Luca Tacchetto arriva a Roma, dopo 15 mesi di prigionia
LazioSequestrato il 16 dicembre 2018 in Burkina Faso assieme alla compagna canadese Edith Blais, è sbarcato questa notte a Ciampino. "Siamo stati trattati bene. Non ci hanno mai minacciato con le armi", ha raccontato il ragazzo a pm e carabinieri
Questa notte è atterrato all'aeroporto di Ciampino a Roma, Luca Tacchetto, sequestrato il 16 dicembre 2018 in Burkina Faso assieme alla compagna canadese Edith Blais. Lo riferisce la Farnesina. Ad attenderlo, tra gli altri, il capo dell'Unità di Crisi della Farnesina che è stata al fianco della famiglia negli ultimi 15 mesi. (LA VICENDA - LA LIBERAZIONE)
"Siamo stati trattati bene e mai minacciati con le armi"
Tacchetto è stato ascoltato dal pm di Roma Sergio Colaiocco e dai carabinieri del Ros a cui ha raccontato di essere stato "trattato bene. Non ci hanno mai minacciato con le armi, mangiavamo tutti i giorni anche se poco. Il sequestro è stato messo in atto da un gruppo che si è autodefinito jihadista vicino ad Al Qaeda. Per come ci hanno trattato credo fosse un gruppo esperto, abituato a gestire situazioni del genere. I nostri carcerieri ci hanno detto, qualche giorno fa, che in Italia c'erano dei problemi senza specificare che si trattava del Coronavirus".
Il rapimento
Il giorno del rapimento, Tacchetto era in viaggio con la sua compagna. I due erano partiti dall'Italia in auto, avevano percorso le strade della Francia e della Spagna ed erano scesi in Marocco. Da qui si erano mossi verso il Burkina Faso, ma la destinazione finale era il Togo, paese in cui Tacchetto avrebbe cominciato a lavorare a breve. "Siamo stati fermati poco lontano del Parco Nazionale 'W', che si trova tra il Burkina Faso, Benin e il Togo - ha spiegato il 30enne -.A bloccarci un gruppo di sei Mujaheddin: abbiamo camminato per settimane, anche a bordo di auto, moto e di una pagoda. Siamo stati portati, nel gennaio del 2019, nell'area desertica del Mali dove siamo rimasti per tutto il tempo del sequestro. Per un periodo io e la mia fidanzata siamo stati divisi, poi però quando lei ha cominciato a stare male ci hanno riuniti. Ogni tanto effettuavamo dei trasferimenti, ma restando sempre nella stessa area".
Il racconto della fuga
"La sera del 12 marzo abbiamo notato che il gruppo dei nostri carcerieri si era allontanato da noi per dormire e ne abbiamo approfittato per scappare", ha spiegato Tacchetto. "Ci siamo fabbricati delle scarpe di fortuna con gli stracci di alcuni indumenti e abbiamo camminato per tutta la notte. Abbiamo raggiunto una 'pista' stradale e abbiamo continuato a camminare per ore. Poi abbiamo fermato un camion che passava che ci portati ad una base militare".