Identificato il primo animale che si è evoluto perdendo parti inutili

Scienze
Rappresentazione artistica del Facivermis (Franz Anthony)

Si chiama Facivermis ed è vissuto 518 milioni di anni fa. La scoperta si deve ai ricercatori dell’Università britannica di Exeter  

Si chiama Facivermis ed è una creatura simile ai vermi, caratterizzata da un corpo allungato e da una testa in prossimità della quale si diramano cinque paia di zampe spinose.
Vissuto 518 milioni di anni fa, è il primo animale che si è evoluto perdendo delle parti del corpo che non gli servivano.
La scoperta si deve a un team di ricercatori dell’Università britannica di Exeter, coordinato da Richard Howard, che a 30 anni dal ritrovamento del fossile ha fatto luce sulla storia evolutiva di Facivermis.

Lo studio nel dettaglio

Per compiere lo studio, pubblicato sulla rivista specializzata Current Biology, gli esperti hanno studiato il fossile di Facivermis, scoprendo che rientrava nella famiglia dei lobopodi, ma che si era differenziato dal gruppo evolutivo di appartenenza perdendo gli arti inferiori.
L’animale, infatti, viveva ancorato sul fondo del mare ed era dotato di una sacca tubolare caratterizzata da un’estremità simile a un bulbo incastonata nel terreno e da una parte fluttuante nell’acqua dalla quale si diramavano una testa e delle zampe spinose.
"La maggior parte dei suoi parenti aveva da tre a nove serie di zampe per muoversi, ma i nostri risultati suggeriscono che Facivermis vivesse ancorato al fondale. In questo modo i suoi arti inferiori non erano utili e nel tempo la specie ha smesso di averli. Gli arti superiori invece gli servivano per filtrare il cibo dall'acqua”, ha spiegato Richard Howard, coordinatore dello studio.

Facivermis: tra i lobopodi e i vermi senza zampe

I risultati dello studio suggeriscono che probabilmente Facivermis è stato l’animale di transizione che ha guidato lo sviluppo dei vermi senza zampe.
"Conosciamo questa specie da circa 30 anni, ma solo ora abbiamo compreso quale era il suo posto nell'albero evolutivo" ha spiegato Xiaoya Ma, esperto dell’Università cinese di Yunnan. "Studi come questo ci aiutano a comprendere la forma dell'albero della vita e a capire da dove provengono gli adattamenti che vediamo ora nelle specie”.  

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