Caso Orlandi, il verbale: “Emanuela rapita da mio figlio su ordine di De Pedis”

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Ad affermarlo è Salvatore Sarnataro, interrogato dagli investigatori in qualità di testimone. “È una cosa vecchia e abbastanza scontata, dibattuta più volte durante l'inchiesta. Tuttavia, è una cosa positiva perché, secondo me, da quei personaggi può uscire fuori qualcosa”, ha commentato Pietro Orlandi, fratello della ragazza scomparsa nel 1983

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Ci sarebbe anche Marco Sarnataro tra i membri del commando che nel giugno 1983 rapì Emanuela Orlandi. Ad affermarlo, in un verbale, è il padre Salvatore Sarnataro interrogato dagli investigatori in qualità di testimone. Nel racconto dell’uomo, già noto alla giustizia, è contenuta la confessione del figlio il quale avrebbe agito per ordine di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana.

Il verbale di Sarnataro

"Dopo aver lungamente riflettuto ho deciso di riferire quanto appreso da mio figlio Marco alcuni anni fa in relazione alla vicenda di Emanuela Orlandi. Poco tempo dopo il sequestro, ricordo che eravamo a Regina Coeli sia io che mio figlio (accusati per spaccio e detenzione di armi, ndr). Quest'ultimo durante l'ora d'aria mi confessò di aver partecipato al sequestro della Orlandi: mi disse che per diversi giorni, sia lui che 'Ciletto' (Angelo Cassani, ndr) e 'Giggetto' (Gianfranco Cerboni, ndr), pedinarono Orlandi per le vie di Roma su ordine di Renato De Pedis, da loro chiamato il 'Presidente'. Mio figlio mi disse che dopo averla pedinata per alcuni giorni, ebbero da De Pedis l'ordine di prelevarla", è quanto si legge nel verbale reso ai poliziotti da Salvatore Sarnataro a ottobre 2018 e pubblicato da Repubblica.

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Il racconto del rapimento

Nel racconto dell'uomo, già noto alla giustizia, la confessione resa dal figlio morto un anno prima. "Marco mi riferì che l'avevano fatta salire su una Bmw berlina a piazza Risorgimento ad una fermata dell'autobus. La ragazza - disse allora Sarnataro ai poliziotti - salì sulla macchina senza problemi. Almeno questo mi raccontò Marco. Mio figlio mi disse che erano stati sempre loro a prelevare la ragazzina non mi specificò se erano tutti e tre. Di certo c'era Marco e uno tra 'Giggetto' e 'Ciletto', però potevano essere anche tutti e tre perché Marco usò l'espressione 'l'abbiamo presa'. Quindi la condussero al laghetto dell'Eur dove li stava aspettando Sergio, che era l'autista e uomo di fiducia di De Pedis". "Stando al racconto di Marco, sia la ragazza che l'autovettura vennero prese in consegna da Sergio. Venni a sapere poi che mio figlio, per questa cortesia, ebbe in regalo una moto Suzuki 1100. Non mi ricordo se Marco mi disse chi gli avesse dato la moto, se Raffaele Pernasetti (esponente di spicco della Banda della Magliana, ndr), oppure un'altra persona. Io non so davvero perché Marco decise di raccontarmi del suo ruolo nel sequestro dell'Orlandi, io compresi subito che stava passando un periodo di paura".

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Pietro Orlandi: “Da quei personaggi può uscire qualcosa”

"Mi ha davvero stupito l'attenzione intorno al verbale di Sarnataro, è una cosa vecchia e abbastanza scontata, dibattuta più volte durante l'inchiesta. Tuttavia, è una cosa positiva perché, secondo me, da quei personaggi può uscire fuori qualcosa. Io da quando hanno archiviato non faccio altro che raccogliere documenti", ha detto Pietro Orlandi commentando all'Adnkronos la pubblicazione del verbale. "Capaldo ci credeva tantissimo a quelle dichiarazioni - spiega Pietro Orlandi - poi quando il procuratore di Roma Pignatone gli ha tolto l'incarico, venne archiviato. Lo stesso Pignatone, ora presidente del tribunale vaticano, in quella richiesta di archiviazione, dice che c'erano elementi indiziari che avevano avuto un riscontro sul ruolo di alcuni elementi della Banda della Magliana nel sequestro di Emanuela, ma invece di approfondirli fu deciso di archiviare tutto".

"Sono sempre stato convinto che, non la Banda della Magliana, ma De Pedis abbia avuto un ruolo di manovalanza nel sequestro e che si sia avvalso di persone tra quelle citate da Sarnataro. Anche se poi i mandanti sono ben altri. Con l'avvocato stiamo raccogliendo una serie di documenti importanti - conclude - e spingendo presso la procura vaticana per condividere con loro le prove che abbiamo adesso a disposizione".

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