Ius soli in Italia, cosa prevede la legge in discussione

Politica

Il ddl sulla cittadinanza incardinato al Senato, dove è scoppiata la bagarre, prevede 2 nuovi modi in cui i figli di genitori stranieri possono diventare italiani: lo ius soli “temperato” e lo ius culturae. SCHEDA - COME FUNZIONA NEGLI ALTRI PAESI

È da circa tredici anni che in Parlamento si discute di una riforma in materia di cittadinanza. L’obiettivo è quello di modificare l’attuale legge, la n. 91 del 5 febbraio 1992, che prevede lo ius sanguinis: la cittadinanza italiana viene trasmessa solo dai genitori ai figli. Il cittadino straniero nato in Italia, oggi, ha diritto alla cittadinanza solo se, una volta diventato maggiorenne, dichiari entro un anno di volerla acquisire e fino a quel momento abbia risieduto nel Paese "legalmente e ininterrottamente". La nuova legge, invece, introdurrebbe altre due modalità di acquisizione della cittadinanza per i figli minori di genitori stranieri: lo ius soli “temperato” e lo ius culturae. Negli anni, la discussione intorno a questo tema è stata accesa e il ddl arrivato al Senato ha subito diversi cambiamenti (sono state aggiunte delle restrizioni). Nonostante questo, la polemica continua.

Cosa prevede

La questione della cittadinanza, incrociando i dati Istat e Miur, riguarderebbe circa 800mila minori stranieri figli di immigrati (su circa un milione che sono in Italia) che potrebbero diventare italiani dopo l’entrata in vigore della nuova legge. Il testo prevede due nuovi modi per acquisire la cittadinanza:

- Lo ius soli temperato
Rispetto allo ius soli classico, che attribuisce la cittadinanza di un Paese a chiunque nasca nel suolo nazionale, quello temperato pone delle condizioni. Saranno cittadini italiani per nascita i figli, nati nel territorio della Repubblica, di genitori stranieri se almeno uno di loro ha un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo e risulta residente legalmente in Italia da almeno 5 anni. Il principio dello ius soli non si applicherà, però, ai cittadini europei, visto che il permesso di lungo periodo è previsto solo per gli Stati extra Ue.

- Lo ius culturae

Possono ottenere la cittadinanza anche i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno, che abbiano “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”. La frequenza del corso di istruzione primaria deve essere coronata dalla promozione. I ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni, poi, potranno avere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo”.

Servirà dichiarazione di un genitore

In entrambi i casi, per ottenere la cittadinanza italiana servirà la dichiarazione di volontà del genitore del minore o del suo tutore: dovrà essere consegnata all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza entro il 18esimo anno. In assenza di questa dichiarazione, potrà essere il diretto interessato a richiederla, entro il suo 20esimo compleanno. Le nuove norme valgono anche per gli stranieri in possesso dei nuovi requisiti ma che abbiano superato, all’approvazione della legge, il limite di età dei 20 anni per farne richiesta: un’eccezione per salvaguardare i diritti di chi è già arrivato da anni in Italia. Il Viminale ha 6 mesi per il rilascio del nulla osta. Viene prevista anche la possibilità di rinunciare alla cittadinanza italiana sempre entro i 20 anni.

Le tappe del provvedimento

Come detto, il tema della cittadinanza è in discussione da anni. Tra il 2003 e il 2004 la commissione Affari Costituzionali della Camera ha esaminato diverse proposte parlamentari e ha elaborato un testo unificato che, dopo essere approdato in Aula, è stato rimandato in commissione il 16 maggio 2004. Nella XIV legislatura la Camera ci ha riprovato. Dal 3 agosto 2006 è partita una indagine conoscitiva. Nel gennaio 2008 per il testo sembrava la volta buona dopo una discussione in commissione, ma la legislatura si è interrotta e l'iter è dovuto ricominciare da capo. Anche la successiva legislatura ha messo all'ordine del giorno la questione, ma il 12 gennaio 2010 il testo è approdato nuovamente in Aula e nuovamente è stato rimandato in commissione per approfondimenti. Dal 14 giugno 2012 è partito un nuovo tentativo in commissione con l'esame di alcune proposte. Il 31 luglio 2012 si è concluso l'esame preliminare delle proposte di legge, ma la commissione non è riuscita a elaborare un testo base e l'esame è stato interrotto l'8 novembre 2012. Dal 27 giugno del 2013 si è ripreso l'esame alla Camera: è stato approvato il 13 ottobre del 2015 con 310 sì, 66 no e 83 astenuti (tra questi i deputati del M5S). Da allora il provvedimento è stato in discussione in commissione Affari Costituzionali in Senato. Fino a oggi, quando è stato incardinato a Palazzo Madama. Ma è scoppiata la bagarre e il ddl rischia di non avere vita facile.

Come funziona in Europa

Anche negli altri Paesi europei ci si divide tra ius sanguinis (diritto di cittadinanza per sangue) e ius soli (diritto di cittadinanza in base al Paese di nascita). I 27 Stati non hanno una legislazione univoca e di solito temperano un principio con l’altro. Ma tutti, anche quelli più flessibili, non contemplano lo ius soli puro (adottato, invece, negli Usa e alcuni Paesi del Sudamerica).

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