L’Italia, la Libia e Haftar: la scommessa rischiosa di Palermo

Politica

Massimo Leoni

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L’uomo forte della Cirenaica si fa attendere, ma poi arriva. E toglie Conte e la diplomazia di Roma dall’incubo del fallimento

Alla fine il signore della Cirenaica ha deciso. Sarà qui a Palermo, alla conferenza per la Libia. Il governo e la diplomazia italiana hanno tirato un sospiro di sollievo. Haftar è un personaggio da prendere con le pinze, specie quando si tratta di Italia e si tratta con l’Italia. Ha più volte fatto dichiarazioni sulfuree su Roma e sulla sua presunta nuova vocazione al colonialismo. Non aveva nessuna intenzione di venire a sottoscrivere una road map di pacificazione e unità per la Libia, durante la quale l’interlocutore unico della comunità internazionale sarebbe rimasto il suo rivale Serraji. Il balletto della vigilia sulla sua presenza o assenza, la fake news diffusa da siti di informazione libici che raccontava di un precipitoso viaggio del presidente del consiglio italiano a Bengasi per convincere il generale, le voci che lo descrivevano indisponibile a sedersi accanto o vicino ad alcune milizie - in particolare il Lybian fighting group - che lui considera una filiale di Al Qaeda, o a parlare con Kaled Al Mashri, fratello musulmano e uno dei potenti di Tripoli (è presidente dell’Alto consiglio di stato): tutto questo aveva fatto tremare il governo italiano.

L'importanza della presenza di Haftar

Palermo senza Haftar sarebbe stata una scommessa persa. Più dell’assenza di Merkel, Macron, Trump e Putin, la defezione di Haftar avrebbe reso l’appuntamento di Palermo inutile. Fino al grottesco, con una città paralizzata, 38 delegazioni, dieci capi di stato e di governo in attesa del nulla - certo, in bella calligrafia - che avrebbero sottoscritto nelle conclusioni.

Presenti anche Al Sisi e Medvedev

Alla fine, Haftar c’è, anticipato dagli arrivi dei suoi principali sponsor internazionali: Il presidente egiziano Al Sisi, il premier russo Medvedev. Tanto basta per il sospiro di sollievo, tanto basta per considerare Palermo - almeno - un lodevole tentativo. Se ci sarà anche un barlume d’intesa sul percorso da fare (secondo l’Onu: cessate il fuoco, un solo esercito, un solo governo e un solo parlamento e poi elezioni nella primavera 2019, ma decise dai libici), allora Palermo sarà stata una tappa importante. Gli assenti avranno avuto torto e il governo italiano ragione, “coi francesi che s’incazzano”...

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