Comunali 2017: tutto quello che c’è da sapere sul voto. LA SCHEDA

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Più di nove milioni di italiani chiamati alle urne l’11 giugno. Seggi aperti dalle 7 alle 23. Si scelgono anche i primi cittadini di quattro capoluoghi di Regione: Catanzaro, Genova, L’Aquila e Palermo. Eventuali ballottaggi il 25 giugno

LO SPECIALE ELEZIONI

Si vota domenica 11 giugno per le elezioni comunali del 2017. Lo ha stabilito il ministro dell’Interno, Marco Minniti, con un apposito decreto. Sono coinvolti 1.012 Comuni (qui l’elenco completo) e oltre nove milioni di cittadini. Si eleggeranno nuovi sindaci e consigli comunali, e l’eventuale turno di ballottaggio è fissato dopo due settimane dalla prima votazione, cioè per domenica 25 giugno. 

Come si vota

I seggi saranno aperti dalle 7 alle 23. I cittadini dovranno presentare un documento di identità e la loro tessera elettorale con ancora spazi liberi per l’apposizione del timbro di voto. Possono esprimere la loro preferenza i cittadini iscritti nelle liste elettorali che abbiano compiuto il 18esimo anno di età entro il giorno fissato per le elezioni. Gli italiani residenti all'estero possono votare solo rientrando nel Paese. Per questo tipo di votazioni non è infatti previsto il voto per corrispondenza all'estero.

Dove si vota

Dei 1.012 Comuni coinvolti, 785 appartengono a Regioni ordinarie mentre 227 a Regioni a Statuto speciale. In quest’ultimo caso, lo svolgimento delle elezioni può essere fissato in autonomia. Lo hanno fatto il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta aprendo le urne il 7 maggio. Mentre Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna hanno scelto di adeguarsi alla data prevista per le altre Regioni. Si vota per eleggere il sindaco in quattro Comuni capoluogo di Regione che sono: Catanzaro, Genova, L’Aquila e Palermo. Mentre sono 21 i capoluogo di Provincia coinvolti: Alessandria, Asti, Belluno, Como, Cuneo, Frosinone, Gorizia, La Spezia, Lecce, Lodi, Lucca, Monza, Oristano, Padova, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Verona, Taranto, Trapani. 
Il comune più piccolo è Blello, in provincia di Bergamo, che conta solo 71 abitanti al 31 dicembre 2015 (data dell'ultimo censimento Istat).

I Comuni con meno di 15mila abitanti

Nei comuni che contano un numero di cittadini uguale o inferiore a 15mila, si vota con una sola scheda per eleggere sia il sindaco sia i consiglieri comunali. Ciascun candidato sarà affiancato dalla lista elettorale che lo appoggia, composta dai candidati alla carica di consigliere. Sulla scheda è stampato il nome del candidato sindaco, con accanto il contrassegno della lista che lo sostiene. Il voto per il primo cittadino e quello per il consiglio sono uniti: votare per un candidato sindaco significa dare automaticamente la preferenza alla lista che lo appoggia. Una volta eletto il primo cittadino, viene anche definito il consiglio: alla lista che appoggia il sindaco eletto andranno i 2/3 dei seggi disponibili, mentre i restanti saranno divisi proporzionalmente tra le altre liste. Viene eletto il candidato che ha il maggior numero dei voti. In caso di parità, si va al ballottaggio. In caso di ulteriore parità, prende la carica il più anziano.

I Comuni con più di 15mila abitanti

Anche in questo caso, la scheda è unica. Sono già riportati i nominativi dei candidati e, a fianco dei nomi, ci sono il simbolo o i simboli delle liste di sostegno. Il voto però, in questa circostanza, può essere espresso secondo tre modalità. La prima prevede che si tracci un segno solo sul simbolo di una lista, assegnando così la propria preferenza alla lista e al candidato che questa appoggia.
La seconda è l’opzione per cui si può tracciare un segno su una lista e poi un segno su un candidato sindaco non collegato a quello schieramento: questo è quello che viene chiamato "voto disgiunto". Questa ipotesi può dare vita al caso dell’ "anatra zoppa", cioè di quella situazione per cui il sindaco che viene eletto non ha la maggioranza in consiglio comunale (è successo a Isernia, nel 2012). Chi viene eletto entra comunque in carica, ma, per approvare i singoli provvedimenti, deve puntare al sostegno anche delle liste che non lo hanno sostenuto.
La terza modalità prevede che si tracci un solo segno sul nome del candidato, in modo da votare solo per questo e non per la lista (o le liste) a lui collegata. 

