Chi è Paolo Savona, in pole per il Ministero dell'Economia

Politica

Simone Spina

Paolo Savona (foto d'archivio: Ansa)
ansa-paolo-savona

“Non ho mai chiesto di uscire dall’Euro, ma di essere preparati a farlo se, per una qualsiasi ragione, fossimo costretti volenti o nolenti”: lo scrive nel suo ultimo saggio l'economista 81enne, in pole position per la poltrona del Tesoro nel governo giallo-verde

Se c’è qualcuno che non crede che l’Euro sia irreversibile, come ripete da anni il numero uno della Bce Mario Draghi, quello è Paolo Savona. “Non ho mai chiesto di uscire dall’Euro, ma di essere preparati a farlo se, per una qualsiasi ragione, fossimo costretti volenti o nolenti”. Così scrive l’economista 81enne, in pole position per la poltrona del Tesoro in un governo giallo-verde, nel suo ultimo saggio “Come un incubo e come un sogno”. Una convinzione che sostiene da anni e che gli ha procurato la fama di euroscettico, anti-Euro e no-Euro.

Le critiche all'Euro

Secondo lui, invece, queste definizioni non gli si addicono: “L'establishment mi accusa di dare copertura al populismo, frutto invece dei loro comportamenti”. Le critiche, a volte aspre, alla valuta continentale e alle politiche della Banca Centrale Europea, però non le ha mai nascoste. Come quando - scriveva un anno fa – sosteneva che l’Eurotower coi suoi interventi ha "preso tempo" e ora dovrebbe "ammettere che la valuta comune va riformata". Le critiche, nel corso degli anni, sono diventate sempre più dure. Ministro dell'Industria nel 1993 con l'Esecutivo guidato da Carlo Azeglio Ciampi (che preparò l'Italia all'ingresso nell'Eurozona), Savona è tornato nel perimetro di Palazzo Chigi con Silvio Berlusconi nel 2005, quando era capo del Dipartimento per le politiche comunitarie. Nel suo lungo curriculum anche diversi incarichi istituzionali: nell'ufficio studi della Banca d'Italia, direttore generale di Confindustria, tra i fondatori dell’università Luiss, quindi presidente del Fondo Interbancario di tutela dei depositi, passando per i vertici di colossi privati come Impregilo, Gemina e Aeroporti di Roma. Fino alla presidenza di Euklid, il fondo di investimenti con sede a Londra, che il 23 maggio ha lasciato per “sopraggiunti impegni pubblici” che lasciano intendere un suo imminente incarico in via XX Settembre.

Le due fragilità dell'Italia

L'Italia, per Savona, ha due fragilità: le rendite e l'assenza di legalità. Due debolezze che, con l'ingresso in quella che ha definito "gabbia europea", si sono aggravate. L'Europeismo è meritevole nei principi ma - parole sue -  destinato al fallimento per l'insufficiente architettura istituzionale. E il principale imputato di questa potenziale débâcle continentale sarebbe Berlino. E qui vale la pena citare le parole dell'ultimo libro dell'economista. "La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo, pur avendo abbandonato l'idea di imporla militarmente", scrive Savona. Che aggiunge: “Per tre volte l'Italia ha subito il fascino della cultura tedesca che ha condizionato la sua storia, non solo economica, con la Triplice alleanza del 1882, il Patto d'acciaio del 1939 e l'Unione europea del 1992. È pur vero che ogni volta fu una nostra scelta. Possibile che non impariamo mai dagli errori?". L'Euro a marchio tedesco sarebbe l'arma con la quale l'Italia è tenuta sotto scacco, a causa soprattutto del nostro enorme debito pubblico. Il nostro Paese sarebbe quindi in uno stato di sudditanza e per questo da anni, da dopo l'esplosione della crisi greca del 2011, l’economista propone un piano B: un piano di fine dell'Euro o di uscita dalla moneta unica, nella convinzione che gli accordi costruiti male non hanno vita lunga e che battere i pugni sul tavolo non serve a niente.

Politica: I più letti