Gender Confidence Gap: ecco perché le bambine non credono in loro stesse (e cosa possiamo fare noi genitori)

Salute e Benessere

Virginia Di Marco

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Madri e Figli

Le ricerche dimostrano che bambine, ragazze e donne credono meno nelle proprie capacità rispetto agli uomini. Ma c'è un modo per aumentare l'autostima delle nostre figlie. 

Studi numerosi stanno facendo emergere con chiarezza sempre maggiore quello che in gergo si chiama il gender confidence gap.

In poche parole, le donne tendono a credere meno in loro stesse rispetto agli uomini.

Altri studi, come questo dell’università di Melbourne, hanno dimostrato che per avere successo credere in se stessi conta almeno quanto, se non addirittura di più, delle effettive competenze che si hanno.

Fate 2 + 2 e tirate le somme…

Il Gender Confidence Gap è un risultato della cultura educativa dominante.

Per questo, negli ultimi anni dagli Stati Uniti sono partite campagne di sensibilizzazione - che hanno raggiunto e influenzato anche l’Europa e l’Italia - il cui obiettivo è quello di rivoluzionare il modo in cui il mondo considera donne e ragazze. Ma sopratutto il modo in cui donne e ragazze considerano se stesse.   

Qualcuno di voi avrà visto il video “I’m not bossy. I’m the boss” in cui Beyoncé e altre celebrities incoraggiano le ragazze ad assumere il ruolo di leader.

Qualcun altro avrà forse sentito parlare di Sheryl Sandberg, il direttore operativo di Facebook, e prima ancora geniale dirigente di Google, e della sua organizzazione Lean In.

L’obiettivo di Lean In è quello di aumentare la consapevolezza e la fiducia in sé di donne e bambine. Letteralmente “Lean In” significa “Fatevi avanti”: un invito a cambiare l’atteggiamento e la traiettoria sociale delle donne.

Se si hanno figlie femmine, come nel caso della sottoscritta, bisogna iniziare presto a lavorare su questo aspetto, tramite rinforzi positivi.

Gender Confidence Gap: come contrastarlo?

Come evidenzia questo articolo pubblicato da Forbes, già all’età di 6 anni le bambine hanno assimilato la convinzione di non essere intelligenti quanto i loro coetanei maschi. La scarsa fiducia in sé si consolida con il tempo e influenza negativamente le scelte di vita delle ragazze.

Dal percorso di studi, alle scelte di carriera, alla paga e ai posto di lavoro che vengono loro offerti: tutto questo - e molto altro ancora - risente del gender confidence gap.

D’altronde, se tu non credi in te stessa, chi ci crederà?

La mancanza di autostima nelle donne è sempre meglio documentata.

Già nel 2011 l’Istituto britannico di Leadership e Management ha realizzato una ricerca su quanto i manager sia sentano sicuri di sé sul lavoro.

Cos’è venuto fuori?

La metà delle donne ha dichiarato di avere dubbi sulle proprie capacità. Dubbi che affliggono meno di un terzo degli uomini intervistati, i quali in maggioranza ritengono di essere molto bravi e competenti nel proprio lavoro. 

Un grande classico poi è quello per cui le ragazze non sono portate per le materie scientifiche.

Secondo dati del Miur, solo il 35% degli iscritti a facoltà STEM (acronimo per scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) è di sesso femminile.

Una percentuale che crolla ulteriormente (15,2%) se si tiene conto solo delle scienze tecnologiche e informatiche.

Tanto che lo scorso governo aveva previsto di abbuonare le tasse universitarie per incoraggiare le studentesse a intraprendere questo percorso. 

A riguardo, vi segnalo questo articolo scientifico realizzato dall’Università di Cagliari che ho trovato su researchgate.net. Come potrete leggere, l’articolo analizza i risultati dell’iniziativa Pink Cloud (“nuvola rosa”) lanciata qualche anno fa da Microsoft Italia per aumentare e migliorare le competenze ITC di ragazze del liceo e universitarie, lavorando al contempo sulla loro autostima.

Ma soprattutto l'autrice dell'articolo, Clementina Casula, inserisce un concetto interessante: quello di “approccio tecnofemminista” alle STEM.

Se vi state chiedendo che cosa potete fare in concreto come genitori per aiutare vostra figlia a credere in se stessa, un suggerimento che personalmente ho trovato molto convincente è questo: insegnate alle bambine a essere coraggiose, non a essere perfette.   

Il consiglio arriva direttamente da Reshma Saujani, fondatrice di Girls Who Code, organizzazione non-profit dedicata alle ragazze programmatrici (figure quasi mitologiche).

E coglie nel segno.

Cosa sono infatti i dubbi sulle proprie capacità, la scarsa autostima se non l’altra faccia del perfezionismo che affligge la maggior parte delle donne?

In questo gustosissimo TEDTalk, Saujani invita “ciascuno di noi a incoraggiare ogni giovane donna che conosce di sentirsi a proprio agio con le proprie imperfezioni”.

Direi che potremmo iniziare proprio dalle nostre figlie.

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