Stories, "Zero maschere, solo Renato". VIDEO

Spettacolo

Ospite del ciclo di interviste dedicate ai protagonisti dello spettacolo, è uno degli artisti più amati d'Italia. Dai ricordi di casa Fiacchini ai regali delle nipoti per i suoi 70 anni, Renato Zero si racconta al vicedirettore di Sky TG24, Omar Schillaci. Un viaggio tra i successi e i dolori. Appuntamento su Sky TG24, anche su Sky Arte sabato 17 aprile alle 13.30 e disponibile On Demand

È Renato Zero il protagonista del nuovo appuntamento di Stories (LO SPECIALE), il ciclo di interviste ai protagonisti dello spettacolo di Sky TG24. L’artista si racconta al vicedirettore di Sky TG24 Omar Schillaci in “Zero maschere, solo Renato”, in onda su Sky TG24, anche su Sky Arte sabato 17 aprile alle 13.30 e disponibile On Demand.

 

Per festeggiare con i suoi fan i suoi 70 anni, il cantante romano ha pubblicato il triplo album Zerosettanta, che contiene ben 39 brani inediti e i cui tre volumi sono stati pubblicati a distanza di un mese l’uno dall’altro. Un traguardo, quello del suo settantesimo compleanno, che non ha però cambiato il suo modo di guardare sempre avanti, al futuro: come regola di vita e professionale – ha spiegato - ho sempre cercato di utilizzare le nozioni che il passato mi ha elargito in funzione del fatto che il futuro deve essere una finestra aperta: tutto ciò che mi si parerà davanti deve comunque avere il gusto della sorpresa e della meraviglia. Per raccontare e rendere partecipi gli altri io devo essere il primo a meravigliarmi, a sorprendermi. A spingerlo, agli inizi della sua carriera (Renato Zero compie 70 anni: le foto di tutte le sue trasformazioniè stata una sorta di rivendicazione della propria presenza nel mondo. Ognuno di noi deve vantare la pretesa di voler diventare qualcuno, un po’ di ambizione è necessaria, aiuta la testa, l’idea, il rapporto con gli altri, trascinare anche l’ultimo in una parità di idee e di energie. E parlando della scelta di esibirsi con costumi folli, Zero ha detto: credo che una pelle non mi bastasse, allora ne ho indossate parecchie, poi tornerò alla pelle originale perché è una pelle che ha lavorato, è meno elastica di ieri, ma più robusta e consistente. 

una carriera nel segno dell’originalità

Una carriera decennale portata sempre avanti nel segno dell’originalità, in cui l’artista crede ancora e che apprezza anche negli altri: da qualunque parte arrivi, il coraggio va comunque premiato, io credo di essere stato premiato per il mio. Oggi la stravaganza brilla ancora, questi assoli, espressioni di entusiasmo brillano, e menomale, perché vuol dire che la gioventù è ancora sana, nella condizione di offrire il meglio di sé. Io premio ancora il coraggio, e sono il primo a farlo proprio perché il mio coraggio mi ha aiutato a riscattare quella parte di me che era dormiente, forse sarei finito pure sul lettino di un analista, se non avessi incontrato un pianoforte. Le critiche a fondo perduto  - ha spiegato poi - non mi interessano, anzi, mi disturbano. Io personalmente non critico mai, do quando è possibile, soprattutto ai giovani, il confronto di far sentire loro che sono un alleato, non un detrattore. Credo che la carezza, nella maggior parte dei casi, vinca sullo schiaffo. Io gli schiaffi li ho presi, però li ho anche dati, ma in un’altra forma.

tra ricordi d'infanzia e aneddoti

 

Nel lungo colloquio, spazio anche agli aspetti più personali della vita dell’artista, che racconta così la sua esperienza di nonno di due splendide nipotine: diventare padre, tutto sommato, anche se in una forma un po’ tardiva, è successo, diventare nonno era proprio di là da venire, non avrei mai sospettato di voltarmi e capire che il nonno ero io. Devo dire che, se mio figlio avesse voluto mai ricompensarmi, se mai fosse stato necessario, lo ha fatto regalandomi queste due bimbe che sono veramente due gioielli. E ancora i ricordi d’infanzia, in una famiglia numerosa ma molto unita: casa Fiacchini era molto piccola – ha raccontato sorridendo -, per cui ci incontravamo sempre. C’erano le mie tre sorelle più grandi di me, io, mio padre e mia madre, poi dieci anni dopo nacque anche mio fratello. I metri quadrati erano circa una settantina, per cui non c’era pericolo di perdersi. Questo aiutava i rapporti, non favoriva però la libertà individuale, c’era la fila al bagno per lavarsi i denti. Questo era un pochino l’impedimento, ma si impara ad amare lo spazio molto di più quando si è stati così stretti.

 

Tra gli aneddoti, anche quello di un difficile concerto nel giorno della vigilia di Natale del 1973, quando si ritrovò a cantare per un solo spettatore: fu una prova attitudinale molto forte – ha spiegato l’artista -. Per il direttore del Folk Rosso non era possibile che mi esibissi davanti a uno spettatore e mi chiese se potevamo rimborsare il biglietto e io sarei tornato a casa. Io però insistetti perché quella sera, era il 24 di dicembre, avevo salutato la mia famiglia adducendo che andavo a lavorare, non potevo permettermi il lusso di tornare a casa. Costrinsi il gestore a farmi esibire e credo di aver superato una delle prove più difficili della vita professionale, perché è veramente difficile cantare per un solo spettatore. Però la sera successiva feci di nuovo lo spettacolo al Folk Rosso e quel signore venne con venti persone.

 

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