Coronavirus, Garattini: Il vaccino potrebbe essere pronto entro la fine del 2020

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Ansa)

Secondo il presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano, la produzione potrebbe iniziare tra dicembre e febbraio. Nel frattempo, un vaccino messo a punto dai ricercatori dell’Università di Pittsburgh ha superato con successo la fase della sperimentazione animale

Secondo Silvio Garattini, presidente dell'Istituto Mario Negri di Milano, è possibile che entro la fine del 2020 possa iniziare la produzione di un vaccino contro il Covid-19 (segui la DIRETTA di Sky TG24). “È probabile che il vaccino possa essere pronto entro la fine dell’anno, cioè che tra dicembre e febbraio prossimi si concluda tutto il processo di sperimentazioni necessario per poter iniziare la produzione”, spiega Garattini. “Stando a quello che si legge, sembra che Israele e l’Olanda siano giù avanti da questo punto di vista, e abbiano iniziato le sperimentazioni sull’uomo”. Come spiega l’esperto, i due Paesi avevano iniziato a lavorare a un vaccino sui coronavirus ancora prima dell’inizio della pandemia. È proprio partendo dalle ricerche svolte nel corso delle precedenti epidemie di Sars e Mers che i ricercatori dell’ University of Pittsburgh School of Medicine sono riusciti a mettere a punto, sotto la guida di Andrea Gambotto e Louis Falo, un vaccino contro il Covid-19 che da poco ha superato con successo la fase della sperimentazione animale.

Lo sviluppo del vaccino

Nel corso dei test condotti, il vaccino si è rivelato in grado di produrre antibiotici specifici per il nuovo Coronavirus Sars-CoV-2 in quantità ritenute sufficienti a neutralizzare il virus. I risultati ottenuti nel corso della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista di settore EBioMEdicine. “Abbiamo lavorato in passato con l’epidemia di Sars-CoV nel 2003 e MersCoV nel 2014”, spiega Andrea Gambotto, coautore senior dello studio. “Questi due virus, strettamente connessi a Sars-CoV-2, ci insegnano che una particolare proteina, chiamata Spike, è importante per indurre l’immunità contro il virus. Sapevamo esattamente dove combattere questo nuovo virus”, aggiunge il ricercatore. “Ecco perché è importante finanziare la ricerca sui vaccini. Non si sa mai da dove arriverà la prossima pandemia”, sottolinea Gambotto. Louis Falo, il direttore del Dipartimento di Medicina dell’Università di Pittsburgh, spiega che il rapido sviluppo del vaccino è stato reso possibile dalla collaborazione tra scienziati con competenze in diverse aree di ricerca.

La somministrazione del vaccino

Il vaccino messo a punto presso l’Università di Pittsburgh, noto come PittCoVacc (abbreviazione di Pittsburgh CoronaVirus Vaccine), utilizza dei frammenti di proteine virali creati in laboratorio per consentire all’organismo di sviluppare l’immunità al virus: si tratta dello stesso processo alla base dei vaccini antinfluenzali. Per aumentare la potenza del vaccino, i ricercatori utilizzano un cerotto dalle dimensioni di un polpastrello con 400 micro-aghi, composti interamente di glucosio, per somministrare dei frammenti della proteina spike attraverso la cute, dove la reazione immunitaria è più forte. Falo, spiega che il team di ricerca ha sviluppato questo approccio innovativo badandosi sul metodo di scarificazione usato originariamente per somministrare il vaccino antivaiolo. “È abbastanza indolore: il paziente prova una sensazione simile a quella del velcro sulla pelle”.

I futuri test sull’uomo

Il sistema di somministrazione messo a punto dai ricercatori offre numerosi vantaggi in termini di scalabilità. I frammenti di proteina, per esempio, sono realizzati da una cell factory con vari strati di cellule coltivate per esprimere la proteina spike, che possono essere ulteriormente accatastati per moltiplicarne la resa. È possibile effettuare la purificazione della proteina su scala industriale. Un altro vantaggio è che, una volta prodotto, il vaccino può restare a temperatura ambiente fino al suo utilizzo, eliminando la necessità di refrigerazione durante le fasi di trasporto e stoccaggio. “Per la maggior parte dei vaccini non è inizialmente necessario affrontare la questione della scalabilità, ma quando si tenda di sviluppare in fretta un vaccino contro una pandemia, questa assume un’importanza cruciale”, spiega Gambotto. I ricercatori spiegano che durante la sperimentazione sugli animali, il vaccino è stato testato sui modelli murini e si è dimostrato in grado di generare una grande quantità di anticorpi contro il coronavirus Sars-CoV-2 entro due settimane dalla sua somministrazione. Questi risultati hanno spinto gli autori dello studio a presentare la richiesta di approvazione di nuovo farmaco sperimentale (IND) alla Food and Drug Administration in previsione di iniziare uno studio clinico di fase I sull'uomo nei prossimi mesi. “Solitamente, i test clinici sui pazienti richiedono almeno un anno”, spiega Falo. “Stiamo vivendo una situazione nuova e senza precedenti, dunque non sappiano quanto tempo richiederà il processo di sviluppo clinico. Tuttavia, le recenti revisioni ai normali processi ci suggeriscono la possibilità di un avanzamento rapido. “Speriamo di fare la fase I della sperimentazione in brevissimo tempo, anche il mese prossimo”, auspica Gambotto. “In 6-8 settimane puoi avere indicazioni di efficacia, quando si tratta di un vaccino già pochi volontari bastano per vedere se c’è una risposta immunitaria”.

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