Uccise i figli mentre era a Rebibbia: chiesta l'assoluzione

Lazio
Il carcere di Rebibbia (ANSA)

Nel settembre 2018 Alice Sebesta scaraventò dalla tromba delle scale della sezione nido della prigione i suoi due figli. Il pm ha chiesto l'assoluzione per vizio totale di mente

Il pm Eleonora Fini ha chiesto l'assoluzione per vizio totale di mente di Alice Sebesta, la detenuta tedesca che il 18 settembre dello scorso anno scaraventò i due figli, uccidendoli, dalle scale della sezione nido del carcere di Rebibbia a Roma. La bimba di 6 mesi morì sul colpo, il maschietto, di poco più di due anni, morì qualche giorno dopo. La richiesta è arrivata durante il processo con rito abbreviato che si sta svolgendo davanti a Gup, Anna Maria Govoni.

La perizia psichiatrica

Lo psichiatra Fabrizio Iecher sarà presente in aula per relazionare in merito all'attuale stato di salute della donna e sul suo grado attuale di pericolosità sociale. Era stato lo stesso Iecher che all'esito dei suoi accertamenti medici legali, a stabilire che Sebesta fosse affetta da "un disturbo schizoaffettivo di tipo bipolare" e al momento dei fatti "era totalmente incapace di intendere ma sufficientemente in grado di volere".

Prossima udienza fissata a metà dicembre

Il gup ha fissato per il 17 dicembre prossimo l'udienza per la discussione della difesa e la camera di consiglio che porterà alla decisione. Nelle more, però, un'ulteriore udienza è stata calendarizzata: il 19 novembre, infatti, il perito psichiatra Iecher relazionerà in aula sull'attualità della pericolosità sociale della donna, attualmente ospite al Rems di Castiglione delle Stiviere (Mantova). 

L'omicidio

Il 18 settembre 2018 la donna, dopo aver aspettato che le altre detenute si mettessero in fila per il pranzo, si avvicinò alle scale della sezione nido del carcere di Rebibbia e scaraventò giù dalla tromba delle scale i suoi due figli.

Le tappe del processo

"Sono una buona madre, sono consapevole di quello che ho fatto. Volevo liberare i miei figli, avevo paura della mafia e li volevo proteggere. Ero impaurita dalle cose che leggevo sui giornali", disse Sebesta durante l'interrogatorio di convalida dell'arresto. La vicenda nel tempo si è arricchita di alcuni passaggi importanti. Innanzitutto fu fissato un incidente probatorio al fine di valutare le capacità d'intendere e volere della donna, nonché la sua pericolosità sociale. Gli esiti della prima perizia furono che la donna era da considerarsi capace d'intendere e volere al momento del fatto, anche in considerazione della "deliberata assunzione di sostanza stupefacente in dose massiva per un mese prima del fatto reato". Conclusione, questa, che andava in direzione opposta a quella cui era giunto il consulente del Pm che si era espresso per la totale incapacità. A inizio anno, la Procura chiese e ottenne dal Gip di sostituire il perito in questione. E si arrivò alla nomina dello psichiatra Iecher, il quale concluse che Sebesta "è affetta da un disturbo schizoaffettivo di tipo bipolare" e al momento dei fatti "era totalmente incapace di intendere ma sufficientemente in grado di volere". Insomma due perizie contrastanti. Ora la parola passa al giudice.  

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