Viene eletto sindaco il candidato con la maggioranza assoluta dei voti (50% +1) e, se nessuno raggiunge questa soglia, si torna a votare al ballottaggio. Qui, viene eletto chi ha la maggioranza dei voti. Per stabilire la composizione del consiglio si tiene conto dei risultati elettorali del primo turno e degli eventuali ulteriori collegamenti nel secondo. Se la lista o l’insieme delle liste collegate al candidato eletto sindaco nel primo o nel secondo turno non hanno conseguito almeno il 60% dei seggi, ma hanno ottenuto nel primo turno almeno il 40% dei voti, otterranno automaticamente il 60% dei seggi. I restanti saranno divisi tra le altre liste proporzionalmente alle preferenze ottenute.

La doppia preferenza di genere nei Comuni con più di 5mila abitanti

In ogni caso, per tutti i Comuni con più di 5mila abitanti, si possono esprimere due preferenze - e non una - per i candidati al consiglio comunale, basta che si tratti di candidati di sesso diverso e appartenenti alla stessa lista. Questa opzione è chiamata con il nome di "doppia preferenza di genere".

Le sfide nei capoluoghi di Regione

Catanzaro, Genova, L’Aquila e Palermo. Sono queste le quattro città dove la sfida è più accesa.
A Catanzaro sono quattro i candidati, con 21 liste. Il sindaco uscente, Sergio Abramo (centrodestra), cerca la riconferma e ha il sostegno di sei liste. Per il centrosinistra c’è Vincenzo Ciconte, cardiologo e consigliere regionale, mentre M5S si affida a Bianca Laura Granato. Il quarto candidato è Nicola Fiorito, di Cambiavento.
A Genova, sono nove i candidati sindaci e 15 le liste per il consiglio comunale. Per il centrosinistra c’è l’assessore in carica Giovanni Crivello, mentre per il centrodestra si candida l’imprenditore Marco Bucci. Dopo gli attriti tra il Movimento 5 Stelle e la candidata Marika Cassimatis, i pentastellati hanno deciso di far correre Luca Pirondini.
Dopo dieci anni di amministrazione cittadina gestita da Massimo Cialente, L’Aquila deve scegliere il successore del primo cittadino tra sette candidati, con 24 liste. Il Pd candida Americo Di Benedetto, mentre il centrodestra propone l’ex Casapound Pierluigi Biondi. Per M5S, invece, si propone Fabrizio Righetti.
A Palermo cerca la riconferma Leoluca Orlando che, se eletto, sarebbe al suo quinto mandato da primo cittadino nella città siciliana. Per il Movimento 5 Stelle si candida Ugo Forello. Ci riprova, invece, Fabrizio Ferrandelli, dopo la sconfitta del 2012. Parteciperanno alla corsa anche l’indipendentista di Siciliani Liberi Ciro Lomonte e il giornalista Ismaele La Vardera

Le altre sfide: i casi di Padova, Parma e Verona

A Padova sono sette i candidati a diventare primo cittadino, con 21 liste. Si ripresenta Massimo Bitonci (centrodestra), dopo la caduta della sua giunta nel novembre 2016. Mentre per i dem si schiera l’imprenditore Mario Giordani, nonostante l’attacco ischemico che l’ha colpito a inizio maggio. Con il sistema delle Comunarie, il 29 marzo scorso, è stato scelto Simone Borile per rappresentare M5S.
Parma rappresenterà un caso particolare. Tra i dieci candidati c’è anche Federico Pizzarotti eletto sindaco con i 5 Stelle e poi uscito dal movimento. Ora si ripresenta con la lista civica Effetto Parma. Tra gli sfidanti più accreditati, Paolo Scarpa (centrosinistra) e la candidata del centrodestra Laura Cavandoli.
A Verona i candidati sono dieci, con 25 liste. Dopo dieci anni di amministrazione del sindaco Flavio Tosi, al suo posto si candida la sua compagna, Patrizia Bisinella, per Fare!. Per il centrodestra, invece, c’è l’avvocato 45enne Federico Sboarina mentre Orietta Salemi è la candidata scelta dal centrosinistra.

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