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Teatro dell’Opera di Roma, il brindisi di fine anno con l'ultimo Don Chisciotte. VIDEO

Spettacolo

Il Teatro dell’Opera di Roma celebra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo anno con un brindisi augurale che ha coinvolto il Sovrintendente Francesco Giambrone, la direttrice della compagnia di ballo Eleonora Abbagnato, gli interpreti dello spettacolo e tutto il pubblico in sala

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Al Teatro dell’Opera di Roma, al termine dell’ultima recita del balletto Don Chisciotte si è celebrato la fine del vecchio e l’inizio del nuovo anno con un brindisi augurale che ha coinvolto tutti i presenti: il Sovrintendente Francesco Giambrone, la direttrice della compagnia di ballo Eleonora Abbagnato, gli interpreti dello spettacolo e tutto il pubblico in sala.

il “Don Chisciotte” in scena al Teatro dell’Opera di Roma 

È il tradizionale balletto delle festività natalizie, andato in scena anche la vigilia di Natale e di Capodanno. È ispirato al primo romanzo della letteratura europea, ambientato nel Siglo de Oro spagnolo. Segna il debutto al Teatro Costanzi di star internazionali della danza come Isabella Boylston, principal dell’American Ballet Theatre, e Osiel Gouneo. È Don Chisciotte, con la coreografia di Laurent Hilaire.


Tratto dal romanzo di Miguel de Cervantes, il balletto – già rappresentato due volte con successo a Roma – è presentato per la prima volta con i costumi disegnati da Francesco Zito. Le scene sono firmate sempre da Zito con Antonella Conte, mentre le luci sono curate da Vinicio Cheli. La partitura musicale di Ludwig Minkus è eseguita dall’Orchestra dell’Opera di Roma diretta da David Garforth.


Questa versione è il frutto di una lunga storia – dice il coreografo Hilaire, attuale direttore della Bayerisches Staatsballet – che nasce dal primo debutto del Don Chisciotte di Petipa andato in scena al Bol’šoj di Mosca nel 1869. Colui a cui tocca il compito di farlo rinascere adesso, nel presente, deve sì esprimersi per mezzo del linguaggio classico, ma senza immettere lo spettacolo nella rigida prigione di un codice che gli tolga respiro e comunicatività. Non si può utilizzare la tradizione come un vestito troppo stretto, impedendo all’opera di identificare una teatralità fresca e contemporanea”.

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