prima di tutto. Non volevamo semplicemente riportarlo al cinema, ma vederlo in veste originale. Per questo abbiamo aspettato una buona idea e ci sono voluti sette anni, ci sembrava più onesto presentare un Cetto più esaltante”. E ancora: “Cetto non nasce semplicemente perché ci diverte, ma prima di tutto per denunciare un certo tipo di politica oscena. Un’omofobia spaventosa, che trovo orribile e non viene mai denunciata come si deve. Prima di mettermi la parrucca mi vergogno sempre molto a interpretare un personaggio del genere”.

Dalle parole di Albanese si comprende come sia in atto uno strano paradosso: ovvero che la maschera di Cetto è diventata talmente affine alla realtà da assomigliarli sempre più e per certi versi addirittura essere superata. Ma quello che più inquieta è che questa deriva verso il basso, verso la normale accettazione di cose impensabili e impossibili da realizzare, non provochi minimamente nessuna reazione nell'Italia di oggi. Forse come dice lo stesso Albanese è che “la gente non pensa mai al domani ma solo all'immediato. Non è solo ignoranza, a tratti sembra pura cattiveria”.

Rimane al fondo di questi discorsi, la forza dirompente del cinema di Albanese che denuncia, ancora una volta, il sentimento di un Paese che sembra aver perso “i suoi tratti fondamentali”: quello della solidarietà verso gli altri, dell’altruismo, dell’etica del lavoro, della condivisione. Lo fa a suo modo, forse nel modo più difficile per un attore: facendoci ridere di noi e di quello che siamo diventati. E noi non possiamo che ringraziare Albanese e il suo alter ego Cetto per averci nuovamente e "indistintamente" fatto riaprire gli occhi.
 

 

 

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