Referendum Lombardia e Veneto, vacilla l'intesa tra Lega e FdI

Politica
Giorgia Meloni e Matteo Salvini insieme nel 2015 (archivio Ansa)
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Ad accendere gli animi le ultime dichiarazioni di Giorgia Meloni, che ha definito la tornata del prossimo 22 ottobre “un voto propagandistico”

Si respira aria di divisione all'interno del nuovo centrodestra alla vigilia della prima prova politica utile per testare la configurazione di una nuova alleanza tra Fratelli d'Italia e Lega Nord: i referendum consultivi per l'autonomia di Lombardia e Veneto del prossimo 22 ottobre.

I dubbi di Giorgia Meloni

A sparigliare le carte in tavola è stata la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che nonostante l'appoggio del suo partito alle ragioni del “sì”, ha messo in dubbio l'utilità del voto considerandolo propagandistico. “Se mi trovassi in Lombardia o in Veneto – ha sostenuto Meloni - non andrei a votare”. Una dichiarazione inaspettata quella della leader di destra, che ha acceso il risentimento di quelli che fino ad oggi sono stati gli alleati politici della Lega Nord e che, oltre a fare campagna per il “sì” all'autonomia, stanno cercando di evitare l'astensionismo. “C'è un problema - ha replicato il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, ex segretario del Carroccio - perché sono dichiarazioni negative, sbagliate e molto pesanti. E siccome il referendum è una cosa importante, mi riservo di valutare le dichiarazioni sul piano della lealtà dell'alleanza”.

Il perché della frattura

Giorgia Meloni ha spiegato la sua posizione sostenendo che i referendum rappresentano un indebolimento del senso di patria. Una spiegazione alla quale Maroni ha controbattuto sostenendo come, invece, la tornata elettorale richiami appieno la Costituzione, e quindi l'unità nazionale, in chiave federalista. Le considerazioni di Meloni minano, di fatto, oltre che l'alleanza, un precedente patto politico che, sul referendum, ha unito sia il suo partito che tutto il centro destra e il Movimento 5 Stelle. Tra i patti di ieri e le dichiarazioni di oggi, pare che abbiano influito le tensioni esplose in Catalogna durante il referendum per l'indipendenza della comunità autonoma spagnola. Sarebbe questa la spiegazione fornita dai vertici di FdI in Lombardia, Paola Frassinetti e Riccardo De Corato, che hanno continuato ad assicurare il proprio “sostegno” sia alla loro leader che al referendum. Un appoggio, quello dei due, condizionato dal comportamento politico di Maroni affinché garantisca che “una legittima richiesta di maggior decentramento - hanno detto i FdI lombardi - non si trasformi nell'anticamera di un separatismo di stampo catalano”.

Le correnti in FdI sui referendum

Le dichiarazioni di Meloni hanno portato a galla quelle che sono le rispettive posizioni dei membri del partito sulla vicenda referendaria. Secondo quanto riferito dall'Ansa, Ignazio La Russa, ha invitato a cambiare prospettiva, indicando le cause dello scontro in “una questione tutta interna alla Lega sul valore del referendum”. Viviana Beccalossi, unico assessore di FdI nella Giunta Maroni, si è detta dispiaciuta che Meloni “non abbia preso in considerazione” il documento votato dal coordinamento regionale a sostegno del “sì”, “vanificando la volontà di tutti i dirigenti” locali del partito. Dal fronte dei sovranisti, composto da Francesco Storace e Gianni Alemanno, sono arrivate critiche a Meloni, mentre il numero uno della Lega, Matteo Salvini, ha rifiutato di commentare la notizia.

Il tavolo di Berlusconi

Il disimpegno di Fratelli d'Italia sul referendum, che abbia ragione La Russa o meno, è tuttavia un segnale che amareggia più di un leghista. Gianni Fava, che è stato avversario di Salvini su posizioni nordiste ed è ora assessore delegato da Maroni al referendum, ha chiesto di tagliare i ponti con la Meloni: “Coi franchisti all'amatriciana - ha detto - io non ho nulla a che fare”. La querelle rappresenta ora il problema più spinoso in vista del tavolo nazionale del centrodestra, annunciato da Silvio Berlusconi già per questa settimana. Un appuntamento, quello incoraggiato dall'ex premier, che sembra voler essere posticipato sia da Salvini che da Meloni.

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