Sindrome di Down, possibili trattamenti prenatali dalla terapia genica

Salute e Benessere
Cellule staminali (Ansa)

In un nuovo studio, un gruppo di ricercatori si è concentrato sul ruolo del gene Olig2 del cromosoma 21: inibirlo potrebbe aiutare ad annullare l’anomalia nello sviluppo embrionale del cervello 

Già testata con efficacia su altri problemi o patologie, la terapia genica potrebbe rappresentare una chiave per trovare in futuro un trattamento per la sindrome di Down prima della nascita. L’intuizione appartiene ai ricercatori dell’Università di Rutgers, negli Stati Uniti, che hanno utilizzato le cellule staminali per creare due modelli sperimentali di cervello allo scopo di focalizzarsi su quei processi dello sviluppo cerebrale che sono associati con la condizione genetica. I risultati del lavoro del team statunitense sono stati pubblicati sulla rivista Cell Stem Cell e aprono in futuro a possibilità per una terapia genica che impedisca uno sviluppo anormale del cervello a livello prenatale.

Un gene del cromosoma 21 come bersaglio terapeutico

I ricercatori hanno sviluppato due modelli differenti: il primo è un organoide vivente 3D, che riproduce il cervello umano in miniatura, mentre il secondo è il cervello di un topo nel quale sono state impiantate cellule umane. Se i neonati sani nascono normalmente con 46 cromosomi, i bambini con la sindrome di Down presentano alla nascita una copia extra del cromosoma 21. Durante il lavoro, i ricercatori si sono concentrati in modo particolare sul gene Olig2 presente in questo cromosoma, che secondo Peng Jiang, tra gli autori dello studio, sarebbe “potenzialmente un eccellente bersaglio terapeutico prenatale per cancellare lo sviluppo embrionale anormale del cervello".

I due modelli di cervello

Per realizzare i modelli utilizzati, i ricercatori hanno ottenuto cellule di pelle da persone con la sindrome di Down, riprogrammandole per farle diventare staminali in grado di svilupparsi in diversi tipi di cellule. Ciò ha permesso al team di ottenere colture di cellule immature con una copia in più del cromosoma 21, fattore che influenza lo sviluppo del corpo e del cervello di un bambino. Queste cellule sono poi state utilizzate per realizzare l’organoide, simile al cervello umano in fase di sviluppo e, allo stesso tempo, impiantate in topi nati da appena un giorno. In entrambi i casi, i ricercatori hanno osservato un’eccessiva produzione di neuroni inibitori, cruciali per il funzionamento del cervello, responsabili della memoria indebolita che caratterizzava i topi adulti. Inoltre, il ruolo giocato dal gene Olig2 si è rivelato fondamentale, poiché inibendolo il team è riuscito a provocare dei miglioramenti nello sviluppo cerebrale. Combinare entrambi i modelli, spiegano gli autori, potrebbe risultare utile anche per lo studio di altri disturbi neurocognitivi come l’autismo, oltre che per capire più nel dettaglio i meccanismi dell’Alzheimer.

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