Bankitalia, il governo e le conseguenze del decretone

Politica

Massimo Leoni

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La recessione tecnica probabile. La previsione di una crescita dello 0,6% nel 2019. Se via Nazionale ha ragione, sarà quasi impossibile evitare una manovra correttiva. E difficile che reddito di cittadinanza e quota cento facciano aumentare l'occupazione. 

I dati sul reddito 2018 e le previsioni sul 2019 della Banca d'Italia rovinano il clima di festa del governo all’indomani del varo del "decretone" su reddito di cittadinanza e quota 100. Non che prima non ci fossero dubbi sull’efficacia e l’opportunità del provvedimento, ma i nuovi numeri spingono a porre l’attenzione sui rischi, dopo che Conte, Di Maio e Salvini – legittimamente - ne hanno evidenziato le opportunità, con quel pizzico di trionfalismo (“in venti minuti abbiamo rivoluzionato il welfare italiano”, Di Maio) senza il quale ogni annuncio sembra – ahimè – privo di interesse.

Il bollettino economico di via Nazionale dice due cose: che è molto possibile – quindi probabile – che il dato sul pil dell’ultimo trimestre del 2018 sia negativo e che quindi l’Italia si ritrovi in recessione tecnica. Poi, che le previsioni per il 2019 sono ben lontane dall’1% indicato dal governo nel def e nella legge di bilancio (ancora all’inizio di dicembre su quella casella c’era ancora scritto +1,9%, sic!). La crescita per l’anno in corso, stima l’Istat, sarà dello 0,6%.

Questo accresce due rischi legati al decretone: uno che riguarda l’equilibrio dei conti; l’altro, l’effetto atteso delle misure. Provo a farla semplice: il ricorso all’indebitamento previsto per il 2019 – se le spese preventivate restano uguali – sarà superiore al 2,04% e quindi andrà corretto, via riduzione delle spese (e tra queste, quelle per il rdc e per quota 100) o aumento delle entrate (più tasse) che andranno scritte in una manovra correttiva di cui nessuno al governo vuole sentir parlare. La prospettiva però è realistica e, se a palazzo Chigi incrociano le dita, c’è da scommettere che Tria – è il suo mestiere - stia già pensando alle possibili contromisure. L’altro aspetto: il governo ha insistito molto, nelle settimane di scrittura del decretone, sull’impatto positivo sull’occupazione di entrambi i provvedimenti. Da una parte la nuova architettura dei centri per l’impiego e gli stretti paletti per l’erogazione del reddito di cittadinanza, dall’altra il turn over tra pensionandi e giovani in cerca di occupazione dovrebbero aumentare l’occupazione e diminuirne l’età media. Ma il fatto è che questi effetti positivi, in presenza di una congiuntura negativa – di recessione o stagnazione – diventano una scommessa molto rischiosa. L’occupazione– è stato sempre e autorevolmente sostenuto – non si crea per decreto. E neanche per decretone. In un mercato che si contrae, le aziende non domandano lavoro solo perché il governo le invita ad assumere giovani in difficoltà economica o a scambiare pensionandi con personale giovane, dinamico, nativo digitale. Se sarà così, l’unica valenza delle due misure sarà quella sociale. Benvenuta, importante, forse necessaria. Ma non esente da rischi, che riguardano la crescita di indebitamento e debito e, in ultima analisi, un conto più salato da pagare per le nuove generazioni. È una scelta, ha delle conseguenze. Che devono essere attentamente monitorate. E delle quali è opportuno che i cittadini (e gli elettori) siano informati e consapevoli.

Ps. Il Cavaliere scende in campo, di nuovo. Un altro bimbo viene ucciso nella sua culla da futuro leader. Il piccolo si chiama Antonio, ha 65 anni e fa il presidente del parlamento europeo.

Ps2. Nel giorno del decretone, il Pd ci tiene a far sapere che è felice perché i suoi emendamenti sul referendum propositivo sono stati accolti dalla maggioranza, in particolare dai cinquestelle. Contenti loro.  

Consigli per l’ascolto: “Father and Son”, Cat Stevens

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