Postare online gli insuccessi sociali dei figli. Una buona idea?

Salute e Benessere

Virginia Di Marco

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Madri e Figli

Ha senso postare la tristezza e le condizioni dolorose dei nostri figli sui social? Ogni tanto, sì. Ecco le storie di Teddy e Jackson. 

In questi giorni su social e giornali italiani sono arrivate due storie che al centro hanno due bambini - entrambi americani ed entrambi in difficoltà, seppure per motivi profondamente diversi - e i loro rispettivi genitori. Che, in ambedue i casi, hanno deciso di utilizzare i social per denunciare lo stato di disagio dei propri figli. 

Due storie che ci danno occasione di riflettere su un tema delicato: ha senso raccontare gli insuccessi e le sofferenze dei propri figli postando foto online?  

La storia di Teddy.

Il primo bambino, Teddy, 6 anni, è stato lasciato solo dai compagni nel giorno del proprio compleanno.  

La mamma lo ha fotografato seduto alla lunga tavolata vuota, prenotata in una pizzeria, per accogliere i 32 amichetti che non si sono presentati.

Poi la mamma ha inviato la foto a un amico giornalista, lui l’ha postata sui social e l’immagine è diventata virale. Migliaia di persone hanno fatto i loro auguri a Teddy - tra loro, anche il nostro ministro dell’Interno, Matteo Salvini - e i Phoenix Suns, un’importante squadra di basket americana, ha inviato a Teddy, come regalo di compleanno, i biglietti per una partita.

Ma se tutti hanno simpatizzato con Teddy, in tantissimi hanno anche criticato la scelta di sua madre.

Era proprio necessario far circolare quella foto, in cui un bambino di 6 anni siede sconsolato in mezzo a pizze fredde che nessuno mangerà?

La sua sofferenza, la sua umiliazione avevano davvero bisogno di essere esposte al megafono social?

La storia di Jackson Bezzant.

La seconda storia ci parla invece di un altro bambino, e di suo padre.

Jackson vive in Idaho e ha quasi 8 anni. È affetto dalla sindrome di Treacher Collins: una condizione che influenza lo sviluppo delle ossa e dei tessuti del volto (per capirci, la stessa di cui soffre il bimbo protagonista del film Wonder). 

Lo scorso 14 settembre Dan, il papà di Jackson, ha postato una foto del volto di suo figlio, accompagnata da questo messaggio:

“Il mio cuore è in pezzi in questo momento… Mi sento come se mi stessero strappando l’anima dal petto… Questo bell’ometto, mio figlio Jackson, deve sopportare un fuoco costante di commenti denigratori e un’ignoranza che io non ho mai visto prima. I suoi compagni di scuola lo chiamano brutto, scherzo della natura, mostro tutti i giorni. Parla di suicidio… e non ha ancora 8 anni! Dice di non avere amici e che tutti lo odiano. I bambini lanciano pietre contro di lui e lo spingono gridando queste orribili parole, per favore, prenditi un minuto e immagina se questo fosse tuo figlio. Prenditi un minuto per istruire i tuoi figli sui bisogni speciali. Parla loro della compassione e dell’amore per il nostro prossimo. La sua condizione si chiama Treacher Collins. Potete anche cercare. Ha subito un intervento orribile e ne ha molti altri nei prossimi anni. Ad ogni modo, potrei andare avanti… Ma per favore educa i tuoi figli”.

Anche stavolta il messaggio è diventato virale: in tanti hanno scritto a Dan e a suo figlio, tra cui anche compagni di scuola e di quartiere di Jackson, che vogliono conoscerlo, diventare suoi amici, proteggerlo dai soprusi.

Stavolta, nessuno ha criticato Dan.

Eppure, anche qui una sofferenza di bambino è stata esposta, rilanciata, fatta conoscere al mondo intero tramite i social.

C’è differenza tra le due storie?

Postare online foto dei propri figli in difficoltà: è giusto?

La differenza è che, nel caso di Teddy, il compleanno può essere andato male per svariati motivi. Da quanto emerge dalla storia raccontata dalla stessa madre, nessun invitato aveva confermato la propria presenza. E dunque, si sono chiesti in molti, perché esporre il proprio figlio al rischio - poi concretizzato - di sedersi a una tavola vuota?

Insomma, il sospetto avanzato da tanti, è che la madre di Teddy si sia preoccupata più di fare clamore piuttosto che di preservare il figlio da un fallimento.

Non sarebbe certo il primo genitore a usare una foto personale del proprio bambino per arrivare a questo obiettivo. 

Nel caso di Jackson, invece, quello di papà Dan è stato un appello pubblico all’empatia e al rispetto.

Per questo nessuno lo ha criticato.

Perché, condividendo la dolorosa condizione di suo figlio online, questo papà ha dato a tutti un’occasione di crescere, di diventare un pochino migliori di quello che siamo.

Sono pochi i casi in cui condividere sui social la foto di un bambino - sopratutto di un bambino in una situazione difficile - è davvero una buona idea.

Il caso di Jackson rientra, decisamente, nel novero.  

 

 

 

 

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